Gaza affronta i “giorni più pericolosi” del genocidio

Un uomo palestinese piange un ragazzo ucciso in un attacco israeliano, Deir al-Balah, Gaza centrale, 9 luglio. Ali Hamad Immagini APA

di Maureen Clare Murphy,  

The Electronic Intifada, 10 luglio 2024.   

I palestinesi di Gaza hanno raggiiunto un’altra triste pietra miliare, giacché il genocidio israeliano è entrato nel suo 10° mese, senza che se ne intraveda la fine, e mentre gli esperti di sanità pubblica hanno messo in guardia da una massiccia ondata di mortalità secondaria anche nel caso di un cessate il fuoco immediato.

Martedì 9 luglio, gli attacchi aerei israeliani hanno colpito le persone che si rifugiavano fuori da una scuola nella parte orientale di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza, uccidendo almeno 29 persone.

Israele ha affermato di aver preso di mira un combattente di Hamas con una “munizione precisa” nell’attacco mortale, ma il video trasmesso da Al Jazeera mostra l’area piena di civili che si divertivano a giocare a calcio al momento dell’attacco:

Un filmato mostra gli ultimi momenti degli sfollati della scuola di Abasan, nella parte orientale di Khan Younis/striscia di Gaza, mentre giocano a calcio nel cortile della scuola prima che l’esercito israeliano li bombardi, provocando un orribile massacro che ha ucciso decine di persone e ne ha ferite centinaia.

Nel centro di Gaza, gli attacchi israeliani hanno ucciso 60 palestinesi e ferito decine di altri, secondo l’ufficio stampa del governo del territorio.

Martedì 9, i carri armati israeliani si sono spinti nella città di Gaza, già martoriata, a seguito di nuovi intensi attacchi. La Mezzaluna Rossa Palestinese ha dichiarato di aver ricevuto decine di richieste di soccorso, ma l’intensità dei bombardamenti ha reso impossibile qualunque intervento.

Le ali armate dei gruppi di resistenza palestinese Hamas e Jihad islamica hanno dichiarato di aver combattuto “le forze israeliane con mitragliatrici, colpi di mortaio e missili anticarro e di aver ucciso e ferito soldati israeliani” sulle linee del fronte di Gaza City, ha riferito Reuters.

I nuovi attacchi israeliani a Gaza City hanno causato una nuova ondata di sfollamenti forzati di massa e Hamas ha dichiarato che ciò potrebbe far deragliare i lunghi negoziati per il cessate il fuoco e lo scambio di prigionieri.

Negli ultimi giorni Hamas avrebbe attenuato la sua posizione di chiedere a Israele di porre fine alla guerra come precondizione per qualsiasi accordo, ma cercava garanzie che i negoziati avrebbero portato a un cessate il fuoco permanente.

Israele ha nuovamente indicato che rifiuterà qualsiasi accordo che lasci Hamas come autorità di governo de facto a Gaza. Domenica 7, il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha ribadito la sua posizione: accetterebbe solo un accordo che “permetta a Israele di tornare a combattere fino a quando tutti gli obiettivi della guerra saranno raggiunti”.

Questa posizione sembra desinata, se non esplicitamente voluta, ad assicurare che nessun accordo sia possibile.

Nel frattempo, il notiziario israeliano Channel 12 ha riferito di una recente valutazione militare secondo cui “gran parte della rete di tunnel di Hamas è ancora in un ‘buono stato funzionale’ in molte parti di Gaza”.

Il gruppo di resistenza è ancora in grado di lanciare incursioni vicino al confine con Israele “e forse anche di attraversarlo”, secondo quella valutazione, come riportato dal Times of Israel. Nella loro valutazione, i capi militari avrebbero raccomandato a Israele di raggiungere un accordo negoziato con Hamas, anche se la guerra dovesse finire, per “riavere gli ostaggi”.

Nella sua prima apparizione in video da settimane, Abu Obeida, il portavoce pseudonimo dell’ala armata di Hamas, ha dichiarato domenica che tutti i 24 battaglioni delle Brigate Qassam erano intatti e avevano reclutato migliaia di nuovi combattenti.

