“Ordine da Amazon”: come i giganti della tecnologia stanno immagazzinando grandi quantità di dati per la guerra di Israele

972mag.com. Un’indagine rivela che l’esercito israeliano sta utilizzando il servizio cloud di Amazon per immagazzinare informazioni di sorveglianza sulla popolazione di Gaza, mentre sta acquisendo ulteriori strumenti di intelligenza artificiale da Google e Microsoft per scopi militari. 

Il 10 luglio, il comandante dell’unità militare israeliana Center of Computing and Information Systems, che fornisce elaborazione dati per tutto l’esercito, ha parlato a una conferenza intitolata “IT for IDF” a Rishon Lezion, vicino a Tel Aviv. Nel suo discorso, davanti a un pubblico composto da circa 100 militari e addetti, di cui +972 Magazine e Local Call hanno ottenuto una registrazione, il colonnello Racheli Dembinsky ha confermato pubblicamente per la prima volta che l’esercito israeliano sta utilizzando servizi di cloud storage e intelligenza artificiale forniti da giganti della tecnologia civile nella sua aggressione in corso nella Striscia di Gaza. Nelle diapositive presentate durante la lezione da Dembinsky, i loghi di Amazon Web Services (AWS), Google Cloud e Microsoft Azure sono comparsi due volte.

Il cloud storage è un mezzo usato per conservare esternamente grandi quantità di dati digitali, spesso su server gestiti da un fornitore terzo. Dembinsky ha inizialmente spiegato che la sua unità dell’esercito, nota con l’acronimo ebraico Mamram, utilizzava già un “cloud operativo” ospitato su server militari interni, anziché su cloud pubblici gestiti da aziende civili. Ha descritto questo cloud interno come una “piattaforma di supporto” che include applicazioni utilizzate per contrassegnare obiettivi da bombardare, un portale per visualizzare filmati in diretta da UAV nei cieli di Gaza, nonché sistemi di fuoco, comando e controllo.

Ma con l’inizio dell’invasione terrestre di Gaza da parte dell’esercito israeliano, alla fine di ottobre 2023, ha continuato Dembinsky, i sistemi militari interni sono diventati rapidamente sovraccarichi a causa dell’enorme numero di soldati e personale militare che sono stati aggiunti alla piattaforma come utenti, causando problemi tecnici che hanno minacciato di rallentare le funzioni militari di Israele.

Un primo tentativo di risolvere il problema, ha spiegato Dembinsky, ha comportato l’attivazione di tutti i server di riserva a disposizione dell’esercito e la creazione di un nuovo data center, ma non è stato sufficiente. Hanno deciso che avevano bisogno di “rivolgersi all’esterno, al mondo civile”. Secondo lei, i servizi cloud offerti dalle principali aziende tecnologiche hanno consentito all’esercito di acquistare server di archiviazione ed elaborazione illimitati con un semplice clic, senza l’obbligo di archiviare fisicamente i server nei centri informatici dell’esercito.

Ma il vantaggio “più significativo” fornito dalle aziende cloud, ha affermato Dembinsky, è stata la loro sofisticata capacità di intelligenza artificiale. “L’enorme disponibilità di servizi, big data e IA: siamo arrivati a un punto in cui i nostri sistemi ne hanno veramente bisogno”, ha affermato con un sorriso. Collaborare con queste aziende, ha aggiunto, garantisce all’esercito “un’efficacia operativa notevole” nella Striscia di Gaza.

Dembinsky non ha specificato quali servizi sono stati acquistati dalle aziende cloud o in che modo abbiano aiutato l’esercito. In un commento rilasciato a +972 e Local Call, l’esercito israeliano ha sottolineato che le informazioni classificate e i sistemi di attacco archiviati sul cloud interno non sono stati spostati sui cloud pubblici forniti dalle aziende tecnologiche.

Tuttavia, un’ulteriore indagine di +972 e Local Call ha rivelato che l’esercito israeliano ha di fatto archiviato alcune informazioni di intelligence, raccolte tramite la sorveglianza di massa della popolazione di Gaza, su server gestiti da AWS di Amazon. L’indagine ha anche rivelato che, dall’inizio della guerra di Gaza, alcuni provider di cloud hanno fornito una vasta gamma di capacità e servizi di intelligenza artificiale alle unità dell’esercito israeliano.

Fonti del Ministero della Difesa israeliano, della sua industria di armi, delle tre società cloud e di sette funzionari dell’intelligence israeliana, coinvolti nell’operazione dall’inizio dell’invasione terrestre in ottobre, hanno raccontato a +972 e Local Call in che modo l’esercito si procura risorse del settore privato per migliorare le sue capacità tecnologiche in tempi di guerra. Secondo tre fonti di intelligence, la cooperazione dell’esercito con AWS è particolarmente stretta: il gigante del cloud fornisce alla direzione dell’intelligence militare israeliana un centro di server utilizzato per archiviare grandi quantità di informazioni di intelligence che assistono l’esercito nella guerra.

Secondo diverse fonti, la capacità esponenziale del sistema cloud pubblico AWS consente all’esercito di avere “spazio di archiviazione infinito” per conservare informazioni di intelligence su quasi “tutti” gli abitanti di Gaza. Una fonte che ha utilizzato il sistema basato su cloud durante la guerra in corso ha descritto di aver effettuato “ordini da Amazon” per ottenere informazioni durante lo svolgimento delle proprie attività operative e di aver lavorato con due schermi, uno collegato ai sistemi privati dell’esercito e l’altro collegato ad AWS.

Fonti militari contattate da +972 e Local Call hanno evidenziato che l’entità delle informazioni raccolte con la sorveglianza di tutti i residenti palestinesi di Gaza è talmente ingente che non può essere archiviata solo sui server militari. In particolare, secondo fonti di intelligence, si sono rese necessarie capacità di archiviazione e potenza di elaborazione molto più esaurienti per conservare miliardi di file audio (a differenza delle sole informazioni testuali o ai metadati), il che ha costretto l’esercito a rivolgersi ai servizi cloud offerti dalle aziende tecnologiche.

La grande quantità di informazioni archiviate nel cloud di Amazon, come testimoniato da fonti militari, ha persino aiutato in alcune occasioni a verificare gli attacchi aerei effettuati a Gaza, attacchi che avrebbero ucciso e ferito anche civili palestinesi. Nel complesso, la nostra indagine espone ulteriormente alcuni dei modi attraverso cui le principali aziende tecnologiche stanno contribuendo all’attuale guerra di Israele contro Gaza, una guerra che è stata citata dai tribunali internazionali per sospetti crimini di guerra e crimini contro l’umanità in territori occupati illegalmente.

“Paghi un milione di dollari e hai mille server in più”.

Nel 2021, Israele ha firmato un contratto congiunto con Google e Amazon denominato “Project Nimbus”. L’obiettivo dichiarato dell’accordo economico aggiudicato tramite gara d’appalto, del valore di 1,2 miliardi di dollari, è quello di incoraggiare i ministeri dei governi a trasferire i loro sistemi informativi sui server cloud pubblici delle aziende vincitrici per ricevere in cambio sofisticati servizi all’avanguardia.

L’accordo è stato molto contestato, con centinaia di lavoratori di entrambe le aziende che, dopo pochi mesi dalla sua firma, hanno sottoscritto una lettera aperta chiedendo di tagliare i legami con l’esercito israeliano. Le proteste dei dipendenti di Amazon e Google si sono via via intensificate dal 7 ottobre, organizzate sotto lo slogan “No Tech For Apartheid”. Ad aprile, Google, per un breve periodo indicata come sponsor della conferenza “IT For IDF” – nella quale ha parlato Dembinsky – prima che il suo logo venisse rimosso, ha licenziato 50 membri dello staff per aver partecipato a una protesta presso gli uffici dell’azienda a New York.

I media hanno affermato che l’esercito israeliano e il Ministero della Difesa avrebbero caricato sul cloud pubblico solo materiali non riservati, nell’ambito del “Progetto Nimbus”. Ma la nostra indagine rivela invece che, almeno dall’ottobre 2023, grandi aziende hanno fornito servizi di archiviazione dati e intelligenza artificiale alle unità dell’esercito che riguardano anche informazioni riservate. Diverse fonti della sicurezza hanno riferito a +972 e Local Call che le pressioni sull’esercito israeliano, soprattutto da ottobre, hanno portato ad un aumento enorme nell’acquisto di servizi da Google Cloud, AWS di Amazon e Microsoft Azure. La maggior parte delle acquisizioni è stata effettuata dalle prime due aziende tramite il contratto Nimbus.

Una fonte della sicurezza ha spiegato che all’inizio della guerra i sistemi dell’esercito israeliano erano talmente sovraccarichi da dover prendere in considerazione il trasferimento di un sistema di intelligence, che è servito come base per molti attacchi contro Gaza, ai server del cloud pubblico. “Vi era un numero 30 volte superiore al dovuto di utenti, quindi è semplicemente andato in crash“, ha detto la fonte a proposito del sistema di intelligence.

“Quello che succede nel cloud [pubblico]”, ha continuato la fonte, “è che premi un pulsante, paghi altri mille dollari quel mese e hai 10 server. È iniziata una guerra? Paghi un milione di dollari e hai mille server in più. Questa è la potenza del cloud. Ed è per questo che [durante la guerra] le persone nel IDF hanno decisamente insistito per poter lavorare con il cloud. Era veramente una situazione problematica”.

Il progetto Nimbus ha risolto questo problema. Nell’ambito delle condizioni della gara d’appalto, le due aziende vincitrici, Google e Amazon, hanno istituito dei centri elaborazione dati in Israele rispettivamente nel 2022 e nel 2023. Anatoly Kushnir, co-fondatore dell’azienda tecnologica israeliana Comm-IT, che da ottobre aiuta le unità militari a migrare verso il cloud, ha spiegato a +972 e Local Call che Nimbus “ha creato un’infrastruttura” di centri informatici avanzati sotto la giurisdizione israeliana.

Ha poi aggiunto che, durante la guerra, questa struttura ha reso più facile l’archiviazione delle informazioni nel cloud da parte “degli organi della sicurezza, anche di quelli più sensibili”, senza timore dei tribunali esteri che, verosimilmente, potrebbero richiedere i dat i in caso di una causa legale contro Israele.

“Durante la guerra,” ha continuato Kushnir, “sono venute a crearsi delle esigenze [nell’esercito] che non esistevano [prima], ed è stato molto più facile implementarle [utilizzando] questa infrastruttura, perché è l’infrastruttura di un proprietario globale che può fornire tutti i servizi, dal più semplice al più complicato”. Queste aziende, ha poi aggiunto, hanno fornito all’esercito israeliano “i servizi più all’avanguardia” a loro disposizione, che sono stati utilizzati nell’attuale guerra contro la Striscia di Gaza.

Questo drastico cambiamento nelle procedure dell’esercito ha subito una notevole accelerazione dall’inizio della guerra. In passato, ha detto Kushnir, l’esercito si affidava principalmente a sistemi sviluppati autonomamente, noti come on-prem (abbreviazione di on premises). Ma questo significava che avrebbe dovuto aspettare mesi, se non anni, per creare nuovi servizi dei quali era privo o carente. Nel cloud pubblico, d’altro canto, le capacità di intelligenza artificiale, l’archiviazione e l’elaborazione sono “molto più accessibili”.

Descrivendo i propri commenti, Kushnir ha spiegato che “le informazioni veramente sensibili, i dati più confidenziali, non ci sono [sul cloud civile]. L’aspetto operativo sicuramente non c’è. Ma vi sono conservati dati di intelligence solo parziali”.

Eppure, anche all’interno dell’esercito, alcuni hanno espresso preoccupazioni sulle possibili violazioni dei dati. “Quando hanno iniziato a parlarci del cloud e abbiamo chiesto se non ci fossero problemi di sicurezza informatica nell’inviare le nostre informazioni a una società terza, ci è stato risposto che questo [rischio] è minimo rispetto al vantaggio derivante dal suo utilizzo”, ha affermato una fonte dell’intelligence.

“Il cloud contiene informazioni su chiunque”.

Fonti hanno riferito a +972 e Local Call che la maggior parte delle informazioni di intelligence dell’esercito israeliano sui militari palestinesi sono archiviate nei computer interni dell’esercito piuttosto che nel cloud pubblico, che è connesso a Internet. Tuttavia, secondo tre fonti della sicurezza, uno dei sistemi di dati utilizzati dalla direzione dell’intelligence militare israeliana è archiviato nel cloud pubblico di Amazon, AWS.

L’esercito utilizza questo sistema a Gaza per la sorveglianza su vasta scala almeno dalla fine del 2022, ma non era considerato particolarmente operativo prima dell’attuale guerra. Ora, secondo queste fonti, il sistema Amazon contiene un “archivio infinito” di informazioni che l’esercito può utilizzare.

Fonti della difesa hanno affermato che le informazioni di intelligence conservate su AWS sono ancora considerate “trascurabili”, per quel che riguarda il loro utilizzo operativo, rispetto a quelle conservate nei sistemi interni dell’esercito. Tuttavia, tre fonti, che hanno preso parte anche agli attacchi dell’esercito, hanno affermato che AWS è stato utilizzato in diversi casi per fornire “informazioni supplementari” prima degli attacchi aerei contro presunti militari, alcuni dei quali hanno ucciso anche molti civili.

Come hanno rivelato +972 e Local Call in un’indagine precedente, l’esercito israeliano ha autorizzato l’uccisione di “centinaia di civili” in attacchi contro comandanti di alto rango di Hamas, con grado di comandante di brigata e talvolta persino di battaglione. In alcuni di questi casi, hanno spiegato fonti della sicurezza, il cloud di Amazon è stato reso operativo.

Le fonti hanno affermato che il sistema basato su AWS è particolarmente utile per l’intelligence israeliana perché può contenere informazioni “su chiunque”, senza limitazioni di archiviazione. A volte, ciò ha fornito vantaggi operativi: una fonte di intelligence ha descritto un momento “davvero decisivo” durante la guerra, quando l’esercito ha localizzato un membro di alto rango dell’ala militare di Hamas all’interno di un edificio a più piani, popolato da centinaia di rifugiati e malati. La fonte ha descritto l’utilizzo di AWS per raccogliere informazioni su chi si trovasse nell’edificio. L’attacco, ha detto, è stato infine interrotto perché non era chiaro esattamente dove si nascondesse il militare di alto rango e l’esercito temeva che portarlo a termine avrebbe danneggiato ulteriormente l’immagine di Israele.

“Il cloud [Amazon] è uno spazio di archiviazione infinito”, ha affermato un’altra fonte dell’intelligence israeliana. “Esistono ancora i normali server [dell’esercito] che sono piuttosto grandi… Ma durante la raccolta di informazioni, a volte, trovi qualcuno che ti interessa e dici: ‘Che peccato, non è incluso [tra gli obiettivi della sorveglianza], non ho informazioni su di lui’. Ma il cloud ti fornisce informazioni su di lui, perché il cloud ha [informazioni su] chiunque”.

In passato, di solito l’esercito avrebbe eliminato le informazioni inutili accumulate nei suoi database per fare spazio a nuove informazioni. Ma nella sua lezione del 10 luglio, Dembinsky ha osservato che l’esercito sta lavorando da ottobre per “salvaguardare, salvare e archiviare tutto il materiale di guerra”. Una fonte della sicurezza ha confermato che è effettivamente così, riconoscendo alle aziende di cloud pubblico l’incremento dello spazio di archiviazione.

Un altro importante motivo che ha convinto l’esercito israeliano a cooperare con i giganti del cloud sono le loro capacità di intelligenza artificiale e le fattorie di server di unità di elaborazione grafica (GPU) che le supportano. Una fonte di intelligence, che ha partecipato alle discussioni sul trasferimento dell’intelligence militare sul cloud pubblico, ha affermato che i loro superiori “hanno spiegato che, se migrassero sul cloud, [le aziende cloud] avrebbero anche le loro STT [capacità di riconoscimento vocale]. Sono buone; hanno ampie capacità. Perché sviluppare tutto nell’unità dell’esercito se le capacità esistono già?”.

Il processo del lavoro illustrato a +972 e Local Call dagli ufficiali dell’intelligence, ovvero “ordinare” i dati del cloud pubblico AWS per poi inviarli ad una rete militare chiusa, corrisponde ai dettagli riportati in un libro scritto nel 2021 dall’attuale comandante dell’Unità 8200, un’unità d’élite all’interno della direzione dell’intelligence militare israeliana, che recentemente il The Guardian ha rivelato essere Yossi Sariel.

“Come possono gli organi per la sicurezza usare il cloud Amazon e sentirsi sicuri?” ha scritto Sariel, proponendo come soluzione una rete speciale in cui il sistema interno dell’esercito e il cloud pubblico potessero “comunicare tra loro in modo sicuro in ogni momento”. La portata delle informazioni segrete raccolte dall’intelligence israeliana è talmente estesa, ha aggiunto, che può essere archiviata “solo in aziende come Amazon, Google o Microsoft“.

Nello stesso anno, scrivendo su una rivista di intelligence israeliana, il vice comandante dell’Unità 8200 ha chiesto “nuove partnership” con i provider di cloud pubblico, poiché le loro capacità di intelligenza artificiale sono “insostituibili” e addirittura superiori a quelle dell’esercito. Ha lasciato intendere, inoltre, che le aziende cloud trarranno vantaggio dalla partnership con l’esercito: “Aman [Military Intelligence] conserva la maggior parte dei dati nel IDF, anche quelli che riguardano i nemici, provenienti da un’ampia varietà di rilevatori, dati per i quali le aziende civili pagherebbero una fortuna per avere accesso”.

“Ciò che usa l’IDF è uno dei punti di forza per il marketing”.

