Russofobia e propaganda

L’imperialismo dell’Anglosfera dietro le nuove nomine europee, mentre Orban in dissenso lancia il Manifesto/Gruppo dei Patrioti per l’Europa, e la Destra vince anche in Francia.

Nel mio articolo La grande corruzione in Ucraina e in Ue, con in apertura il grafico della stessa Corte dei Conti dell’Unione europea che illustrava la gravissima situazione di corruzione vigente in Ucraina ho dimostrato, dati europei alla mano, che l’Ucraina è un Paese corrotto, con al vertice lo stesso Presidente Zelensky riferimento di quella relazione (Zelensky che, peraltro, oggi non dovrebbe essere più in carica) ma, ciò, è stato sottaciuto totalmente da tutte le altre istituzioni europee, come anche dai suoi Paesi membri, nonché misconosciuto persino dai neo-sovranisti e dai giornalisti e media che al neo-sovranismo fanno riferimento e, ora, di fronte alle scandalose nomine “americane” dei vertici europei delle quali la peggiore è quella dell’estone Kaja, rischiamo, ancora una volta, di essere colti impreparati e inermi perché incapaci di costruire una seria e soprattutto credibile alternativa, cosa che sta riuscendo alla Le Pen in Francia dove, al contrario che in Italia, la gente è andata a votare in massa.

Quando l’altro ieri, grazie al Vicedirettore de “La Verità” Francesco Borgonovo, su Radio Radio ho avuto modo di commentare anche (e sottolineo “anche” invitandovi ad ascoltarla almeno fino al punto cui dico «Una società è tua se ne hai il 51 per cento ma, nella società italiana, quello che viene trasmesso in tv in prima serata è per l’80% non italiano bensì americano: ciò vuol dire che il Paese non è in mano agli italiani ma agli anglosassoni; anche quando la gente va a votare!») quel che stava accadendo al Consiglio europeo circa le nomine dei vertici europei, ed ho subito rimarcato il fatto che la Meloni non si era giocata bene le sue carte e aveva gestito male la partita, cominciando proprio lei, tra i primi capi di governo a gettare ponti d’oro all’operato del von der Leyen che, nell’eloquente foto del 16 luglio 2023 qui in basso, vedete a Tunisi con il futuro Segretario della NATO Mark Rutte e il presidente tunisino Kais Saied, per la firma del Memorandum sull’immigrazione.

