Il numero 0 di Rivista Contadina Terra-Cibo-Ecologia

VERSIONE INTERATTIVA https://www.blog-lavoroesalute.org/les-cartaceo/

ARCHIVIO https://www.lavoroesalute.org/

di Luca Mozzachiodi

«Rivista Contadina», sottotitolo Terra-Cibo-Ecologia, è una rivista nata da poco (questo numero 0 fuori commercio è di febbraio) ma che si fonda su una serie di esperienze, personali ma sopratttutto, come si vedrà, collettive, radicate e di lungo periodo. Ciò che la rende particolarmente interessante è il fatto che l’insieme degli articoli, che si possono schematicamente dividere in inchieste, resoconti e recensioni, costituisce da un lato un’ampia panoramica su tutta la filiera agroalimentare (agricoltura come prassi di resistenza, analisi critica della grande distribuzione, allevamento e apicoltura e loro problemi, questione idrica e questione ecologica), ma dall’altro tiene fermo uno sguardo politico e economico di prospettiva internazionale: si apre infatti con una dichiarazione dalla VIII conferenza della Via Campesina, il più grande movimento di contadini e produttori agricoli indipendenti al mondo, a condanna del genocidio palestinese (la dichiarazione si augurava uno sblocco degli aiuti alimentari che sciaguratamente ma coerentemente con la condotta israeliana non è poi avvenuto).

Sulla scia della Via Campesina, ma più in generale di tutti i piccoli e grandi movimenti di autorganizzazione e autogestione della produzione alimentare, sullo sfondo di diversi articoli è la questione della sovranità alimentare che non è, come sostiene un governo abile nella strategia neoliberale di sussumere e stravolgere parole d’ordine anticapitalistiche, una formula vacuamente protezionistica o la stampella di una retorica dell’eccellenza del cibo made in Italy, ma, materialisticamente, la nostra possibilità di autodeterminazione alimentare in rapporto al gigantismo della grande distribuzione e della produzione agroindustriale. Gigantismo dannoso e ecologicamente devastante come dimostrano qui gli articoli dedicati alle semente geneticamente modificate, alla crisi idrica e soprattutto (tema che rampolla in diversi scritti) alle scarse proprietà nutritive del cibo con cui si nutrono le masse ad esclusione di pochi ricchi.

Le autrici e gli autori del numero, che fanno ricerca sociale, ma sono anche produttori, contadini e militanti, hanno alle spalle esperienze di autogestione e resistenza note in Italia (Arvaia, Mondeggi Bene Comune, Campi Aperti, Genuino Clandestino, Contadinazioni e la rete Fuori Mercato sono solo alcuni dei nomi che emergono). Le direttrici del lavoro che Rivista contadina si propone sono dunque essenzialmente tre. Anzitutto conoscere e far conoscere le pratiche agricole, sociali e politiche alternative esistenti così come il nesso di nuovi problemi e di scenari difficoltosi (a volte al punto da apparire catastrofici sul piano ecologico) in cui la produzione, distribuzione e il consumo di cibo si trovano oggi.

Va in questa direzione l’intervista a un’attivista del Frente Popular Darío Santillán, parte del Me. Co. Po.
(Mercado de consumo popular /organizadXs para la vida digna) che ha affrontato il nesso tra distribuzione e produzione, nodo su cui spesso le realtà mutualistiche vivono o muoiono, organizzando circoli di consumo e empori popolari, ma anche promuovendo una rete di welfare di prossimità, da noi ha una impostazione simile Fuori Mercato, che ha nodi della rete in diverse regioni del territorio nazionale (https://www.fuorimercato.com/). Un’altra piaga, forse ancora più nota dei problemi della grande distribuzione, cioè quella del lavoro migrante, poco efficacemente garantito normativamente ed esposto a sfruttamento e abusi come noto da tempo, è fatta oggetto di un reportage su buone prassi nella piana di Gioia Tauro, ad opera sia di enti privati che di amministrazioni: la Fcei che gestisce alloggi per lavoratori chiamati Dambe So (Casa della dignità in bambarà), i comuni che forniscono vestiario ed equipaggiamento invernale catarifrangente ai braccianti.

La seconda direttrice è quella della conoscenza dei problemi ecologici e delle questioni aperte, che qui sono molte e presentate in inchieste sintetiche ma ricche di dati. Sommariamente, il problema dell’allevamento industriale e la sua relazione con le malattie animali, qui la peste suina africana: che per le caratteristiche proprie della distribuzione massiva e a lunga distanza si estende a macchia d’olio (le politiche di contenimento proposte dall’attuale governo si sono mostrate infatti assolutamente inadatte alle valli submontane italiane), il problema dell’apicoltura posta in relazione con la zootecnia estrattivista e la ricerca di un modello alternativo che coniughi benessere delle api, impollinazione come necessario agente ecologico e qualità dei mieli, e soprattutto i grandi problemi connessi all’acqua e alle semente.

La prima parte di una serie di articoli sulla questione idrica (Verso un’etica dell’acqua) mostra dati preoccupanti poiché la riserva di acqua dolce disponibile è in riduzione, e di questa, almeno in Italia, rispetto al consumo annuo la metà è usata per l’agricoltura e oltre un quarto per l’industria, ma di quella restituita una buona parte è inquinata (senza contare lo spreco pari al 30% del prelievo per inefficienza della rete di trasporto e la mancata manutenzione degli acquedotti).

