Traumi, bambini e volontari che cercano di aiutare
Gaza-E.I. Di Donya Ahmad Abu Sitta. La dottoressa Maysa Abu Sitta sta cercando di fornire supporto psicologico, in circostanze molto difficili, ai bambini del quartiere di al-Amal, a Khan Younis, che hanno perso un genitore durante il genocidio israeliano a Gaza.
Nella sua casa, ancora in piedi, ha allestito un campo improvvisato per bambini, Hope Will Remain, e anche nelle tende adiacenti utilizzate da coloro che sono stati obbligati a sfollare da altre zone.
Non c’è elettricità, né illuminazione, né una buona ventilazione, ma le attività sono in corso e includono lezioni di aquilone, canti e altre attività di intrattenimento per i bambini.
Il campo è gestito interamente da volontari che cercano di fornire anche pasti sani e supporto psico-sociale.
“La mancanza di posti adeguati in cui lavorare, la mancanza di elettricità e la mancanza di attrezzature e forniture rappresentano una sfida importante per noi”, ha riferito a The Electronic Intifada la dottoressa Abu Sitta, che è anche cugina di mia madre.
Tuttavia, i volontari sono motivati dal desiderio di fornire ai bambini almeno un sollievo temporaneo dagli orrori della situazione che stanno vivendo.
“Ci concentriamo principalmente sul loro coinvolgimento nelle diverse attività, tra cui la pittura, il canto e la scrittura”, ha spiegato uno dei volontari del campo.
I bambini più a rischio.
Le vite dei bambini, che costituiscono quasi la metà dei 2,3 milioni di abitanti di Gaza, sono state devastate dalla brutale guerra di Israele contro Gaza.
Secondo i funzionari sanitari palestinesi, finora sono stati uccisi più di 14.000 bambini, circa la metà dei quali non sono ancora stati identificati. Molti altri soffrono per le menomazioni e le loro vite sono radicalmente cambiate.
Secondo Save the Children, si ritiene che altri 21.000 bambini siano scomparsi, molti intrappolati sotto le macerie, detenuti, sepolti in tombe anonime o separati dalle loro famiglie.
A marzo, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati Palestinesi (UNRWA) ha affermato che dal 7 ottobre almeno 17.000 bambini avevano perso uno o entrambi i genitori, una cifra che da allora non può essere che aumentata.
Tra questi ci sono quattro fratelli della famiglia Amar – Fatima, 12, Hor Aleen, 11, Habiba, 5, e Osama, 11 – che hanno perso il padre, Hosni, all’inizio di febbraio quando è stato colpito per due volte dai droni israeliani mentre era fuori da casa, in cerca di cibo per la sua famiglia.
La famiglia era stata sfollata dalla propria casa dopo che un missile aveva colpito l’abitazione di un vicino. Ma il rifugio che avevano cercato in seguito a casa della nonna è stato di breve durata. Durante la terza notte trascorsa qui, un altro missile israeliano aveva colpito una casa adiacente.
Per questo motivo, gli Amar cercarono rifugio in un edificio della Mezzaluna Rossa a Khan Younis, dove era rimasti per alcuni mesi.
Israele, però, ha continuato ad impedire che gli aiuti giungessero a Gaza e, quando è arrivata la carestia, Hosni è partito per la sua sfortunata escursione in cerca di cibo.
Nonostante tutto, i bambini si considerano fortunati per il fatto di essere almeno riusciti a seppellire il padre.
Si pensa che migliaia di persone siano ancora sepolte sotto le macerie dopo i bombardamenti, con poche possibilità di riuscire ad evacuare i loro cadaveri per una degna sepoltura.
Molti sono stati uccisi nelle strade, cercando un rifugio dopo essere fuggiti da un altro, o alla ricerca di cibo e acqua, e i loro corpi sono stati lasciati a decomporsi.
Fatima ha aggiunto che almeno i figli di Hosni sanno dov’è il loro padre.
“Prego per mio padre in ogni preghiera”, ha dichiarato la sorellina Habiba.
Carestia e malattie.
Ma non è solo la violenza diretta ad avere un impatto sulla vita dei bambini di Gaza.
Infatti, la disponibilità di medicinali è estremamente limitata perché Israele ha imposto la chiusura dei valichi di Gaza e sta ostacolando il flusso degli aiuti.
I casi di malattie infettive stanno aumentando drasticamente per diversi motivi: a causa del sovraffollamento dei campi in cui sopravvive chi è stato costretto a fuggire; per l’indebolimento del sistema immunitario dovuto alla malnutrizione; e infine, per la presenza di acqua sporca, che sta anche provocando la ricomparsa di malattie già debellate come la poliomielite.
Il cibo è diventato un lusso dato che i prezzi sono saliti alle stelle, anche perché la possibilità di introdurre contanti a Gaza è stata notevolmente limitata.
È stato segnalato che solo pochissimi sportelli bancari sono ancora operativi a Gaza e che i contanti nelle banche stanno terminando.
Per questo le persone hanno difficoltà ad accedere ai propri salari o risparmi, o addirittura per potersi permettere anche soltanto poco cibo e acqua pulita.
Povertà, carestia e malattie, insieme, sono tra i fattori indiretti che hanno portato i ricercatori della rivista medica britannica The Lancet a prevedere una “stima per difetto” di 186.000 o più vittime causate dal genocidio di Israele.
E, com’era prevedibile, sono i giovanissimi a pagarne il prezzo più alto.
Traumi.
Molti bambini di Gaza, come Kenan che ha solo 10 anni, devono accollarsi le responsabilità degli adulti come garantire cibo, acqua e legna da ardere alle loro famiglie.
Tutto ciò che Kenan vuole è una tregua.
“Mi manca andare a scuola”, ha confessato a The Electronic Intifada. “Il mio unico sogno è che questa guerra finisca e che riusciamo a guadagnarci il pane di cui abbiamo bisogno”.
E quasi tutti i bambini di Gaza – metà dei 2,3 milioni di abitanti della Striscia – negli ultimi nove mesi sono stati testimoni di orrori inimmaginabili.
Yasser Abu Jami, un medico che si sta specializzando presso il complesso Nasser, nella parte occidentale di Khan Younis, ha detto che le madri portano sempre più spesso i loro bambini in ospedale perché non riescono a farli smettere di urlare per la paura.
Il trauma non è sempre rumoroso, ad alta voce.
Anwar, mio cugino dodicenne di Deir al-Balah, è venuto a trovarmi a maggio, portandomi molokhia per assaggiare una rara delizia.
Sulla via del ritorno ha assistito ad un attacco missilistico israeliano. È svenuto immediatamente sul luogo dell’attacco, ma è sopravvissuto e sua madre lo ha trovato e lo ha portato a casa.
Per una settimana si è rifiutato di parlare, di mangiare e non voleva alzarsi dal letto. E anche se ora sta meglio, la sua salute mentale è ancora compromessa.
Sono bambini come questi che la dottoressa Maysa Abu Sitta spera di raggiungere con i suoi campi Hope Will Remain.
Vuole espandere il progetto a tutta Gaza.
“Tutti i bambini hanno bisogno di parlare di ciò che hanno visto e sentito durante questa guerra”, ha detto a The Electronic Intifada.
(Foto di copertina: X UNRWA).
Traduzione per InfoPal di Aisha T. Bravi
25/7/2024 https://www.infopal.it/
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