Per anni, secondo fonti militari e dell’industria delle armi, Microsoft Azure è stato considerato il principale fornitore di cloud di Israele, vendendo i propri servizi al Ministero della Difesa e alle unità dell’esercito che si occupano di informazioni riservate. Secondo una delle nostre fonti, Azure avrebbe dovuto fornire all’esercito israeliano il cloud su cui sarebbero state archiviate le informazioni di sorveglianza, ma Amazon ha offerto un prezzo migliore. Fonti all’interno delle aziende cloud, che erano a conoscenza dei legami con il Ministero della Difesa israeliano, hanno affermato che da quando Amazon ha vinto la gara di appalto Nimbus, ha iniziato a competere aggressivamente con Azure, nella speranza di sostituirla come principale fornitore di servizi dell’esercito.

Kushnir, di Comm-IT, ha spiegato che in passato “molte agenzie governative e militari hanno investito parecchio nello sviluppo e nella creazione di sistemi basati su Azure“. Ma da quando Azure non ha vinto l’appalto Nimbus, ha continuato, vi è stato indubbiamente un “processo di migrazione” dal Ministero della Difesa verso i server di Google e Amazon, acceleratosi durante l’attuale guerra.

Fonti dell’industria ad alta tecnologia hanno affermato che il Ministero della Difesa israeliano è considerato un cliente importante e “strategico” per le tre società cloud. Ciò non è dovuto solo alla notevole importanza economica delle transazioni, ma anche al fatto che Israele è percepito come influente nella formazione delle opinioni tra le agenzie per la sicurezza di tutto il mondo e nel guidare le “tendenze” adottate da altre agenzie.

Una delle persone che per anni ha diretto la politica di approvvigionamento del Ministero della Difesa e ha mantenuto i contatti con i giganti del cloud è il colonnello Avi Dadon, che ha parlato con +972 e Local Call per questa inchiesta. Fino al 2023, ha diretto l’amministrazione degli acquisti per il Ministero della Difesa ed è stato responsabile di appalti militari per un importo di oltre 10 miliardi di NIS (circa 2,7 miliardi di $) all’anno.

“Per le aziende cloud, è il tipo di marketing più importante”, ha affermato Dadon. “Ciò che usa l’IDF è e sarà uno dei punti di forza per la vendita di prodotti e servizi al mondo. Per loro, è un laboratorio. Ovviamente vogliono lavorare con noi”.

Dadon ha affermato di aver partecipato a molti incontri con rappresentanti di AWS, Microsoft Azure e Google Cloud in Israele e di aver compiuto viaggi negli Stati Uniti. E’ stato anche in contatto con i giganti del cloud per una gara d’appalto segreta chiamata Project Sirius.

Di questo progetto ne aveva parlato per la prima volta il quotidiano finanziario israeliano Globes nel 2021, descrivendolo come molto più confidenziale rispetto a Nimbus ma non è ancora stato sottoscritto con nessuna delle aziende tecnologiche. Nel maggio scorso, l’esercito ha annunciato sul suo sito web che stava cercando di assumere un esperto per “lavorare con i grandi fornitori di cloud” allo scopo di “trasferire i sistemi [militari] nel cloud pubblico (Nimbus)” e per “preparare il caricamento dei sistemi operativi principali nel cloud di sicurezza”, nell’ambito della gara d’appalto Sirius.

Sirius è un cloud di sicurezza privato e fisicamente isolato [sia dalle reti pubbliche che da altre] ed è destinato solo al IDF e al Ministero della Difesa”, ha spiegato Dadon. “Ci sono state discussioni per oltre un decennio su come sarà”. Questo nuovo cloud, secondo tre fonti della sicurezza, dovrebbe essere disconnesso da Internet e costruito sull’infrastruttura dei grandi fornitori di cloud, consentendone l’utilizzo a tutte le agenzie di sicurezza israeliane per i sistemi riservati.

I servizi di cloud pubblico, secondo Dadon, hanno il potenziale per riuscire ad aumentare la letalità dell’esercito. Quando cerchi una persona da “eliminare”, spiega, “si raccolgono miliardi di dati apparentemente insignificanti. Ma devi comunque conservarli. Una volta che vuoi elaborarli, integrando il tutto in un prodotto che ti conferma che [l’obiettivo] si trova qui a quest’ora, hai cinque minuti di tempo, non tutto il giorno e la notte. Quindi ovviamente hai bisogno delle informazioni”.

“Non puoi [farlo] coi tuoi server perché devi costantemente eliminare ciò che ritieni non necessario”, continua Dadon. “In questo caso si crea uno scambio importante e complesso. Una volta caricato sul cloud, è quasi impossibile ritornare alla modalità on-prem. Si impara a conoscere un nuovo mondo. Hai già caricato informazioni relative a diversi ordini di grandezze maggiori, e come agirai ora? Inizierai ad eliminarle?”.