Un secondo fronte è rappresentato dall’articolo dedicato al problema degli OGM ed è bene qui sottolineare che non si tratta di una facile propaganda allarmistica, ma della messa in evidenza di un problema già noto da anni che possiamo riassumere come un circolo vizioso tra perdita di biodiversità e privatizzazione (esattamente come de facto avviene per l’acqua) delle semente OGM (in quanto prodotto di ricerca sottoposto a brevetto) che soppiantano le specie naturali rendendo gli agricoltori indipendenti e i consumatori, cioè noi, strettamente legati agli orientamenti commerciali e politici di grandi compagnie di «signori dei semi». Il problema è ben riassunto in inchieste e documentari già datati come The future of food (2004) e Le mond selon Monsanto (2009); da allora i colossi agrobiotech (Bayer in testa) non hanno del resto modificato linea o attività di pressione e, l’articolo dà ragione di credere, con il mutare del clima politico, le riserve europee del 2017 potrebbero scemare.

Acqua, cibo, allevamento, agricoltura, sono tutte questioni di rilevanza personale e pubblica che si intrecciano fittamente con un’economia privatistica in cui il brevetto (lo si è visto drammaticamente con le vicende legate ai vaccini della Pandemia da Covid, cementatori di mortali diseguaglianze tra Nord e Sud globale) è lo strumento e la lingua di un’economia privatistica e proprietaria che i governi, oggetto di pressioni sempre più forti, intendono di fatto come lingua dominante del diritto.

Questo il nesso di questioni intorno al quale «Rivista Contadina» vuole informare, creare dibattito e coscienza, ma soprattutto portare avanti una rete e uno scambio di prassi e qui, mi sembra, diversi articoli, ma prenderò a esempio Produzioni contadine e consumo collettivo popolare, incontrano e sottolineano un punto cruciale: sono esattamente i subalterni, i salariati e i lavoratori più poveri e sfruttati a dipendere più strettamente dall’industria agroalimentare e questo crea delle resistenze, delle difficoltà a coalizzarsi e persino degli ostacoli pratici nei momenti di lotta che invece dovrebbero essere occasioni per un solidarismo e un allargamento del fronte.

Il caso della GKN, per la strenua resistenza e la capacità di mobilitare consenso propria degli operai di quella fabbrica, è noto, l’articolo però sottolinea come prima il semplice rifornimento e poi le brigate alimentari costituite dagli operai con l’ex mensa aziendale si servissero in massima parte non delle realtà militanti, delle cooperative agricole di prossimità e di realtà autogestite con cui pure stabilivano rapporti di solidarietà (ad esempio Mondeggi Bene Comune) ma dei supermercati (essenzialmente una Coop della zona) e nessuno degli operai-militanti avesse precedentemente posizioni su consumo di cibo e sovranità alimentare. Il problema era ed è, soprattutto in una situazione di sciopero e conseguente privazione (su cui il padronato conta, in maniera non dissimile da un medioevale assedio per fame), il prezzo diverso tra i prodotti di agricoltura autogestita e quelli della grande distribuzione.

Ora qui molto giustamente l’articolo presenta il dilemma del contadino-militante come un’alternativa tra l’autosfruttamento e la perdita del proprio soggetto sociale di riferimento (gli altri lavoratori, i salariati, non i consumatori ricchi), ma già una prima risposta istintiva riportata da un produttore: «il problema non sono i nostri prezzi, sono gli stipendi operai che sono troppo bassi» cambia radicalmente la prospettiva. Non si tratta cioè né dell’ideologia liberale del consumo critico inteso in maniera idealistica, individuale, moralistica e woke (per usare un termine corrente) e che può essere riassunto nel mercatino biologico e di prossimità che nessun ente ha difficoltà a patrocinare per ragioni turistiche e per le ricche borghesie di città gentrificate, né di mitizzare populisticamente le masse lavoratrici che si servono al minor prezzo perché sarebbe intrinsecamente “popolare” rispetto a quelle che vengono percepite come velleità radical chic. Si tratta semmai di ripensare criticamente il nesso che lega e funzionalizza allo sfruttamento tutti gli aspetti della vita sociale, dalla produzione di merci non alimentari a quel particolare tipo di merce che è il cibo, legata com’è alla sopravvivenza, necessaria e necessaria in quantità crescente, ma sulla quale si ripercuote (come su altre merci necessarie quali l’alloggio, il vestiario, e in una crescente misura l’istruzione e le cure sanitarie) tutta la struttura profondamente classista della società.
Aprire allora questa prospettiva da una angolazione contadina, ecologista e militante è il motivo per cui ci auguriamo che l’esperienza di questa rivista cresca in lettori, abbonamenti, dibattiti.

Questo numero 0 e i seguenti possono essere richiesti a redazione@rivistacontadina.org e abbonamenti@rivistacontadina.org

VERSIONE INTERATTIVA https://www.blog-lavoroesalute.org/les-cartaceo/

ARCHIVIO https://www.lavoroesalute.org/

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *