Gli Stati Uniti bloccano la proposta di una patrimoniale globale sui super ricchi

La proposta di introdurre misure fiscali che colpiscano i patrimoni dei super-ricchi, avanzata negli scorsi giorni in sede di riunione dei ministri del G20, è stata affossata dagli Stati Uniti. Secondo la sottosegretaria al Tesoro Janet Yellen, infatti, è «preferibile che ciascun Paese si occupi del proprio sistema fiscale», in ragione delle difficoltà derivanti dal realizzare il coordinamento globale per un’iniziativa di tal genere. Su posizioni analoghe è sembrata posizionarsi anche l’UE, con il commissario Paolo Gentiloni che ha dichiarato che «si tratta di una competenza dei singoli Paesi, difficile da superare con schemi globali». Viene così stroncata la richiesta formulata dal Brasile ed appoggiata da diversi Stati del Sud globale, ma anche da Francia e Spagna, di una tassa globale sui patrimoni degli uomini più ricchi della Terra. Lasciare la decisione ai singoli Stati significa infatti affossare la misura, visto che se non avrà copertura globale ogni tassazione sarà facilmente eludibile.

Sebbene circa 140 Stati abbiano già trovato l’accordo per questa imposta, la sua applicazione a livello globale – unico vero viatico per evitarne l’elusione su larga scala – ha trovato diverse resistenze. A spingere fortemente per l’introduzione di una tassa globale sui super-ricchi è il Brasile, che ha finora trovato il sostegno di Francia, Spagna, Sudafrica, Colombia e Unione Africana. Simbolo di questa battaglia è sicuramente il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, che la settimana scorsa, in occasione del lancio di un’iniziativa per combattere la fame nel mondo, aveva dichiarato che «alcuni individui controllano più risorse di interi Paesi» e che «al vertice della piramide i sistemi fiscali non sono più progressivi, ma regressivi». Proprio in occasione del vertice del G20 tra i ministri dell’economia tenutosi a Rio de Janeiro tra giovedì 25 e venerdì 26 luglio, il Brasile aveva lanciato ufficialmente la proposta di una tassa globale sui patrimoni degli ultra-miliardari fissata al 2%, con l’obiettivo di ridurre le disuguaglianze economiche e finanziare servizi pubblici essenziali. Nonostante le ritrosie manifestate dell’apparato governativo statunitense, il documento finale ha effettivamente previsto una discussione sulla eventualità di tassare i “super-ricchi”. Nel frattempo, Fernando Haddad, ministro dell’economia del Brasile, ha affermato che la dichiarazione di venerdì scorso ha rappresentato solo un «primo passo», aggiungendo che i membri del G7 «cercheranno di impegnarsi in modo cooperativo per garantire che gli individui con un patrimonio netto ultra-elevato siano effettivamente tassati». La presa di posizione USA ha, però, frenato gli entusiasmi.

Se nei confronti delle multinazionali sono già presenti forme di tassa globale minima, l’eventuale introduzione di una misura fiscale verso i patrimoni individuali dei “super-ricchi” risulta ancora oggetto di discussione. A favore di essa si sono mossi molti Paesi e altrettante associazioni, tra cui Oxfam, che in Italia ha anche lanciato una raccolta firme per «introdurre un’imposta europea sui grandi patrimoni» così da «finanziare sanità, scuola, lavoro e lotta ai cambiamenti climatici»; analoga proposta – che ha raggiunto un milione e mezzo di firme – è stata lanciata dalla piattaforma globale di Oxfam assieme ad altre organizzazioni, proprio in occasione degli incontri di Rio. In generale, i promotori di queste iniziative portano a sostegno dell’introduzione di una tassa sui patrimoni la sostanziale iniquità nella distribuzione della ricchezza. Secondo un rapporto commissionato dal Brasile all’economista francese Gabriel Zucman, attualmente i miliardari pagano in tasse l’equivalente dello 0,3% della loro ricchezza: una tassa del 2% farebbe guadagnare a livello globale da circa 3mila individui tra i 200 miliardi di dollari (184 miliardi di euro) e i 250 miliardi di dollari (230 miliardi di euro) all’anno.

Stefano Baudino

30/7/2024 https://www.lindipendente.online/

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