La ICJ stabilisce che il BDS non è solo un diritto, ma anche un obbligo

L’autorevole sentenza della Corte internazionale di giustizia sull’occupazione israeliana chiarisce che il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni contro l’occupazione, la colonizzazione e l’apartheid israeliani non sono solo un imperativo morale, ma anche un obbligo legale.

Fonte: English version

di Craig Mokhiber  – 13 agosto 2024

Immagine di copertina: Attivisti BDS a New York – Foto: Joe Catron

Da anni Israele e la sua lobby sono impegnati in una frenetica attività per sottrarre ulteriormente Israele alle sue responsabilità, usando la propria influenza in Occidente per mettere al bando l’opposizione organizzata a Israele. Il primo di questi sforzi è stata la campagna israeliana per penalizzare le richieste di boicottaggio, disinvestimento e sanzione di Israele per le sue gravi violazioni dei diritti umani. Di conseguenza, innumerevoli leggi e politiche sono ora in vigore negli Stati Uniti e in tutto l’Occidente, calpestando i principi costituzionali fondamentali e i diritti umani garantiti a livello internazionale in difesa dell’impunità israeliana. Ma un parere consultivo emesso il mese scorso dalla Corte internazionale di giustizia (CIG) dovrebbe contribuire a cambiare le cose.

Nella sua storica sentenza, la Corte Internazionale di Giustizia ha stabilito che l’occupazione israeliana della Cisgiordania, di Gerusalemme Est e di Gaza è del tutto illegale, che Israele pratica l’apartheid e la segregazione razziale e che tutti gli Stati hanno il dovere di contribuire a porvi fine, anche interrompendo tutte le relazioni economiche, commerciali e di investimento con Israele nei Territori Palestinesi Occupati. In altre parole, per una questione di diritto internazionale, tutti i Paesi sono obbligati a partecipare a un boicottaggio economico delle attività di Israele nei Territori palestinesi occupati e a disinvestire da qualsiasi relazione economica esistente in quei territori.

Poiché la Corte era vincolata ai parametri della richiesta dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che ha dato il via alle sue conclusioni, non ha affrontato i doveri e gli obblighi relativi alle attività all’interno della Linea Verde del 1948. Tuttavia, l’autorevole dichiarazione della Corte sui requisiti del diritto internazionale rende chiaro che i sostenitori del BDS non solo hanno una ragione morale, ma anche una solida base nel diritto internazionale.

Il parere consultivo della Corte di luglio arriva dopo l’avvio di un procedimento per genocidio contro Israele presso la Corte internazionale di giustizia, lo scorso dicembre, e la richiesta di maggio da parte del Procuratore della Corte penale internazionale di mandati di arresto per il Primo ministro israeliano e il Ministro della Difesa per crimini contro l’umanità, tra cui lo sterminio. Insieme, rappresentano un cambiamento storico rispetto a 76 anni di eccezionalismo e impunità israeliana sponsorizzati dall’Occidente, alimentando la speranza di una nuova era di responsabilità.

Consapevoli di ciò, Israele e i suoi alleati occidentali accusati di complicità nei crimini internazionali di Israele (primi fra tutti, Stati Uniti, Regno Unito e Germania) hanno cercato di opporsi, ritardare e ostacolare l’azione di questi tribunali, sia intervenendo nei procedimenti giudiziari sia, in alcuni casi, minacciando i funzionari della Corte. In effetti, il processo per il mandato della CPI ha già subito un ritardo eccessivo rispetto ai casi precedenti. Tuttavia, da parte sua, il parere consultivo della CIG è stato tempestivo e intransigente nell’applicazione del diritto internazionale a Israele.

Israele e i suoi alleati sostengono anche che i pareri consultivi della Corte internazionale di giustizia sono “non vincolanti” e che la Corte non può obbligare uno Stato a rispettare le sue conclusioni. Ma ciò che questa tesi ignora è che le leggi a cui la Corte fa riferimento nel suo autorevole parere sono, di fatto, vincolanti per tutti gli Stati. Per esempio, la Corte ha osservato che il diritto dei palestinesi all’autodeterminazione, i loro diritti ai sensi del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto umanitario, e il divieto di acquisizione del territorio da parte di Israele con la forza impongono obblighi cosiddetti “erga omnes”, cioè obblighi vincolanti che si applicano a tutti i Paesi.

Tra questi obblighi vi sono il dovere di non riconoscere o assistere in alcun modo l’occupazione e il dovere di agire per realizzare gli uguali diritti e l’autodeterminazione del popolo palestinese. Ne consegue che qualsiasi politica o atto da parte di un Paese occidentale che riconosca in qualche modo l’occupazione di Israele, che assista Israele in tale occupazione (economicamente, militarmente, diplomaticamente, ecc.) o che proibisca alle persone sotto la sua giurisdizione di rispettare il diritto internazionale boicottando o disinvestendo dall’occupazione illegale di Israele, sarebbe illegale.

Naturalmente gli Stati Uniti, che da tempo ignorano i vincoli del diritto internazionale e hanno investito decenni di sforzi per ritagliare un’eccezione per l’impunità israeliana, probabilmente rifiuteranno le conclusioni del tribunale e si opporranno alla risoluzione di attuazione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che si prevede seguirà. Alcuni altri Stati occidentali investiti nell’asse israeliano, come il Regno Unito e la Germania, potrebbero seguire l’esempio. Ma è probabile che la maggior parte dei Paesi, compresi gli altri Stati occidentali, modificherà le proprie politiche per garantire la conformità legale.

I gruppi e gli individui presi di mira dai tentativi di penalizzare il BDS o di costringere le persone a rifiutarlo avranno ora un nuovo importante strumento nel loro arsenale legale per far valere i loro diritti a livello amministrativo o giudiziario. Possono ora invocare l’autorevole sentenza della Corte mondiale per affermare in modo credibile che partecipare al boicottaggio, al disinvestimento e alle sanzioni contro l’occupazione, la colonizzazione e l’apartheid israeliani non è solo un imperativo morale e un diritto costituzionale e umano, ma anche un obbligo legale internazionale.

Craig Mokhiber è un avvocato internazionale specializzato in diritti umani ed ex alto funzionario delle Nazioni Unite. Ha lasciato le Nazioni Unite nell’ottobre del 2023, scrivendo una lettera molto letta che avvertiva del genocidio a Gaza, criticava la risposta internazionale e chiedeva un nuovo approccio alla Palestina e a Israele basato sull’uguaglianza, sui diritti umani e sul diritto internazionale.

Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org

18/8/2024 https://www.invictapalestina.org

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