Nessun sollievo per i giornalisti uccisi

Con i colloqui per il cessate il fuoco che sembrano destinati a raggiungere un’altra impasse, ci sono pochi segnali di sollievo per i palestinesi di Gaza che hanno sopportato attacchi incessanti, traumi e dolore, e ora fame e malattie in aumento.

Tra il 4 e il 6 luglio, sei giornalisti palestinesi, di cui una donna, sono stati uccisi in tre incidenti a Gaza City e Deir al-Balah, portando a 158 il numero di giornalisti uccisi dal 7 ottobre, secondo l’ufficio governativo per i media nel territorio.

Il 6 luglio, un attacco aereo israeliano ha ucciso sei agenti di polizia palestinesi a Rafah, nel sud di Gaza.

Il giorno successivo, nell’area del valico di Kerem Shalom, nel sud della Striscia di Gaza, sono stati recuperati i corpi di tre palestinesi apparentemente uccisi con le mani ammanettate.

“Abdel-Hadi Ghabaeen, zio di uno dei deceduti, ha dichiarato che stavano lavorando per garantire la consegna di aiuti umanitari e spedizioni commerciali attraverso il valico”, ha riferito l’agenzia di stampa AP.

“Ha detto di aver visto sabato i soldati che li catturavano e che i corpi portavano segni di percosse, e che uno aveva una gamba rotta”.

L’ufficio stampa del governo di Gaza ha annunciato che Ihab Ribhi al-Ghussein, ingegnere e vice ministro del Lavoro, è stato ucciso in un attacco aereo israeliano contro una scuola di Gaza City, sabato 6.

L’ufficio stampa ha dichiarato che la moglie e la figlia di al-Ghussain sono state uccise in precedenza in un attacco israeliano contro una casa in cui si erano rifugiate dopo essere state sfollate dalla loro abitazione a Gaza City.

Sempre sabato, Israele ha effettuato un attacco aereo contro una scuola gestita dalle Nazioni Unite nel campo profughi di Nuseirat, nel centro di Gaza, sostenendo che veniva utilizzata come centro di comando da agenti di Hamas.

Non è chiaro perché Israele pensi che questa sia una scusa credibile, quando persino i suoi militari ammettono che Hamas opera attraverso una vasta infrastruttura sotterranea che rimane funzionale, in gran parte intatta e fuori portata.

L’ufficio stampa del governo di Gaza ha dichiarato che almeno 16 palestinesi sono stati uccisi e più di 75 sono stati feriti nell’attacco alla scuola di Nuseirat, che secondo le Nazioni Unite era utilizzata come rifugio per circa 2.000 sfollati.

L’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, ha dichiarato che 190 delle sue strutture a Gaza “sono state colpite, alcune più volte, altre direttamente” dal 7 ottobre, causando 520 morti e 1.600 feriti.

L’Euro-Med Human Rights Monitor ha affermato che prendendo di mira le scuole dell’ONU utilizzate come rifugi, Israele sta dimostrando “una politica deliberata volta a impedire la sicurezza nell’intera Striscia di Gaza e a negare ai palestinesi sfollati stabilità o rifugio, nemmeno temporaneo”.

Ordini di evacuazione di Gaza City

L’esercito israeliano ha ordinato a decine di migliaia di palestinesi nella zona centrale e occidentale di Gaza City di evacuare immediatamente domenica 7 e lunedì 8 luglio.

Domenica, Israele ha ordinato ai residenti di cinque blocchi di Gaza City di evacuare la parte occidentale della città, ma il giorno successivo ha ordinato l’evacuazione di tutta l’area e ha ordinato alla popolazione di spostarsi a Deir al-Balah, nel centro di Gaza.

Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari, le aree interessate dai nuovi ordini di evacuazione “comprendono 13 strutture sanitarie sinora funzionanti, tra cui due ospedali, due centri di assistenza sanitaria primaria e nove punti medici”.

“Inoltre, quattro ospedali si trovano nelle immediate vicinanze delle zone di evacuazione”, ha aggiunto l’ufficio delle Nazioni Unite.

