L’infrastruttura giuridica e politica dell’irregolarità: l’Italia
PH:MEDU
Nel rapporto si evidenzia come i vari governi abbiano contribuito alla “produzione di irregolarità”
«» è un rapporto 1 che fa parte del progetto ‘I-CLAIM: Improving the living and labour conditions of irregularised migrant households in Europe’, il cui obiettivo è esaminare le condizioni di vita e di lavoro delle persone migranti in situazioni di irregolarità, le cause che determinano e amplificano tali circostanze, e il loro impatto sulle dinamiche familiari di queste persone.
La ricerca, curata da Letizia Palumbo e Sabrina Marchetti (Università Ca’ Foscari di Venezia), mette al centro il concetto di “infrastrutture dell’irregolarità” (Sigona et al. 2021), prodotto e modellato dall’intreccio dei regimi migratori, del lavoro e del welfare, al fine di richiamare l’attenzione sull’insieme delle politiche, leggi, pratiche, narrazioni, sia a livello nazionale che regionale/locale, che intervengono per dare forma a configurazioni contingenti e situate di irregolarità 2.
I settori chiave sui quali la ricerca si focalizza sono l’agricoltura e il lavoro domestico.
Entrambi i settori risultano dipendenti dall’impiego di una forza lavoro migrante razzializzata, con una forte connotazione di genere e giuridicamente stratificata, caratterizzati da scarse tutele, elevati tassi di lavoro irregolare e diffuse pratiche di sfruttamento.
La ricerca è composta da tre sezioni.
La prima sezione fornisce una panoramica delle tendenze e delle caratteristiche generali dello specifico contesto nazionale dell’irregolarità in Italia.
La seconda sezione si concentra sui quadri giuridici e politici pertinenti, sottolineando le sfide affrontate dalle persone migranti senza permesso di soggiorno o con uno status giuridico precario in relazione all’accesso ai diritti fondamentali, in particolare per quanto riguarda l’occupazione, l’assistenza sanitaria e l’alloggio.
Infine, la terza sezione esplora come “l’irregolarità” viene prodotta e modellata andando a influenzare e a costituire una costante precarizzazione delle vite delle persone migranti.
A partire dagli anni ’90, la questione migratoria è stata fortemente politicizzata in Italia, portando alla progressiva introduzione di leggi e politiche migratorie restrittive in risposta a un significativo aumento del numero di lavoratori e lavoratrici migranti nel mercato del lavoro nazionale (Colucci 2018).
Emblematica, a questo proposito, è stata l’adozione della legge 189/2002, la cosiddetta “Bossi-Fini”. Come spiega dettagliatamente l’avvocata Nazzarena Zorzella, “dall’attuazione della legge Bossi-Fini in poi, c’è stato uno sforzo deliberato per rendere più precario lo status giuridico delle persone migranti, soprattutto dei lavoratori migranti. Ciò è stato ottenuto intrecciando strettamente i permessi di soggiorno, il lavoro e l’alloggio. Di conseguenza, queste misure hanno portato a condizioni precarie per i migranti, che ricevono contratti di lavoro insicuri legati alla durata dei loro permessi”.
Il ruolo significativo dei beneficiari di protezione internazionale e, più in generale, dei richiedenti asilo, molti dei quali sono impiegati in settori chiave del mercato del lavoro nazionale, come l’agricoltura (Dines e Rigo 2016; Omizzolo 2020), sfida le categorie prevalenti nei discorsi giuridici e politici sulla migrazione. Rivela, ad esempio, i limiti di una distinzione rigida tra “migrazione economica” e “migrazione forzata” (Jubilut e Casagrande 2019).
La ricerca dimostra in maniera capillare come la produzione legislativa, dalla Turco-Napolitano fino all’ultimo “Decreto Cutro” abbia avuto come matrice principale quella di non regolarizzare il fenomeno migratorio, ma al contrario stringere sempre di più le maglie d’ingresso e soprattutto di permanenza sul territorio italiano, salvo poi, ciclicamente, rivolgersi a decreti temporanei, strumenti con i quali diversi governi hanno cercato di tamponare l’emergenza di manodopera all’interno del paese, evitando ogni volta di costituire un sistema organico volto a chiarire la normativa e a facilitare le vite delle persone che quelle leggi le subiscono.