Come rivelato da +972 e Local Call in una precedente inchiesta, all’inizio della guerra molti attacchi di Israele contro Gaza erano basati sulle segnalazioni fornite da un programma denominato Lavender. Con l’aiuto dell’intelligenza artificiale, questo sistema elaborava informazioni sulla maggior parte dei residenti di Gaza e compilava un elenco di presunti operativi militari, compresi quelli giovani, da assassinare. Quindi, Israele li attaccava sistematicamente nelle loro case private, uccidendo intere famiglie. Col passare del tempo, l’esercito si è reso conto che Lavender non era abbastanza “affidabile” e il suo utilizzo è pertanto diminuito a favore di altri software. +972 e Local Call non hanno potuto confermare se Lavender fosse stato sviluppato anche con l’apporto di aziende civili, comprese aziende di cloud pubblico.

“Si combatte dall’interno del proprio laptop”

Nella sua lezione, Dembinsky ha definito l’attuale operazione militare a Gaza come la “prima guerra digitale”. Sebbene possa sembrare un’esagerazione, visto che anche l’offensiva del 2021 nella Striscia ha fatto uso di funzionalità digitali, fonti della difesa israeliane hanno affermato che i processi di digitalizzazione dell’esercito hanno subito una notevole accelerazione durante la guerra in corso. Secondo le stesse fonti, i comandanti sul campo si spostano con smartphone criptati, inviano messaggi in una chat operativa simile a WhatsApp (ma senza legami con questa azienda), caricano file su un’unità condivisa e utilizzano un’infinità di nuove applicazioni.

“Si combatte dall’interno del proprio laptop”, ha raccontato un ufficiale che aveva prestato servizio in una sala operativa di combattimento a Gaza. In passato, “avresti visto il bianco degli occhi del tuo nemico, avresti guardato attraverso un binocolo e lo avresti visto esplodere”. Invece oggi, quando appare un bersaglio, “ordini [ai soldati] usando il laptop, ‘Sparate col carro armato’”.

Una delle app sul cloud interno dell’esercito si chiama Z-Tube (Z è l’abbreviazione di Zahal, l’acronimo per IDF); è un sito web che assomiglia molto a Youtube, e consente ai militari israeliani di accedere alle immagini in diretta di tutti gli strumenti dell’esercito che possono acquisire filmati a Gaza, inclusi i droni. Un’altra app, chiamata MapIt, consente ai soldati di contrassegnare i bersagli in tempo reale su una mappa interattiva e condivisa. “Gli obiettivi sulla mappa sono quelli in cui si trovano i livelli maggiori”, ha confidato una fonte della sicurezza a +972 e Local Call. “Sembra che all’interno di ogni casa vi sia un obiettivo”.

Una app correlata chiamata Hunter viene utilizzata per segnalare gli obiettivi a Gaza e rilevare modelli di comportamento tramite intelligenza artificiale. È stata presentata alla conferenza “IT for IDF” dal colonnello Eli Birenbaum, comandante di un’unità nota con l’acronimo ebraico Matzpen, responsabile dello sviluppo di sistemi per usi operativi.

Il cloud interno dovrebbe essere gestito su server militari e non connesso ai cloud delle aziende private, ma diverse fonti hanno affermato che esistono metodi “sicuri” con le quali le aziende cloud civili possono fornire servizi anche ai sistemi operativi.

“L’IDF non espone pubblicamente informazioni particolarmente sensibili e riservate: queste rimangono all’interno [delle reti militari isolate]”, ha spiegato a +972 e Local Call il colonnello Assaf Navot, un ex-dirigente informatico dell’esercito e ora capo della sezione difesa di Comm-IT. Secondo lui, la sfida è quella di portare il “cervello” delle aziende cloud civili, come i servizi di intelligenza artificiale, nei sistemi interni all’esercito, “senza che esso continui a vivere all’esterno. Deve proprio vivere all’interno. Quindi non si può fare tutto in modo che sia identico a ciò che accade all’esterno, ma si riescono comunque a fare progressi enormi”. Nel 2022, Itai Binyamin, un esperto di intelligenza artificiale che all’epoca lavorava con Microsoft Azure e ora è con AWS, ha spiegato a un gruppo di laureati dell’unità Mamram di Dembinsky che questo sistema consente di “implementare le capacità di intelligenza artificiale [di Microsoft] anche localmente, sui tuoi server, in un ambiente disconnesso [da Internet]”. Nel video in cui illustra la sua tesi, Binyamin mostra ai laureati come lo strumento di riconoscimento facciale di Microsoft potrebbe analizzare un filmato di news e identificare che uno dei leader di Hamas vi appare.