Due strutture sanitarie – l’Ospedale Battista di al-Ahli e l’ospedale dell’Associazione Amici dei Pazienti – sono state evacuate “nel timore di un’intensificazione delle attività militari che le renderebbe inaccessibili o non funzionali”, secondo le Nazioni Unite.

I pazienti in terapia intensiva sono stati trasferiti negli ospedali Indonesian e Kamal Adwan, nel nord di Gaza, che, secondo il direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, “soffrono di carenza di carburante, letti e forniture mediche per i traumi”.

La mancanza di carburante ha costretto a sospendere i servizi di dialisi renale all’ospedale Kamal Adwan, ha annunciato domenica il direttore della struttura, mettendo “a rischio la vita dei neonati nel reparto neonatale e dei pazienti critici nell’unità di terapia intensiva”, ha dichiarato OCHA.

Dopo l’evacuazione precipitosa dell’Ospedale europeo di Gaza a Khan Younis il 2 luglio, tre ospedali sono diventati non funzionali dall’inizio del mese, “lasciando solo 13 dei 36 ospedali della Striscia di Gaza parzialmente funzionali al momento”, secondo l’OCHA.

Le cure salvavita sono scomparse da Gaza, cancellate dal mix di ordini di “evacuazione” di Israele, dall’attacco sistematico a tutte le strutture mediche (nessuna esclusa), dalla negazione del carburante e degli aiuti medici come parte del suo assedio. Tutto questo sotto bombardamenti a tappeto e fame. Una politica genocida.

Medici Senza Frontiere ha avvertito venerdì che le sue équipe al Nasser Medical Complex di Khan Younis erano a un punto di rottura e stavano “facendo ricorso a scorte mediche di emergenza” per curare un numero eccessivo di pazienti.

L’associazione medica ha dichiarato che la struttura è il “sito principale usato dagli ospedali da campo per sterilizzare le loro attrezzature”. Se il Nasser Medical Complex dovesse perdere l’elettricità, “la sterilizzazione diventerebbe difficile e le cure fornite in diversi ospedali da campo si fermerebbero”.

Medici Senza Frontiere ha aggiunto che Israele ha negato l’ingresso ai camion che trasportavano le forniture mediche dell’organizzazione il 3 luglio. L’organizzazione caritatevole ha dichiarato di non essere stata in grado di “portare alcun rifornimento medico a Gaza dalla fine di aprile”.

Nel frattempo, l’Euro-Med Human Rights Monitor ha avvertito che l’attuale chiusura dei valichi di Gaza equivale a una condanna a morte per oltre 26.000 malati e feriti che necessitano di cure salvavita al di fuori del territorio.

Solo 21 pazienti malati e feriti sono stati evacuati da Gaza da quando Israele ha chiuso il valico di Rafah il 7 maggio.

Gli sforzi per aumentare gli aiuti sono stati “spazzati via”

Un alto funzionario delle Nazioni Unite ha affermato la scorsa settimana che un recente ordine di evacuazione israeliano che ha interessato un terzo del territorio di Gaza nel sud di Rafah e Khan Younis ha “vanificato” gli sforzi per migliorare la situazione umanitaria nella Striscia.

Nel frattempo, all’interno di Gaza, “l’insicurezza, le strade danneggiate [e] il crollo dell’ordine pubblico” hanno ostacolato anche la consegna del carburante e degli aiuti necessari a sostenere le operazioni umanitarie, secondo l’OCHA delle Nazioni Unite. Questo ha causato il deterioramento di cibo e altre forniture a causa delle temperature estremamente elevate.

La mancanza di carburante ha costretto i panifici a chiudere ancora una volta, compreso il più grande panificio di Gaza, situato a Gaza City. Secondo l’ufficio delle Nazioni Unite, solo sette dei 18 panifici sostenuti dai partner umanitari, tutti situati a Deir al-Balah, rimangono operativi.