Russofobia e propaganda

Giorgia Meloni governa dal 22 ottobre del 2022, il suo Governo ha avuto un anno e mezzo per preparare il terreno delle nuove nomine europee ma non l’ha fatto. Come ho ricordato a Borgonovo ha anche trovato, vigente da fine 2021, un solido trattato bilaterale con la Francia, il Trattato del Quirinale (ne ho parlato a Translimen su Radio Radicale il 2 gennaio 2022) che prevede l’impegno delle Parti a “sviluppare il loro coordinamento e a favorire la sinergia tra le rispettive azioni a livello internazionale”. A consultarsi “regolarmente con l’obiettivo di stabilire posizioni comuni e di agire congiuntamente su tutte le decisioni che tocchino i loro interessi comuni, incluso, ove possibile, nei formati plurilaterali a cui partecipa una delle due Parti. Stabilendo l’istituzione di “meccanismi stabili di consultazioni rafforzate, a livello sia politico che di alti funzionari, in particolare in caso di crisi e alla vigilia di importanti scadenze”. Pertanto “esse organizzano consultazioni regolari, in particolare a livello dei Segretari Generali, dei Direttori Politici e dei Direttori responsabili per l’Unione Europea e per gli affari globali o per aree geografiche dei rispettivi Ministeri degli Affari Esteri sui temi di comune interesse. Le Parti promuovono forme di cooperazione strutturata anche tra le rispettive missioni diplomatiche in Paesi terzi e presso le principali organizzazioni internazionali. Esse assicurano l’attuazione di iniziative di formazione congiunta per i loro diplomatici e accolgono reciprocamente diplomatici in attività di scambio”. Che volete di più!
Non solo, il 16 aprile del 2024, in occasione di uno dei consueti incontri sul pilastro europeo dei diritti sociali a La Hulpe in Belgio, Mario Draghi non solo aveva bacchettato l’Europa ma, il suo intervento – che trovate qui e assolutamente da leggere soprattutto perché rompe con l’autolesionismo della concorrenza interna dicendo chiaramente che le imprese europee devono fare concorrenza anche fuori dell’Ue e, questo, a mio parere è fondamentale per far nascere imprese concorrenziali a Google piuttosto che ad Amazon o Microsoft delle quali tutti i singoli Paesi europei non possono, altrimenti, che essere vittime e servi – aveva dato a molti l’impressione che fosse un discorso programmatico per lanciare la sua candidatura al posto della von der Leyen e, infatti, aveva raccolto non solo il favore di Orban ma anche quello di Mattarella e di Macron (il che ci riconduce al Trattato del Quirinale).
“Nella Ue c’è bisogno di un cambiamento radicale – aveva stigmatizzato Draghi – Le nostre regole per gli investimenti sono costruite su un mondo che non c’è più, il mondo pre-Covid, pre-guerra in Ucraina, pre-crisi in Medio Oriente. E ci troviamo in un mondo in cui è tornata la rivalità tra le grandi potenze”.
D’accordo! Anche Draghi è un atlantista e, come sa bene chi mi legge e ascolta, io sostengo che l’atlantismo serve a fare dei Paesi europei un protettorato statunitense e che ci farà fare la fine di Atlantide, ma è anche vero che Draghi contro l’assalto finanziario anglofono e del dollaro ai Paesi dell’area euro s’inventò il famoso “bazooka”, dimostrando – come fa in molti pasi anche di questa relazione – di essere un credibile quanto efficace antidoto contro i falchi del mondo finanziario anglofono.
Draghi è italiano, la von der Leyen no; Draghi gode di un prestigio internazionale senza pari, la von der Leyen no; Draghi è credibile e soprattutto molto rispettato a livello internazionale (intendendo anzitutto l’Occidente) la von der Leyen no; come ricordato prima, aveva già il sostegno della Francia oltre che del nostro Presidente della Repubblica e, soprattutto, avrebbe dato alla Commissione un prestigio mondiale che la von der Leyen non solo non ci dà, ma che rende l’Europa debole e ancor più autolesionista (ciò che vuole l’Anglosfera). Quindi, non rilanciare la palla di Draghi a La Hulpe, non solo è stato un grande errore ma ha anche messo in evidenza il fatto che in questo Governo non ci sono statisti né politici dalla vista lunga.
Non entro ulteriormente nel merito delle indicazioni di Draghi a La Hulpe, dico solo che esse erano sì radicali ma non prefiguravano “in un mondo in cui è tornata la rivalità tra le grandi potenze” un ruolo di grande potenza anche per l’Europa: ma è questo che serve se non vogliamo autodistruggerci in quest’assurda contesa di “fratelli coltelli” ai nostri confini orientali.
Ritengo António Costa nuovo presidente del Consiglio europeo un uomo migliore del precedente Charles Michel ma, la nomina che più mi preoccupa, è quella di Kaja Kallas quale “alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza”, preferisco chiamarla col suo nome Kaja che con il suo cognome perché da melomane incallito non riesco nemmeno a pensare ad un’altra “Callas”, nemmeno se a posto della “C” ha una “K”.
Già la situazione con Borrell era diventata preoccupante ed in linea con la forma mentis guerrafondaia statunitense, come non rammentare il suo “Questa guerra sarà vinta sul campo di battaglia” dell’aprile del 2022?! Questa dichiarazione testimoniava già allora che questa comunità europea stava cambiando negativamente il suo DNA e non aveva più molto delle sue origini pacifiche e cooperativistiche, niente più di europeo né di comunitario, ma cominciava a coltivare invece interessi geopolitici statunitensi.
Interessi extra europei i quali hanno subito tirato fuori la clava contro quelli europei con l’Inflation Reduction Act (IRA) che stanziava fino a 369 miliardi di dollari in crediti d’imposta, sconti diretti e sussidi per le aziende disponibili, però, solo qualora i loro prodotti fossero stati prevalentemente lavorati e assemblati negli Stati Uniti: insomma un’azione tesa a compromettere il tessuto industriale dei Paesi europei e farlo delocalizzare negli USA.
Ciascuno, quando parla bene degli USA e male degli altri Paesi del mondo – Russia inclusa ovviamente -, deve sempre tenere a mente che dei 193 Paesi delle Nazioni Unite, quelli che si sono salvati da una invasione, da un qualche controllo o conflitto messo in atto dagli Stati Uniti d’America sono stati solo tre: Andorra e il Liechtenstein in Europa e il Bhutan in Asia.
Nonostante quel che la Storia ha ingegnato ed insegna, invece, i Paesi europei con la nomina della estone Kaja continuano nel solco masochista e servile, e non mi dite che è l’Ue ad essere la “cattiva” perché i pessimi sono i suoi Stati membri che l’hanno eletta. Deve essere chiaro a tutti che l’Ue non decide nulla che non sia stato deciso prima dai suoi capi di Stato e di Governo.
L’unico a sfuggire alla logica eurosuicida e russofobica è stato Orban che, ora, si è impegnato a costruire un nuovo gruppo al PE “Patrioti per l’Europa”, con tanto di apposito Manifesto, insieme al capo dell’Fpo austriaco Herbert Kickl e il ceco Andrej Babiš. Però ci vorranno 23 parlamentari di almeno sette Paesi diversi per farlo e se è vero che col numero di parlamentari ci saremmo anche perché l’Fpo di Kickl ha 6 seggi, l’Ano di Babiš 7 e Fidesz 10, mancano ancora 4 Paesi per costituirlo formalmente e, la scadenza per farlo in tempo utile per la plenaria dell’Eurocamera del 16 luglio, è il 4 ma, in ogni caso, i numeri per bocciare la candidatura della Kaja al PE non ci sarebbero comunque.
L’Estonia da cui proviene la Kaja è uno degli Stati chihuahua dell’Ue (senza offesa né per l’Estonia né per la nota razza canina) con meno di 1/3 degli abitanti della sola Roma, la 47enne neo “alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza” già a febbraio di quest’anno aveva dichiarato a Sky News, quale primo ministro del suo Paese, che l’Estonia non ha paura della Russia e pensa che si dovrebbe prendere in considerazione l’invio di truppe di terra della NATO in Ucraina.
Ormai da troppo tempo non si comprende più quale sia, e se ci sia, un confine tra USA e NATO ed Ue, come anche chi comanda su chi, certo è che, ora, il pensiero di Borrell “Questa guerra sarà vinta sul campo di battaglia” non solo viene confermato ma rischia seriamente di risucchiare in quel campo di battaglia non solo il “chihuahua” estone ma l’intero bestiario europeo, a cominciare dal gallo francese che, forse, non vede l’ora di provare l’efficacia della sua deterrenza nucleare contro l’orso russo ma, anche in Francia, il vento dei Patrioti spira forte e, di capi di Stato e di Governo che nemmeno di fronte all’aritmetica si arrendono, pur di sostenere l’invasione di 450 milioni di europei da parte di 150 milioni di russi, la gente non ne può più.

Giorgio Kadmo Pagano

5/7/2024 https://www.lafionda.org/

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