Melenchon chiede la destituzione di Macron

Macron, com’era facilmente prevedibile, chiede ai partiti di agire nell’interesse “superiore” del paese, trasformando la crisi della sua presidenza e della sua linea politica in una crisi delle istituzioni democratiche, legando il destino del paese a se stesso. Per lui però l’interesse “superiore” non vale. In risposta il Fronte Popolare ne chiede la destituzione.

Melenchon chiede la destituzione di Macron

Il Nuovo Fronte Popolare (NFP) guidato da Jean-Luc Mélenchon, l’alleanza di sinistra composta da La France Insoumise, il Partito Socialista, i Verdi e il Partito Comunista, ha recentemente avanzato una proposta di destituzione (o impeachment, come dicono gli anglofoni) nei confronti del presidente Emmanuel Macron.

La richiesta è stata motivata dal rifiuto di Macron di nominare Lucie Castets, la candidata proposta dal NFP, alla carica di primo ministro, nonostante questa coalizione sia stata la più votata alle elezioni legislative del luglio scorso.

Dopo il 7 luglio…

Alle elezioni legislative del 7 luglio, nessuno dei principali blocchi politici è riuscito a ottenere la maggioranza assoluta all’Assemblea Nazionale. Tuttavia, il Nuovo Fronte Popolare – per il meccanismo elettorale francese – si è distinto come la coalizione con il maggior numero di seggi, a danno della destra lepenista, raggiungendo i 182 deputati.

Questo risultato ha alimentato la convinzione, sostenuta dal NFP, di avere il diritto di esprimere il candidato per la carica di primo ministro, seguendo una tradizione costituzionale consolidata in Francia.

Nonostante ciò, Macron ha rifiutato di assegnare l’incarico a Castets, attuale direttrice finanziaria del Comune di Parigi, sostenendo che non vi sia alcun obbligo formale di nominare il candidato proposto dalla coalizione maggioritaria all’Assemblea.

Macron ha espresso preoccupazioni circa la stabilità di un eventuale governo guidato da Castets, temendo che potrebbe essere troppo fragile e facilmente sfiduciato, costringendo il paese a tornare presto alle urne.

La proposta di destituzione

Il leader di La France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, insieme ad altri esponenti del partito, ha annunciato il 18 agosto, tramite un articolo pubblicato su La Tribune Dimanche, l’intenzione di avviare una procedura di destituzione contro Macron. La procedura, prevista dall’articolo 68 della Costituzione francese, richiede che il presidente sia rimosso dall’incarico per “inadempienze manifestamente incompatibili con l’esercizio del suo mandato”. Tuttavia, questa procedura è estremamente complessa e richiede un ampio consenso parlamentare.

Per avviare il processo, almeno un decimo dei 577 deputati deve presentare una richiesta per istituire un’Alta Corte che giudichi l’operato del presidente. Sebbene La France Insoumise abbia i numeri per presentare tale richiesta, la proposta deve essere successivamente approvata dall’ufficio della presidenza dell’Assemblea Nazionale e dalla Commissione giuridica, e infine votata dai due terzi sia dell’Assemblea che del Senato. Con l’opposizione dei deputati centristi e di destra, le probabilità di successo sono estremamente basse.

La proposta di destituzione, pur avendo poche possibilità di successo, ha innescato un dibattito politico significativo. Olivier Faure, leader del Partito Socialista, ha suggerito di sostenere una mozione di sfiducia contro qualsiasi primo ministro che Macron dovesse nominare e che non appartenga alla loro coalizione. Marine Tondelier, leader dei Verdi, ha espresso preoccupazione per il rischio che la “polifonia della sinistra” si trasformi in una “cacofonia”, mentre il Partito Comunista ha espresso una posizione simile.

Anche lo staff di Lucie Castets ha preso le distanze dall’iniziativa di Mélenchon, dichiarando a Politico che si tratta di una “iniziativa di La France Insoumise, non di Lucie”. Questo evidenzia le divisioni interne all’alleanza di sinistra, che potrebbero complicare ulteriormente la situazione politica francese.

In definitiva, per i liberali come Macron, la possibilità di un governo anche solo vagamente di sinistra, che ipotizzi una parvenza di ridistribuzione della ricchezza, è vista come il male assoluto. Il richiamo farlocco all’antifascismo, prima di ogni tornata elettorale, cade puntualmente il ‘giorno dopo’ . Meglio fascisti al governo (purchè atlantisti), che medio-progressisti con velleità di alzare un po’ le tasse ai ricchi. Questo sta producendo una rottura sempre più plateale tra liberalismo e democrazia.

Alexandro Sabetti

28/8/2024 https://www.kulturjam.it/

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