Arrestati in Emilia i caporali delle badanti

Le donne lavoravano senza orari e riposi per paghe irrisorie. Una rete smantellata grazie alle denunce della Cgil di Modena

In una recente inchiesta sullo sfruttamento di badanti in diverse località emiliane, tre persone sono state arrestate per le accuse di associazione per delinquere, caporalato e truffa. Si tratta di due fratelli, una 57enne e un 29enne di origine campana ma residenti a Ferrara, titolari dell’agenzia Cop Assistenza, e di una donna marocchina residente nel reggiano individuata dagli inquirenti come la presunta caporale dell’organizzazione. I tre, non nuovi a condotte di questo genere, riuscivano a trovare persone che, per bisogno, erano disposte a lavorare a qualsiasi condizione, e da queste traevano enormi profitti illeciti.

Invisibili e senza diritti

Diverse sono state le segnalazioni all’Ispettorato del lavoro inoltrate dal Nidil Cgil di Modena per le irregolarità nella gestione di colf e badanti presso famiglie di Modena, Campogalliano, Carpi, Formigine, San Prospero e Serramazzoni. 

“È dal 2021 che diverse collaboratrici domestiche, principalmente straniere, con scarsa conoscenza della lingua italiana, venivano nei nostri uffici presentando tutte gli stessi problemi”, spiega la funzionaria del Nidil Cgil, Georgia Dini. “Lavoratrici senza contratti regolari a cui non erano state erogate le ultime mensilità. I mancati pagamenti le hanno spinte a chiedere aiuto al sindacato, scoprendo di non aver diritto a niente: né contributi né disoccupazione, né ferie né malattia.

“L’agenzia – sottolinea Dini – faceva leva sul bisogno di casa e lavoro di queste donne, principalmente nord africane e sud americane, con un’età media sopra i 50 anni e una scarsa conoscenza dell’italiano. Queste lavoratrici erano costrette a turni di 24 ore per un compenso massimo di 1.100 euro mensili”. Proprio per la loro situazione di estrema fragilità, le badanti tendevano a fidarsi di Cop Assistenza e ad accettare le rassicurazioni sulla regolarità del contratto applicato.

“Anche per questo – aggiunge Daniele Dieci segretario generale della Camera del lavoro di Modena – la Cgil chiede una regolamentazione del settore del lavoro domestico, un controllo sull’applicazione corretta dei contratti collettivi di cura, assistenza alle persone e percorsi di formazione del personale“.

Lo sfruttamento in tutto il terzo settore

Le truffe e la gestione irregolare delle lavoratrici interessano un perimetro molto più vasto. Ne fanno parte anche le cooperative sociali che forniscono assistenza a domicilio attraverso l’impiego di infermieri e operatori sanitari. Un caso esemplificativo di sfruttamento e irregolarità è stato quello di Modenassistenza, una finta cooperativa con cui la Fp Cgil ha aperto una vertenza nel 2010 per la scorretta gestione di badanti, a cui venivano applicati finti contratti, formalmente di 20-25 ore a settimana, a fronte di 24 ore di lavoro al giorno, con le differenze pagate in nero.

“Abbiamo impiegato un anno e mezzo per avviare la vertenza – spiega Giada Catanoso segretaria della Fp Cgil Modena – c’è stato anche uno sciopero nell’ottobre 2012 per rivendicare il corretto inquadramento. Le lavoratrici percepivano circa 450 euro in busta paga e il resto in nero, per racimolare nemmeno mille euro mensili, senza Tfr, assegni familiari, indennità di maternità”. Erano almeno 150 le lavoratrici sotto ricatto, anche in questo caso straniere e spesso senza permesso di soggiorno. Anche a seguito delle denunce della Fp Cgil, l’intervento della Guardia di Finanza ha accertato un’elusione contributiva e fiscale per oltre 2 milioni di euro. In 9 anni il sindacato ha permesso di recuperare le differenze retributive e i mancati contributi per molte delle lavoratrici coinvolte.

I casi tra le addette dei servizi

Anche l’Osservatorio della Filcams Cgil fotografa una condizione di forti irregolarità. “Dominano le agenzie che offrono intermediazione fra lavoratrici e famiglie favorendo l’incontro di domanda-offerta e fornendo servizi amministrativi. Molto spesso però si tratta di rapporti di lavoro complicati, e appena la lavoratrice alza la testa e si rivolge al sindacato per far valere diritti come il pagamento di straordinari, recupero dei riposi e delle mensilità non erogate, l’agenzia non la fa più lavorare” spiegano le sindacaliste Emanuela Colombini e Giorgia Volpi.

“È un fenomeno più diffuso di quanto appaia – continuano le funzionarie della Filcams – le agenzie promettono alle famiglie servizi incompatibili con quanto previsto dal contratto nazionale del lavoro domestico e le normative sulla salute e sicurezza, come il lavoro h24, sette giorni su sette, senza riposi”.

È evidente come ciò risponda alla domanda di assistenza continuativa da parte delle famiglie, a cui però si può far fronte solo impiegando più personale. I compensi delle lavoratrici domestiche per l’assistenza a persone non autosufficienti si aggirano sui 1.200-1.300 euro mensili a seconda dell’anzianità di servizio, oltre ai contributi previdenziali.

È bene sapere che sono sempre le famiglie le intestatarie del rapporto di lavoro e che sono in capo a loro tutte le responsabilità del contratto, anche se gestito dall’agenzia. “Abbiamo riscontrato anche casi – aggiungono Colombini e Volpi – in cui l’agenzia abbia trattenuto illegittimamente quanto versato dalla famiglia a titolo di retribuzione della lavoratrice”.

Un albo delle agenzie virtuose

La Filcams Cgil ha lanciato la proposta di costituire un albo delle agenzie virtuose i cui criteri di accesso dovranno essere definiti attraverso un confronto territoriale tra le parti sociali firmatarie del contratto nazionale di lavoro e le istituzioni, così da regolarizzare il settore e garantire più tutele sia alle lavoratrici che alle famiglie.

Davide Colella

28/8/2024 https://www.collettiva.it/

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