Anche le cucine comunitarie stanno lottando per rimanere aperte a causa della mancanza di carburante e di scorte alimentari, “con conseguente riduzione del numero di pasti cucinati in tutta Gaza”, ha aggiunto l’OCHA.

Secondo le Nazioni Unite, da mesi nessun camion commerciale entra nel nord di Gaza, con la conseguente “mancanza quasi totale di fonti proteiche (ad esempio carne e pollame) sul mercato locale e solo pochi tipi di verdure di produzione locale disponibili a prezzi inaccessibili”.

Palestinesi che fuggono dalla zona orientale di Gaza City in seguito agli ordini di evacuazione dell’esercito israeliano, 7 luglio. Hadi Daoud Immagini APA

Nel frattempo, le operazioni militari in corso hanno indotto la popolazione a non curare i propri terreni agricoli e la distruzione delle serre ha danneggiato la capacità dei palestinesi di Gaza di produrre il proprio cibo.

Le valutazioni effettuate dall’OCHA e da altri gruppi in 10 siti che ospitano nuove ondate di sfollati interni “mostrano livelli critici di necessità in tutti i settori”, ha dichiarato l’ufficio delle Nazioni Unite, rilevando un particolare “bisogno di acqua potabile sicura” e di accesso ai servizi di emergenza.

Venerdì scorso, l’Euro-Med Human Rights Monitor ha accusato Israele di usare l’acqua come arma di guerra attraverso il “persistente, sistematico e diffuso attacco alle fonti d’acqua e agli impianti di desalinizzazione della Striscia di Gaza”.

Il gruppo ha affermato che “come risultato del genocidio, la quota pro capite di acqua nella Striscia è scesa a valori tra i 3 e i 15 litri al giorno, mentre nel 2022 era di circa 84,6 litri al giorno”.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità afferma che “sono necessari tra i 50 e i 100 litri di acqua a persona al giorno per garantire il soddisfacimento della maggior parte dei bisogni primari e l’insorgere di pochi problemi di salute”.

Gli sfollati nel nord di Gaza, compresi quelli di Shujaiya e di altre aree intorno a Gaza City, non hanno rifugi sicuri.

L’OCHA delle Nazioni Unite ha dichiarato che “molti sono stati trovati a dormire tra rifiuti solidi e macerie, senza materassi o indumenti sufficienti, e alcuni hanno cercato riparo in strutture delle Nazioni Unite ed edifici residenziali parzialmente distrutti”.

Con nove persone su 10 a Gaza attualmente sfollate, la maggior parte delle quali costrette a spostarsi più volte, le persone sono “costrette a reimpostare le loro vite ripetutamente senza alcuno dei loro beni o alcuna prospettiva di trovare sicurezza o accesso affidabile nei servizi di base”, ha aggiunto l’ufficio delle Nazioni Unite.

“Quello che sta accadendo a Gaza da ieri sera è un ritorno al primo mese di genocidio”, ha scritto lunedì su X (ex Twitter) il dottor Mustafa Elmasri, psicoterapeuta a Gaza.

“Sotto un bombardamento incessante, la gente è costretta a vagare senza meta, spinta a sud per essere massacrata lì. Questi sono i giorni più bui e pericolosi della guerra”, ha aggiunto Elmasri.

Sally Abi Khalil, direttrice per il Medio Oriente dell’organizzazione benefica Oxfam, ha dichiarato che “spingere altre centinaia di migliaia di persone in quella che è essenzialmente una trappola mortale, priva di qualsiasi struttura, è una barbarie e una violazione del diritto umanitario internazionale”.

Ha aggiunto che le aree dichiarate unilateralmente da Israele come zone sicure sono in realtà “l’esatto contrario, lasciando alle famiglie l’orribile scelta tra rimanere in una zona di combattimento attiva o trasferirsi in un luogo già disperatamente sovraffollato, pericoloso e inadatto all’esistenza umana”.

I morti di Gaza sono ampiamente sottovalutati

The Lancet, una rivista medica indipendente con sede a Londra, ha pubblicato un articolo di tre esperti di salute pubblica in cui si afferma che le vittime di Gaza sono ampiamente sottovalutate.

