Anatomia di una campagna di disinformazione israeliana

di Jean-Pierre Filiu,

Le Monde, 1 luglio 2024.

Il governo di Benjamin Netanyahu ha finanziato una campagna diffamatoria anti-palestinese rivolta al pubblico ebraico, afro-americano e progressista degli Stati Uniti, scrive l’editorialista Jean-Pierre Filiu.

Più la guerra a Gaza dura e si aggrava, più il parallelo tra Benjamin Netanyahu e Vladimir Putin diventa evidente. Entrambi non hanno altro che disprezzo per i loro avversari, che condannano nei termini più degradanti.

Il primo ministro israeliano non rispetta il diritto umanitario durante i conflitti più di quanto faccia il presidente russo, soprattutto quando si tratta di proteggere i civili. Questo li espone entrambi a essere perseguiti dalla Corte Penale Internazionale. Entrambi i leader riscrivono volentieri la storia della Seconda Guerra Mondiale per meglio equiparare i loro nemici a “nazisti” da eliminare senza pietà.

Tuttavia, l’opinione pubblica occidentale sembra molto più consapevole della portata e della minaccia delle campagne di disinformazione russe che del rischio rappresentato da operazioni analoghe per conto di Netanyahu e del suo governo. È vero che la propaganda pro-israeliana, indicata con il termine generico di “hasbara” (“spiegazione” in ebraico), è stata a lungo presentata come tale prima che facesse ricorso a mezzi più tortuosi.

“Pallywood” e altre bugie

Quando Netanyahu è tornato al timone del governo nel dicembre 2022 dopo una pausa di un anno e mezzo, ha affidato il portafoglio dell’informazione a uno dei suoi fedelissimi del Likud, la combattiva Galit Distel Atbaryan, che è stata definita come “ministro della propaganda” durante gli accesi dibattiti alla Knesset. Dopo il bagno di sangue terroristico del 7 ottobre 2023, Atbaryan – sui social media – ha chiesto la “cancellazione di tutta Gaza dalla faccia della Terra“, l’espulsione dei “mostri” che la abitano e l’uccisione di coloro che si rifiutano di andarsene, senza alcuna esitazione.

Tuttavia, questi oltraggi non hanno salvato il posto di lavoro di Atbaryan e nemmeno il suo ministero, che è stato semplicemente abolito poiché le operazioni di propaganda sono ora condotte direttamente dall’esercito israeliano e dai suoi attivissimi portavoce in varie lingue straniere. Il divieto di accesso alla Striscia di Gaza imposto a tutta la stampa internazionale facilita le campagne di diffamazione delle fonti palestinesi, di relativizzazione o addirittura di contestazione del terribile bilancio umano degli attacchi israeliani.

Tra queste c’è una fantomatica “Pallywood” – un amalgama polemico tra Palestina e Hollywood – accusata di inscenare i funerali delle vittime dei bombardamenti a Gaza e persino di fornire neonati di plastica alle comparse pagate per piangere figli che non hanno mai avuto. Il parallelo è impressionante con le menzogne diffuse dal Cremlino quando, nel marzo 2022, la Russia colpì un ospedale materno nel porto ucraino assediato di Mariupol.

Tale campagna israeliana ha raggiunto il suo culmine quando lo stesso presidente Joe Biden ha aggiunto credibilità alla favola della decapitazione di 40 neonati da parte di Hamas nel kibbutz di Kfar Aza (la vittima più giovane dell’uccisione in questa località aveva 14 anni).

Ma le terribili immagini della distruzione di Gaza, degli ospedali bombardati, dei bambini mutilati e delle vittime della fame hanno convinto il gabinetto israeliano a lanciare una campagna non ufficiale, affidata al Ministero degli Affari della Diaspora, pur continuando la sua “diplomazia pubblica” altamente militante. Il titolare di questo portafoglio, Amichai Chikli, incarna l’accentuato nazionalismo della giovane guardia del Likud. Nove mesi prima degli attacchi di Hamas nel sud di Israele, egli già definiva l’Autorità Palestinese una “entità neonazista“.

Propaganda su misura per ogni pubblico

Il quotidiano Haaretz e l’ONG israeliana Fake Reporter hanno rivelato i dettagli di questa campagna di disinformazione negli Stati Uniti e in Canada. È iniziata con il lancio, lo scorso autunno, di tre siti “realfake”, che mescolavano notizie confermate e fake news mascherate.

Ognuno di questi siti si rivolgeva a un pubblico diverso, a volte più conservatore, a volte più liberale, con messaggi adattati di conseguenza, denunciando l’”asse del male” tra Iran e Hamas, o celebrando i legami tra Israele e la comunità afroamericana. Tutti questi siti hanno trasmesso attivamente gli attacchi insolitamente virulenti di Israele all’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati palestinesi, accusata di complicità “terroristica” con Hamas, anche se tali gravi accuse sono rimaste prive di fondamento.

La scorsa primavera la campagna si è ampliata con il lancio di nuovi siti: The Good Samaritan – e la sua mappa interattiva dei campus statunitensi più o meno “sicuri” per gli ebrei (anche a costo di stigmatizzare come “antisemite” le associazioni ebraiche pacifiste); United Citizens for Canada – e il suo discorso apertamente islamofobico; Serenity Now – il cui manifesto, con pretese libertarie, mira in realtà a invalidare la legittimità stessa di uno stato per i palestinesi.

Il 29 maggio Meta ha bandito la società israeliana STOIC dalle sue piattaforme, cancellando centinaia di account Facebook legati alla campagna di influenza. Pochi giorni dopo, il New York Times ha riportato che il Ministero israeliano per gli Affari della Diaspora aveva effettivamente finanziato la campagna con 2 milioni di dollari.

Michael Oren, ex ambasciatore di Israele negli Stati Uniti, ritiene che la questione sia abbastanza seria da richiedere una commissione d’inchiesta, essendo stato vice ministro della diplomazia pubblica di Netanyahu dal 2016 al 2019. Ma il governo israeliano si è limitato a smentire senza offrire il minimo commento.

Inoltre, non ha reagito a una recente inchiesta del Guardian secondo cui negli ultimi mesi il Ministero degli Affari della Diaspora ha investito 8 milioni di dollari in una campagna (questa volta pubblica), denunciando da un lato l’”antisemitismo” nei campus americani e dall’altro equiparando le critiche a Israele all’antisemitismo. Mentre queste “guerre virtuali” di informazione infuriano, la vera guerra è in corso a Gaza. E non conosce tregua.

Jean-Pierre Filiustorico e professore a Sciences Po, Parigi

https://www.lemonde.fr/en/international/article/2024/07/01/anatomy-of-an-israeli-disinformation-campaign_6676349_4.html

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

2/7/2024 https://www.assopacepalestina.org/

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