La “sinistra neoliberale” non è la sinistra socialista. Il fenomeno di Sahra Wagenknecht
PREMESSA ALL’ARTICOLO
Questo articolo su Sahra Wagenknecht lo pubblichiamo nonostante le perplessità politiche su questa nuova icona nel mercato della politica che suscita sui social tifo o contrarietà da stadio che nulla ha a che fare con il merito politico delle sue proposte. Non confutiamo la realtà che rappresenta nella sinistra europea ma ci preoccupano le contraddizioni su alcune sue posizioni, vedi la sottovalutazione dell’emergenza climatica e sul tema dell’immigrazione, sulla quale esprime pareri e proposte di pericoloso populismo e infantili proposte come quelle sull’aiutare a casa loro i migranti tramite competenze professionali che l’occidente dovrebbe inviare per fermare la loro fuga, prima di tutto, da guerre (dirette e fomentate dall’occidente), dalla fame (prodotta dai furti centenari occidentali delle loro ricchezze naturali). Non voglio fare un altro articolo, quindi chiudo questa nota con la sensazione che ci sia anche il pericolo di impianto programmatico che rischia di sconfinare in teorie politiche e messaggi sociali che nulla hanno a che fare con la lotta al liberismo antipopolare e razzista. La variegata sinistra d’alternativa in Europa, senza pregiudizi, credo che debba considerare la Wagenknecht un’interlocutrice, come ha considerato importante l’attenzione nei confronti di Greta Thunberg, pur con le sue crepanti contraddizioni con l’appoggio alla NATO nell’invio di armi all’Ucraina (per accerchiare la Russia e trascinare il mondo in una guerra nucleare) come se le guerre non fossero una delle cause della devastazione ambientale. (su questi tema pubblichiamo sul numero di settembre del mensile Lavoro e Salute un significativo ed esaustivo articolo). La Wagenknecht ha alle spalle una storia importante e lodevole di militanza comunista che certamente non bisogna dimenticare ma le scelte politiche di oggi vanno lette con le lenti attuali. Infine, che concetto ha della sinistra antisistema chi personalizza il Partito con il suo nome?
“Sinistra” era un tempo sinonimo di ricerca della giustizia e della sicurezza sociale, di resistenza, di rivolta contro la classe medio-alta e di impegno a favore di coloro che non erano nati in una famiglia agiata e dovevano mantenersi con lavori duri e spesso poco stimolanti. Essere di sinistra voleva dire perseguire l’obiettivo di proteggere queste persone dalla povertà, dall’umiliazione e dallo sfruttamento, dischiudere loro possibilità di formazione e di ascesa sociale, rendere loro la vita più facile, più organizzata e pianificabile. Come scrive Vladimiro Giacchè:
“Chi era di sinistra credeva nella capacita della politica di plasmare la società all’interno di uno Stato nazionale democratico e che questo Stato potesse e dovesse correggere gli esiti del mercato. […] Naturalmente ci sono sempre state grandi differenze anche tra i sostenitori della sinistra. […] Ma nel complesso una cosa era chiara: i partiti di sinistra, che fossero socialdemocratici, socialisti o, in molti paesi dell’Europa occidentale, comunisti, non rappresentavano le élite, ma i più svantaggiati. Se un tempo al centro degli interessi di chi si definiva di sinistra vi erano problemi sociali ed economici, oggi non è più così.”
Nonostante quella sinistra socialista rimanga tale, oggi vi è una confusione semiotica e concettuale che porta a percepire e definire “sinistra” non più chi pone al centro i problemi sociali e politico-economici, ma bensì chi è per forza di cose “cosmopolita”, si considera cittadino del mondo senza troppi legami con il proprio Paese; a favore dell’Unione Europea tout court; chi crede che lo Stato-nazione sia un modello superato, criticando indistintamente l’etno-nazionalismo sovranista e le lotte di liberazione nazionale; chi si impegna a favore dei diritti civili e non conduce lotte intersezionali per i diritti civili e sociali; chi si occupa di questioni riguardanti lo stile di vita, le abitudini di consumo e i giudizi morali sul comportamento all’interno della società capitalista stessa. Questa è la definizione perfetta del “neoliberale di sinistra”, ovvero colui che si definisce “liberal-progressista” a differenza dei “liberal-conservatori” e che sostiene i progressi del neoliberismo, da sempre criticato anche dalla filosofa femminista e marxista americana Nancy Fraser.
Dopo la vittoria dell’estrema destra in Turingia, in Germania, sembra che il bersaglio non siano i neofascisti dell’AFD, ma bensì la sinistra d’alternativa guidata da Sahra Wagenknecht. La “sinistra neoliberale” e tutta la stampa mainstream, che ripete la propaganda della NATO la chiamano “Rossobruna”; ma per i lavoratori, i disoccupati, i precari lei è “Die Rote Sahra”, ovvero “Sara la Rossa”.
Studiosa marxista, cresciuta nella Repubblica Democratica Tedesca (DDR), Sahra Wagenknecht è uno dei quadri politici più carismatici della scena politica tedesca. Dirigente giovanile del Partito Socialista Unificato, Il suo idolo era Walter Ulbricht, leader della DDR che nel 1953 riuscì a sventare un tentativo golpista fomentato dagli USA. Sahra visse la caduta del muro di Berlino come: «Il momento più difficile che avesse mai affrontato».