Il sito web di Microsoft Azure fa riferimento a strumenti chiamati “contenitori disconnessi”, progettati appositamente per “partner strategici” che hanno bisogno di proteggere le proprie informazioni. Gli strumenti, secondo il sito web, includono funzionalità di trascrizione, traduzione, riconoscimento delle opinioni, lingua, riepilogo, analisi di documenti e immagini e altro ancora.

Navot ha spiegato che il ritmo di sviluppo della tecnologia digitale è talmente rapido che l’unico modo che l’esercito ha per “tenere il passo” è acquistare servizi dal mercato civile e dalle aziende cloud. “Guardate ad esempio il fucile d’assalto M16. L’ultima volta che hanno prodotto un M16 è stato durante la guerra del Vietnam. Non è cambiato molto”. Ma per quanto riguarda il software digitale, aggiunge, le cose cambiano nel giro di pochi “mesi, non in anni”.

Il fatto stesso che il materiale di intelligence, anche se non direttamente operativo, venga caricato su un cloud civile ha sollevato preoccupazioni tra alcuni ufficiali dell’esercito israeliano. “C’è qualcosa di inquietante”, ha affermato una fonte dell’esercito. “I dati che possiede oggi l’esercito sono informazioni private personali che riguardano molte persone che vivono nei territori occupati. Come possiamo cederle a grandi aziende private e commerciali il cui obiettivo è fare soldi?”

D’altro canto, altre fonti della sicurezza affermano che le informazioni grezze, raccolte su obiettivi generali piuttosto che su obiettivi specifici, non sono particolarmente rilevanti poiché diventano sensibili solo quando trasformate in obiettivi per gli attacchi. “Non è che sia un fatto veramente inquietante se gli iraniani dovessero avere [accesso a] queste informazioni”, ha affermato una delle fonti.

Durante un podcast del maggio scorso, il generale di brigata Yael Grossman, comandante della divisione per il consolidamento della tecnologia operativa dell’esercito, nota con l’acronimo ebraico Lotem che è anche responsabile di Mamram, aveva affermato che l’affidamento alle tecnologie civili nell’attuale guerra ha consentito un enorme salto qualitativo “in un breve lasso di tempo”. Ma Dadon paragona il trasferimento di materiali sul cloud alla “consegna delle chiavi di una Mercedes a qualcun altro. Non dovremmo usare la Mercedes? Dobbiamo usarla. Quindi in che modo? Non lo so”.

“Si tratta di una partecipazione diretta agli strumenti usati per uccidere i palestinesi”.

Negli ultimi anni, Amazon non solo è diventata un partner dell’esercito israeliano, ma anche un fornitore di servizi cloud per diverse agenzie di intelligence occidentali. Nel 2021, AWS ha sottoscritto un accordo con le agenzie di intelligence britanniche GCHQ, MI5 e MI6 per archiviare informazioni “riservate” e per accelerare l’utilizzo degli strumenti di intelligenza artificiale. Allo stesso modo, nelle ultime settimane il governo australiano ha annunciato  che avrebbe investito 1,3 miliardi di dollari per creare un cloud per dati di intelligence “top secret” sui server di Amazon. Il gigante della tecnologia ha anche firmato un accordo con il Pentagono, insieme ad altre tre grandi aziende, per dare vita a un cloud gigante che sarà al servizio del dipartimento della difesa degli Stati Uniti per “tutti i livelli di riservatezza”.

Amazon pubblica regole generiche per “costruire l’intelligenza artificiale in modo responsabile” che è possibile consultare per “ottenere, utilizzare e proteggere i dati in modo appropriato” e per “prevenire l’uscita pericolosa di dati dal sistema e il loro uso improprio”. Il documento della Microsoft “Principi e Approccio all’’Intelligenza Artificiale” (Responsible AI Principles and Approach)afferma: “Ci impegniamo a garantire che i sistemi di Intelligenza Artificiale siano sviluppati in modo responsabile e secondo modalità che meritino la fiducia delle persone”.

Google pubblica anche una lista dei suoi “Principi di Intelligenza Artificiale” (AI Principles) che affermano chiaramente che Google “non progetterà o implementerà l’intelligenza artificiale in… tecnologie che causano o potrebbero causare danni generalizzati; …armi o altre tecnologie il cui scopo principale o implementazione è causare o favorire direttamente lesioni alle persone… tecnologie che raccolgono o utilizzano informazioni per la sorveglianza in violazione di norme riconosciute a livello internazionale… [o] tecnologie il cui scopo contravviene ai principi ampiamente accettati del diritto internazionale e dei diritti umani”.

