Propaganda mediatica ed errori militari: il ruolo britannico a Gaza
La fallita missione di liberare i prigionieri di guerra israeliani a Gaza ha messo in luce il coinvolgimento militare britannico e americano, trasformando la guerra di Israele a Gaza in un conflitto internazionale, proprio come hanno fatto gli Stati Uniti e il Regno Unito con l’Ucraina.
Fonte: English version
Di Kit Klarenberg – 18 giugno 2024
L’8 giugno, le forze israeliane hanno organizzato una sanguinosa operazione di “salvataggio” nel campo profughi palestinese di Nuseirat. L’intervento brutale ha liberato quattro prigionieri, causato la morte di altri tre, tra cui un cittadino statunitense, e provocato la morte di 274 palestinesi, e molti altri feriti. Anche l’esercito israeliano ha subito perdite, inclusa la morte di un alto comandante.
Nonostante Hamas si sia offerta dall’8 ottobre di liberare incolumi i prigionieri detenuti a Gaza in cambio di un cessate il fuoco e del ritiro totale delle Forze di Occupazione Israeliane, questa operazione può essere vista solo come un costoso fallimento per Israele come parte di un più ampio errore strategico.
Le sue Forze Armate non sono riuscite a raggiungere nessuno degli obiettivi di guerra dichiarati dal Primo Ministro Benjamin Netanyahu in otto mesi di conflitto, e il crescente isolamento internazionale di Tel Aviv ha reso necessario una drammatica operazione di propaganda.
Rivelazioni
I media occidentali hanno abboccato con entusiasmo, applaudendo ampiamente lo sforzo “eroico”. Un media ha definito il fiasco un “trionfo miracoloso”. Un altro ha celebrato “l’audace” recupero di ostaggi “fortemente sorvegliati”.
Le foto e le biografie dei quattro individui liberati sono state ampiamente diffuse. Le storie smielate di interesse umano abbondano. A seguito di questo nauseante diluvio, tuttavia, il New York Times pubblicò silenziosamente una rivelazione bomba. Funzionari dei servizi segreti britannici e americani e specialisti di “recupero ostaggi” hanno svolto un ruolo centrale nell’operazione di “salvataggio”.
Secondo il rapporto, questi agenti britannici e statunitensi sono stati di stanza in Israele durante la guerra, “fornendo intelligence e altro supporto logistico” e “raccogliendo e analizzando informazioni” al fine di liberare i prigionieri israeliani e localizzare i vertici di Hamas.
Londra e Washington, presumibilmente, “sono state in grado di fornire informazioni dall’aria e dal cyberspazio che Israele non può raccogliere da solo”. Nel frattempo, “il Pentagono e la CIA hanno fornito informazioni raccolte dai voli dei droni su Gaza, dalle intercettazioni di comunicazioni e da altre fonti”.
“Operazioni Antiterrorismo”
Che questo racconto sia una fuorviante storia di copertura dovrebbe essere evidente. Se i servizi segreti britannici e statunitensi hanno veramente operato, dal 7 ottobre, da Tel Aviv per rintracciare i leader di Hamas e liberare i prigionieri, i loro sforzi sono stati inefficaci quanto l’operazione di “salvataggio” stessa
Fonti ufficiali riconoscono che Hamas rimane in gran parte illeso, e i portavoce delle Forze di Occupazione Israeliane affermano che 120 prigionieri sono ancora a Gaza. Ciò suggerisce una logica diversa per la presenza britannica segreta in Israele.
Una richiesta ufficiale agli editori di notizie di non pubblicare o trasmettere articoli su argomenti specifici per motivi di sicurezza nazionale del Ministero della Difesa britannico del 28 ottobre 2023 ha dato istruzioni ai notiziari nazionali di non menzionare che le squadre d’élite del Servizio Aviotrasportato Speciale (Special Air Service – SAS) sono state “schierate in aree sensibili” dell’Asia occidentale, conducendo “operazioni di salvataggio/evacuazione di ostaggi”.
Il Ministero della Difesa mira a impedire la divulgazione involontaria di informazioni riservate sulle forze speciali e altre unità impegnate in operazioni di sicurezza, intervento e antiterrorismo a Gaza, compresi i loro metodi, tecniche e attività.