“La raccolta dei dati sta diventando sempre più difficile per il ministero della Sanità di Gaza, a causa della distruzione di gran parte delle infrastrutture”, si legge nell’articolo di Lancet, che osserva che il ministero “è l’unica organizzazione che conta i morti”.

“Il ministero ha dovuto integrare i suoi rapporti abituali, basati sulle persone morte nei suoi ospedali o portate in ospedale, con informazioni provenienti da fonti mediatiche affidabili e dai primi soccorritori. Questo cambiamento ha inevitabilmente degradato i dati dettagliati registrati in precedenza”, hanno aggiunto gli autori.

Non tutte le vittime identificabili degli attacchi aerei e di altre forme di violenza diretta sono incluse nell’elenco delle vittime del ministero della Sanità. Anche le circa 10.000 persone disperse sotto le macerie degli edifici distrutti a Gaza non sono comprese nella cifra ufficiale di quasi 37.500 vittime al 19 giugno.

Domenica, l’Euro-Med Human Rights Monitor ha chiesto una pressione internazionale su Israele per “far arrivare camion, attrezzature speciali e carburante sufficiente, data l’urgente necessità di sgomberare le macerie, localizzare i corpi e recuperarli con procedure speciali per identificarli e seppellirli in tombe segnalate”.

Il gruppo ha affermato che la presenza di corpi in decomposizione “costituisce una minaccia per la sicurezza pubblica” per la diffusione di epidemie, mettendo a rischio la “salute ambientale a lungo termine dell’enclave costiera… fino al punto di ecocidio, rendendo la Striscia di Gaza inadatta all’abitazione umana”.

Secondo gli autori dell’articolo di Lancet, ancora più alto del numero di vittime di violenza diretta è il numero di coloro che perdono la vita “per cause come le malattie infettive, trasmissibili e non trasmissibili” derivanti dal conflitto.

Queste morti sono il risultato della distruzione delle infrastrutture sanitarie e igieniche, della malnutrizione e della mancanza di accesso all’acqua potabile, dei ripetuti spostamenti e della perdita di fondi per l’UNRWA, l’organizzazione con la maggiore impronta umanitaria a Gaza.

Secondo gli autori dell’articolo di Lancet, che stimano prudentemente che “fino a 186.000 o anche più morti potrebbero essere attribuite all’attuale conflitto a Gaza”, “ci saranno ancora molti morti indiretti nei prossimi mesi e anni”.

Ciò rappresenta circa l’8% della popolazione di Gaza, che conta circa 2,3 milioni di palestinesi.

Il giornalista Hossam Shabat, che vive nel nord di Gaza, ha dichiarato di sapere per esperienza personale che “i morti sono molto più numerosi” di quanto viene riportato. L’obiettivo di Israele “è l’annientamento ed è quello che stanno raggiungendo”, ha detto Shabat.

Gli esperti delle Nazioni Unite dichiarano una carestia diffusa

Martedì, un gruppo di esperti indipendenti delle Nazioni Unite per i diritti umani ha avvertito che “la recente morte di altri bambini palestinesi a causa della fame e della malnutrizione non lascia dubbi sul fatto che la carestia sia diffusa in tutta la Striscia di Gaza”.

Almeno tre bambini nel centro di Gaza, dove sono disponibili cure mediche, sono morti nelle ultime settimane, lasciando “senza dubbi il fatto che la carestia si sia diffusa dal nord di Gaza al centro e al sud”, hanno detto gli esperti.

Hanno aggiunto che “la campagna di fame intenzionale e mirata di Israele contro il popolo palestinese è una forma di violenza genocida e ha portato alla carestia in tutta Gaza”.

Gli esperti hanno chiesto di dare priorità alla consegna degli aiuti umanitari attraverso i valichi terrestri “con ogni mezzo necessario” e hanno chiesto la fine dell’assedio di Israele e un cessate il fuoco.

https://electronicintifada.net/blogs/maureen-clare-murphy/gaza-facing-most-dangerous-days-genocide

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

12/7/2024 https://www.assopacepalestina.org/

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