Tuttavia, Gabriel Schubiner, attivista e organizzatore di “No Tech For Apartheid”, afferma che questi principi non hanno “alcun effetto reale” perché le aziende cloud “li usano nelle pubbliche relazioni per dimostrare quanto siano responsabili”. Secondo lui, le aziende non possono sapere in tempo reale in che modo i clienti stiano utilizzando i loro servizi.

Schubiner, che in precedenza ha lavorato presso Google prendendo parte anche a una protesta dei dipendenti contro la fornitura di tecnologia – che sostengono essere utilizzata dall’esercito israeliano nella guerra di Gaza -, afferma che Google ha sempre utilizzato un “linguaggio ambiguo” nel dichiarare i propri principi etici. Aggiunge inoltre che la società continua a sostenere che i suoi contratti con Israele sono “prima di tutto per uso civile, anche se è chiaro che molte delle attività del progetto Nimbus sono utilizzate a scopo militare”.

Una fonte della difesa ha riferito a +972 e Local Call che, dall’inizio della guerra, la maggior parte dei nuovi contratti tra l’esercito e le società cloud sono stati realizzati tramite gara d’appalto Nimbus. Tuttavia, l’esercito può anche creare e rafforzare i legami con le società cloud tramite gare d’appalto del ministero della difesa o tramite contratti precedenti al Progetto Nimbus. +972 e Local Call non sono stati in grado di verificare se il cloud AWS, utilizzato per l’archiviazione di informazioni di intelligence, sia stato acquistato nell’ambito del Progetto Nimbus.

“Nessuna delle due società ha reso pubblico quali, se ce ne fossero, dovute verifiche sui diritti umani abbiano svolto prima di partecipare al Progetto Nimbus“, ha spiegato Zach Campbell, esperto di diritti digitali presso Human Rights Watch. “Non hanno menzionato quali, se presenti, linee rosse esistono per quanto riguarda ciò che sarebbe un uso consentito della loro tecnologia”.

Kushnir, che ha aiutato le unità militari israeliane a migrare verso il cloud, non teme che le proteste contro le partnership delle aziende cloud con Israele ottengano un successo. “Bisogna ricordare che le stesse aziende gestiscono cloud governativi e militari simili negli Stati Uniti, nel Regno Unito e nella NATO”, ha affermato. “Queste non sono aziende in fase di avvio, sono potenze informatiche globali”.

Nadim Nashif, direttore esecutivo di 7amleh (Il Centro Arabo per la Promozione dei Social Media) che si occupa dei diritti digitali palestinesi, ha affermato che la sua richiesta principale alle aziende cloud è che “assicurino che i loro prodotti non vengano utilizzati per arrecare danno alle persone”, cosa che evidentemente non avviene nella pratica. Secondo lui, nonostante la retorica sulla preoccupazione per i diritti umani, i prodotti dei giganti del cloud vengono venduti “a governi e regimi che opprimono le persone”, incluso l’esercito israeliano.

Riguardo alla mancanza di supervisione dei progetti e delle partnership da parte delle aziende cloud, Nashif aggiunge che “Nel contesto locale, durante un’occupazione, la questione se [questi servizi] siano venduti all’esercito occupante per uso militare o per uso civile, diventa molto più importante”. Secondo lui, la prossimità che in Israele esiste tra il settore privato e l’esercito facilita la cooperazione senza alcuna linea rossa, il che comporta “un controllo maggiore sui palestinesi, che peggiora durante la guerra”.

“C’è sempre grande attenzione sugli aiuti militari che gli Stati Uniti forniscono a Israele, munizioni, aerei da combattimento e bombe, ma è stata prestata molta meno attenzione a queste partnership che riguardano sia gli ambienti civili che militari”, ha affermato Tariq Kenney-Shawa, esperto di politica statunitense presso il centro studi palestinese Al-Shabaka. “Va oltre la complicità: si tratta di partecipare e collaborare direttamente con l’esercito israeliano sugli strumenti che stanno utilizzando per uccidere i palestinesi”. Google e Microsoft, dai loro uffici in Israele e negli Stati Uniti, si sono rifiutati di rispondere alle molte richieste di commenti. Amazon Web Services ha dichiarato: “AWS è impegnata nel rendere disponibili ai propri clienti i vantaggi della nostra tecnologia cloud leader a livello mondiale, ovunque si trovino. Ci impegniamo a garantire la sicurezza dei nostri dipendenti, a supportare i nostri colleghi colpiti da questi terribili eventi e a collaborare con i nostri partner del soccorso umanitario per aiutare coloro che sono stati colpiti dalla guerra”.

Traduzione per InfoPal di Aisha T. Bravi

19/8/2024 https://www.infopal.it

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