A tal proposito, l’avvocata Roberta Aria, sottolinea come “sono numerose le persone migranti arrivate in Italia con il Decreto Flussi che non hanno potuto regolarizzare il loro status per molti mesi. Questo è causato da differenti ragioni, come ad esempio la mancata rintracciabilità dei datori di lavoro che hanno fatto inizialmente domanda per portarli in Italia. Di conseguenza, pur essendo arrivate in Italia con un visto valido, non riescono a ottenere il contratto di lavoro per il quale sono venute sul nostro territorio”.
A partire dagli anni ’80, diversi governi italiani hanno periodicamente adottato schemi di regolarizzazione per i lavoratori irregolari al fine di gestire la migrazione (lavorativa).
Qui di seguito mostriamo la tabella che disegna le misure adottate in questo senso.
La terza sezione del report pone l’attenzione su come le condizioni di irregolarità siano il prodotto congiunto di diversi fattori, in particolare nel mondo del lavoro domestico/di cura e quello relativo al lavoro agricolo, adottando una prospettiva di genere nell’analizzare le differenti questioni.
Il crescente ricorso alla forza lavoro migrante è servito a sostenere lo sviluppo capitalistico del sistema agroalimentare (Corrado et al 2016). In un contesto di continua intensificazione, capitalizzazione e innovazione della produzione e della trasformazione agroalimentare, molte aziende hanno fatto sempre più ricorso a una forza lavoro migrante a basso salario, flessibile e sfruttabile per far fronte alle pressioni sul mercato e sui prezzi da parte dei grandi gruppi della distribuzione (Corrado et al. 2018).
Questo sistema è stato facilitato da particolari caratteristiche del lavoro agricolo, come la sua stagionalità e il fatto che storicamente è stato caratterizzato da deboli tutele del lavoro e da alti tassi di lavoro sommerso. Allo stesso tempo, come nel caso del lavoro domestico e di cura, questo sistema sfrutta le situazioni di vulnerabilità di alcuni lavoratori migranti e il loro debole potere contrattuale, che sono a loro volta conseguenze della legislazione e delle politiche nazionali in materia di migrazione, diritti sociali e del lavoro.
In circostanze caratterizzate da una significativa invisibilità, emarginazione e dipendenza dai datori di lavoro o da intermediari illegali (i cosiddetti “caporali”), le dinamiche di sfruttamento lavorativo sperimentate dalle lavoratrici sono spesso accompagnate da ricatti sessuali e abusi (Palumbo e Sciurba 2018; Palumbo 2022; ActionAid 2022).
Vivono con i loro figli in rifugi fatiscenti vicino alle serre in cui lavorano. In alcuni contesti rurali, anche i figli delle lavoratrici sono soggetti a queste condizioni; ad esempio, a Ragusa, in Sicilia, le lavoratrici agricole migranti sono spesso soggette a dinamiche di abuso e sfruttamento (Save the Children 2023).
Insulti verbali, ricatti, molestie e varie forme di violenza – psicologica, verbale, fisica e sessuale – sono una realtà pervasiva nella vita quotidiana di numerose lavoratrici (si veda, ad esempio, ActionAid 2022).
Spesso le lavoratrici che si oppongono agli abusi dei datori di lavoro (o dei familiari dei datori di lavoro) e/o degli intermediari sono soggette a minacce, come la possibilità di essere licenziate, di non essere pagate o di avere meno giorni lavorativi dichiarati. L’isolamento e le limitazioni agli spostamenti, soprattutto per quanto riguarda le lavoratrici domestiche e di cura conviventi e le braccianti agricole migranti, aggravano ulteriormente queste dinamiche (Sciurba 2015; Palumbo 2022).
La ricerca, preziosa e puntuale, sottolinea come sebbene negli ultimi anni vi siano stati diversi interventi volti ad affrontare lo sfruttamento dei lavoratori migranti e le loro cattive condizioni di vita, questi sono consistiti principalmente in azioni a breve termine e basate su progetti, che rischiano di prolungare e riprodurre le stesse dinamiche che intendono contrastare, senza sostenere cambiamenti strutturali.
- Scarica il rapporto (eng)
- Il tritacarne legislativo italiano sulla pelle delle persone migranti. È necessario decostruire le ragioni per cui ci troviamo in questa situazione di Oiza Q. Obasuyi (Melting Pot, Luglio 2024)
Dario Ruggieri
8/8/2024 https://www.meltingpot.org/
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