Le forze occidentali sono in attesa
Questa censura è stata probabilmente provocata dai giornali scandalistici britannici che rivelavano che le SAS erano “in attesa” nelle basi di Cipro “per salvare gli ostaggi tenuti prigionieri a Gaza”. Un veterano della SAS ha descritto un simile sforzo come quasi inevitabilmente suicida:
Questa situazione a Gaza è unica, in termini di tentativo di localizzare gli ostaggi e trovare un passaggio sicuro. C’è molta confusione su quello che sta succedendo laggiù in questo momento. Trovare la roccaforte giusta dove vengono tenuti gli ostaggi sarà difficile: quindi si dovrà spostarsi in sicurezza in quella posizione, trovare gli ostaggi e poi andarsene. Dal punto di vista della pianificazione, sarà un incubo completo e totale. Potrebbe finire in un disastro.
Nonostante i rischi, l’operazione di “salvataggio” israeliana è proseguita, con l’obiettivo di ottenere una vittoria propagandistica per Tel Aviv e legittimare il coinvolgimento delle forze britanniche e statunitensi a Gaza. L’indagine del New York Times ha sottilmente accennato a un ruolo pubblicamente ampliato per la Gran Bretagna e gli Stati Uniti nell’assalto a Gaza, confermando al contempo la loro determinazione a sostenere le azioni di Israele.
Nel giustificare il coinvolgimento di Washington, la testata ha affermato che questo sostegno è stato fornito “in larga misura perché i funzionari americani credono che il modo migliore per persuadere Israele a porre fine alla guerra sia recuperare i suoi ostaggi e catturare o uccidere i massimi leader di Hamas”.
Un editoriale del Daily Telegraph ha fatto eco a questo sentimento in un editoriale non firmato intitolato: “Dobbiamo sostenere gli sforzi di Israele per salvare gli ostaggi”, dichiarando che “l’operazione di salvataggio riuscita è un tempestivo promemoria di ciò per cui Israele sta combattendo, e dei fondamenti di giustizia della sua causa”, lamentando che “le operazioni militari di Tel Aviv sono state sottoposte a un livello di controllo che è quasi impossibile da soddisfare”:
“L’impegno tenace di Israele nel salvare gli ostaggi e distruggere Hamas è in netto contrasto con la debolezza dell’Occidente nel sostenere i suoi sforzi”.
Sembra che, analogamente a come le potenze occidentali hanno sistematicamente violato le linee rosse della Russia, la loro partecipazione diretta a Gaza sia destinata ad essere gradualmente normalizzata.
Le aperte minacce francesi di marzo di schierare truppe a Odessa sono state respinte dai funzionari russi. Da allora, un flusso di dichiarazioni pubbliche e resoconti dei media ha indicato che quei soldati arriveranno comunque sotto forma di “consiglieri” e addestratori.
L’importanza strategica del Libano
Il colosso militare israeliano, un tempo temuto, è stato costantemente umiliato nel combattimento diretto con la Resistenza Palestinese a Gaza e nel suo pesante scontro a fuoco con il Movimento di Resistenza Libanese Hezbollah. Lo Stato Occupante nasconde pesanti perdite su tutti i fronti in cui è impegnato.
Nonostante ciò, Tel Aviv si sta apertamente preparando per una guerra totale con il Libano. Sono stati resi noti gli sforzi britannici per ottenere un accesso illimitato ai territori del Libano, terra, aria e mare, per i suoi soldati, aggirando la necessità di “previa autorizzazione diplomatica” per le sue “missioni di emergenza”.
Nell’accordo riportato tra Londra e Beirut, abbandonato dopo che la proposta era trapelata ai media libanesi, ai soldati britannici sarebbe stato permesso di viaggiare in uniforme con le loro armi visibili ovunque in Libano, godendo dell’immunità dall’arresto o dal procedimento giudiziario per aver commesso qualsiasi crimine.
Si può ipotizzare che Londra abbia anticipato che il conflitto di Gaza si espandesse in una guerra regionale più ampia e abbia cercato di consolidare in anticipo la sua presenza nel Levante, potenzialmente per garantire tale esito. La sconfitta di Israele da parte di Hezbollah nel 2006, insieme alle sue attuali difficoltà militari, sottolinea che Tel Aviv sarebbe incapace di sconfiggere la Resistenza Libanese senza un ampio sostegno straniero.
Il posizionamento strategico delle forze britanniche e statunitensi mette in luce il loro palese impegno a sostenere Israele, nonostante i rischi significativi di contraccolpi politici e il potenziale di ulteriore destabilizzazione regionale.
Kit Klarenberg è un giornalista investigativo e collaboratore di MintPresss News che esplora il ruolo dei servizi segreti nel plasmare la politica e le percezioni. I suoi articoli sono apparsi su The Cradle, Declassified UK e The GrayZone.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org
20/6/2024 https://www.invictapalestina.org
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