Dopo l’unificazione tedesca entrerà nella PDS all’interno della “Piattaforma comunista” iniziando la lotta contro l’opportunismo dei dirigenti che continuerà anche all’interno della Linke.
Nel suo primo discorso da Parlamentare dirà: «Cinque anni fa è morto un Paese in cui c’era almeno un tentativo di costruire una società non guidata dal profitto. Oggi vediamo di nuovo il dominio del capitalismo. Per me questo è un chiaro passo indietro. La DDR è stata la Germania più pacifica, più sociale, più umana in ogni fase del suo sviluppo, a dispetto delle critiche specifiche che si possono muovere nei suoi confronti».
Nel 2004 pubblica il libro “Aló Presidente: Hugo Chávez e il futuro del Venezuela” in cui prende a modello la Rivoluzione Bolivariana elogiando Chavez come “Un grande Presidente che ha dedicato tutta la sua vita alla lotta per la giustizia e la dignità”.
In ogni occasione si schiererà sempre dalla parte di Cuba e difenderà appassionatamente Fidel Castro dicendo: “Si è battuto per un mondo migliore, è un democratico in tutto e per tutto. Ha amato il suo popolo e il suo popolo ama lui”.
È stata la leader del gruppo parlamentare del principale partito della sinistra radicale tedesca, Die Linke, dal 2015 al 2019, portando il partito stesso ai massimi storici: più del 9% dei voti alle elezioni del 2017.
Amatissima dai militanti di base che la ribattezzeranno “la nuova Rosa Luxemburg” e al contempo odiatissima dal gruppo dirigente che tenterà in ogni modo di diffamarla, isolarla e umiliarla, arrivando perfino a interrompere il suo discorso durante il Congresso Nazionale del Partito il 28 Maggio 2016, scagliandole una torta in faccia. Attaccata per le sue posizioni filo-palestinesi e accusata dalla “sinistra” tedesca di non essere abbastanza “filo-israeliana” verrà infine vergognosamente espulsa dalla Linke per “antisemitismo” dopo essersi rifiutata di alzarsi in piedi ad applaudire l’ex premier israeliano Ehud Olmert in occasione del suo discorso al Bundestag.
Nel 2022, lei risponderà facendo uscire un libro dall’inequivocabile titolo “Contro la sinistra neoliberale!”. Dopo la sua espulsione la sinistra interna della Linke uscirà dal Partito aggregandosi intorno a lei e dando vita a un nuovo movimento dal nome “In Piedi!”, con un programma all’insegna della giustizia sociale, contro l’Unione Europea del liberismo sfrenato e della guerra, contro l’imperialismo statunitense e la NATO.
Oggi la sua coalizione veleggia oltre il 15% sorpassando i socialdemocratici e attestandosi come Terza forza politica, mentre Verdi e Linke non raggiungono neppure la soglia di sbarramento.
Viene strumentalmente accusata di essere «rossobruna», «conservatrice di sinistra», «sovranista uscita dalla Linke»1 e “contro gli immigrati” ma si tratta di etichette patacche e di bufale veicolate dalla sinistra neoliberale tedesca che, non riuscendo nello sforzo del senso critico, non si accorge nemmeno che le sue posizioni sono quelle che la sinistra antimperialista, anticolonialista ed ecopacifista ha sempre sposato, nonché sostenute ampiamente dal Movimento Panafricanista, il cui leader è stato il rivoluzionario Thomas Sankara. Più di una volta si è spesa denunciando lo sfruttamento dell’immigrazione in Occidente, definita da lei come un’altra forma di saccheggio coloniale delle risorse umane ai danni dei Paesi poveri dell’Africa.
Negli ultimi mesi è uscita la sua biografia intitolata “Die Kommunistin” – ovvero “La comunista” – in cui si schiera frontalmente contro l’invio di armi e finanziamenti al regime di Kiev incolpando la NATO e gli USA per il conflitto in Ucraina fin dal 2014.
Sebbene – secondo il New York Times – Sahra Wagenknecht sia colei che “ha scosso la politica tedesca con una combinazione di nazionalismo di destra e socialismo di sinistra” (come se esistesse un “socialismo di destra” e non esistesse un nazionalismo di sinistra), la realtà è ben diversa. La Wagenknecht in Germania ha colmato un vuoto politico ponendosi, da sinistra, in radicale contrapposizione sia alla “sinistra neoliberale” (socialdemocratici e un ramo della Linke), sia alla “sinistra trasformista” (socialdemocratici, ramo della Linke e Verdi), sia alla “sinistra guerrafondaia” (Verdi e socialdemocratici) sia alla destra affarista, neofascista e padronale (Afd e CDU).
Come ha ricordato Roberto Vallepiano: “Nell’Italia delle occasioni perse la sinistra radicale ha preferito tapparsi gli occhi di fronte a chi, come Sahra, ne denunciava doppiezze, frivolezze e iniquità. Bollando come rossobruno e fascista chi poneva quei temi all’interno del dibattito politico. Il risultato è stato l’estinzione. Fuori dalle istituzioni con cifre da prefisso telefonico e astensionismo da record, mentre nei quartieri popolari il 75% dei cittadini non vota più.”
Fonti:
1 https://ilmanifesto.it/sw-il-fenomeno-politico-della-sovranista-uscita-dalla-linke
Sahra Wagenknecht, Contro la sinistra neoliberale, Fazi, 2022
di Lorenzo Poli
3 settembre 2024
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