Il pragmatismo (telecomandato) di Kamala
di Loretta Napoleoni
San Diego, 14 agosto 2024
Ad una cena elettorale per il binomio Harris-Walz nel Montana l’atmosfera e’ euforica. La nuova doppietta si sta godendo in pieno i vantaggi della luna di miele politica ed anche il partito si e’ rilassato. Liberatosi del vecchietto Biden, gioisce della risposta mediatica del cambio; in positivo o negativo, ogni cambiamento radicale ed inaspettato fa notizia ed alza la popolarità dei media, quindi nulla di nuovo a riguardo. E poi siamo in estate, in agosto, il mese delle vacanze durante il quale si vuole dimenticare la realta’, leggere e sognare un futuro migliore.
In questi rally elettorali estivi si parla poco, anzi per nulla, del programma politico di Kamala Harris, che nessuno conosce, e ci si concentra invece sul suo impeccabile curriculum di avvocato e procuratore dello stato della California. Walz, una sorta di orsacchiotto bianco del Minnesota, appare una bella scelta e lo si immagina gia’ vestito da Babbo Natale ai party natalizi della Casa Bianca mentre distribuisce doni ai bambini poveri. Per i fedelissimi democratici la presa che la Harris e Walz hanno sull’elettorato resta, dunque, la carriera legale della prima e la simpatia mediatica del secondo. Ma bisogna domandarsi se queste due caratteristiche sono sufficienti per convincere il resto del paese a votarli, se bastano non solo a farli eleggere ma soprattutto a governare la nazione piu’ potente e piu’ problematica al mondo. La risposta e’ sempre la stessa ‘basta che battano Trump’ al resto si penserà dopo.
Possibile che il partito democratico sia talmente vittima della polarizzazione Trumpiana da disinteressarsi ai temi veri della battaglia politica. La risposta e’ negativa. Il partito non e’ indifferente alla battaglia politica vera, una volta raggiunto l’obiettivo primario, entrare alla Casa Bianca e battere Trump, la procuratrice e l’orsacchiotto saranno telecomandati dalle forze vincenti all’interno del partito che continueranno a fare cio’ che hanno fatto fino ad ora, governare il paese.
A tal fine Kamala Harris e’ perfetta. Il motivo per il quale nessuno conosce la sua visione politica e’ perche’ non esiste. Il suo record di voto, secondo DW-NOMINATE, un metodo sviluppato da scienziati politici per calcolare i voti dei membri del Congresso, l’ha resa uno dei membri più a sinistra del Senato mentre ne faceva parte, superata solo da Elizabeth Warren. Harris ha co-sponsorizzato il Green New Deal e il Medicare for All Act del senatore Bernie Sanders. Ha anche votato contro l’USMCA, il sostituto del NAFTA di Trump. Ciononostante, il suo nome non e’ mai stato associato a nessuna vera battaglia promossa dalla sinistra del partito. A detta di molti colleghi, Kamala Harris ha votato in funzione del suo ruolo di senatore del liberalissimo stato della California, ha votato quello che chi l’aveva eletta voleva che votasse. Da vice presidente ha fatto tutto cio’ che doveva fare, rimanere costantemente nell’orbita di Biden.
Kamala eccelle quando viene telecomandata perche’ e’ essenzialmente pragmatica. Tutta la carriera che l’ha portata fino alla nomination del 2024 e’ stata improntata al pragmatismo, schivando sempre l’ideologia ed adattandosi ai cambiamenti di ruolo. In questo Kamala Harris e’ molto simile a Joe Biden, il centrista per antonomasia, l’uomo che nella vita ha fatto sempre la stessa cosa, il politico burocrate. Ma nella corsa alla Casa Bianca del 2020 l’assenza di ideologia e di una visione alternativa allo status quo e’ stato il tallone d’Achille di Kamala Harris. Se Biden non l’avesse scelta come vicepresidente, oggi nessuno ricorderebbe il suo nome ne’ che cosa ha fatto.
Tra un paio di settimane, quando gli americani si lasceranno alle spalle l’estate del 2024, Kamala Harris dovra’ formulare una sua visione personale dimostrando di essere in grado di guidare la nazione invece di adattarsi al ‘consenso della maggioranza al potere’ o al ruolo che ricopre. Bidenomics, ad esempio, e’ impopolare ma al partito piace perche’ rappresenta la versione 2.0 delle vecchie politiche economiche degli anni Novanta e Duemila. Abbandonare questa politica vuol dire proporre qualcosa di diverso ed andare contro il partito. Nel primo caso ci si domanda se Kamala Harris sia in grado di abbracciare pubblicamente come candidato presidenziale il radicalismo di Bernie o della Warren, è in fondo questa l’unica alternativa che ha. Se lo facesse sarebbe facile preda dell’avversario Trump che l’ha gia’ definita ‘comunista’. Rimanere fedele a Bidenomics pero’ la esporrebbe alle critiche sulla conduzione dell’economia reputata pessima (si pensi all’inflazione) da una buona fetta dell’elettorato.
C’e’ poi la questione del Medio Oriente e dell’Ucraina, il ruolo degli USA in queste aeree geografiche ha stancato gli americani che non ne vogliono piu’ sapere e che soprattutto non hanno voglia di finanziare guerre lontane. Anche in questo caso la Harris dovrà esprimersi e rischiare serie critiche.
I nodi verranno al pettine in autunno, specialmente nei dibattiti tra i due candidati presidenziali. Allora la magistrale abilità retorica della ex procuratrice della California potrebbe non essere sufficiente a mettere a nudo l’assurdità del pragmatismo quale principale caratteristica positiva del futuro presidente degli Stati Uniti.
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