Ritorno al nucleare in Italia e il caso di Torino

Rita Vittori


Già da tempo si discute un possibile ritorno al nucleare in Italia. Il dibattito nato in sordina ha cominciato ad avere più spazio approfittando della crisi energetica derivata dalla guerra in Ucraina. Il ritorno al nucleare – spacciato come necessità per raggiungere l’indipendenza energetica fondamentale per la nostra sicurezza nazionale – sta prendendo sempre più forma. Malgrado nel 1987 e nel 2011 ci siano stati due referendum in cui i cittadini italiani si sono dichiarati contro la costruzione di centrali nucleari.

Di Jean-Pierre Dalbéra from Paris, France – La terrasse du Pincio au moment du Référendum (Rome), CC BY 2.0, Collegamento

Precisamente, uno tra i quesiti dell’ultimo referendum, nel 2011, proponeva l’abrogazione delle nuove norme (decreto legge 25 giugno 2008, n. 112) introdotte dal governo Berlusconi, che consentivano la produzione nel territorio nazionale di energia nucleare. Il 94% dei votanti espresse di nuovo la propria contrarietà, visto anche l’incidente di Fukushima

https://serenoregis.org/2024/03/06/11-marzo-2011-incidente-di-fukushima-chi-se-lo-ricorda/embed/#?secret=mDsy9vFrbE#?secret=KNgRHduZLR

Ma sembra che quella volontà sia in un certo senso «scaduta».

E così negli ultimi anni il ritorno al nucleare in Italia si sta concretizzando e coagula intorno a sé gli interessi dei politici e dei privati. Il governo italiano, infatti, sta cercando in tutti i modi di dimostrare la necessità della produzione di energia nucleare come un passo indispensabile per la famosa «transizione energetica» e come parte del mix energetico nazionale, puntando su piccoli reattori modulari di quarta generazione.  Ma come è stato possibile ritornare a parlare di nucleare?

I primi passi

Il primo passo ufficiale arriva il 9 maggio 2023: la Camera dei deputati approva il «ritorno del nucleare da fissione» in Italia e chiede al Governo di inserire nelle soluzioni previste anche il nucleare per accelerare il processo di decarbonizzazione e di partecipare a ogni iniziativa internazionale volta a incentivare lo sviluppo di nuove tecnologie nucleari.

Di tutto ciò è apparsa la notizia, ma con linguaggio neutro così da non suscitare polemiche o allarmismi, in modo che il lettore passasse oltre.

Forte di questa richiesta, a settembre il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin si impegna  a far nascere la Piattaforma nazionale per un nucleare sostenibile, soggetto di raccordo e coordinamento tra diversi attori nazionali i quali già  si occupano di energia nucleare. L’obiettivo è quello di

«[…] definire in tempi certi un percorso finalizzato alla possibile ripresa dell’utilizzo dell’energia nucleare in Italia e alle opportunità di crescita della filiera industriale nazionale già operante nel settore».

A questo incontro partecipano i principali Enti pubblici di ricerca, esponenti del mondo delle Università, delle associazioni scientifiche, di soggetti pubblici operanti nel settore della sicurezza nucleare, nonché di imprese che hanno già previsto programmi di investimento nel settore nucleare.

Sempre il Ministro rassicura che non si tratterà di costruire grandi centrali nucleari di terza generazione ma reattori di quarta generazione.

E che ne facciamo dei referendum?

Il Ministro risponde:

«L’opinione prevalente degli studiosi è che nei referendum fu chiesto agli italiani di esprimersi sul nucleare di prima e seconda generazione, quello di Chernobyl per intendersi. Ora le cose sono molto cambiate. Un illustre giurista mi ha detto: la bici e la Ferrari sono due mezzi di trasporto, ma un referendum sulle bici non può estendersi alle auto sportive. Aldilà delle interpretazioni giuridiche, è chiaro che per procedere è importante creare consenso». Giusto no?

Ma la direzione del nostro Governo è chiara, il ritorno al nucleare è già deciso, bisogna solo convincere l’opinione pubblica oltre che della sua necessità anche della sua sicurezza (ipotizzata ma non provata), come si sottolinea il 20 luglio 2023 nell’evento organizzato a Montecitorio:

«Investire nella formazione continua e nella ricerca, valorizzando il know-how italiano in materia di nucleare, è stato questo l’invito comune che i relatori intervenuti nel panel “Nucleare in Italia: scenari e prospettive”, organizzato oggi a Montecitorio, hanno rivolto alle autorità nazionali e internazionali presenti. Un tavolo di alto livello quello riunito dal Dipartimento energia di Forza Italia, guidato dal deputato Luca Squeri; tra i relatori figure di spicco del panorama industriale nazionale, e non solo, ed eccellenze del mondo tecnologico del calibro di Leonardo, Eni, Edison e Ansaldo, che hanno espresso dal punto di vista scientifico le potenzialità sul piano energetico, economico e ambientale dell’atomo».

Guarda caso spuntano ad applaudire anche Leonardo SpA, Eni, Ansaldo sempre più coinvolte nella produzione di armi… non sarà che anche il nucleare tanto sponsorizzato nel civile servirà ad ampliare la tipologia di armi prodotte in Italia? In effetti il dubbio sorge.

La Torino del nucleare pulito

A questo punto sembra cadere a fagiolo la nascita, nel settembre del 2021, di un’azienda privata, la Newcleo, fondata da Stefano Buono, fisico che ha lavorato al Cern di Ginevra e anche con il premio Nobel Rubbia. La Newcleo è una start-up che sviluppa piccoli reattori da 200 MWe.

«Sono reattori ultra-compatti che possono essere prodotti in serie e trasportati nei siti di installazione. Costeranno meno dei reattori tradizionali e, a regime, saranno prodotti in tre anni». Afferma lo stesso Buono e ci rassicura:

«Non avremo bisogno di estrarre uranio: per centinaia di anni potremo usare quello già estratto», spiega Buono. “Produrremo meno di un metro cubo di scarti per ogni gigawatt elettrico annuo. E i rifiuti avranno vita breve: saranno radioattivi per 250 anni, contro i 250mila delle scorie delle centrali tradizionali”. Per il raffreddamento si userà il piombo invece dell’acqua. “Le proprietà del piombo rendono il sistema intrinsecamente sicuro. In altre parole, il design stesso rende impossibili incidenti come quelli del passato».

Allora possiamo dormire sonni tranquilli: i rifiuti impiegheranno solo 250 anni a perdere la radioattività. Pensavamo di più. In fondo 250 anni cosa sono?

E Torino, cosa c’entra?

Ebbene, la Newcleo, pur essendo costituita a Londra, ha sedi anche in Francia e, in Italia, proprio a Torino, dove si fa ricerca e dove conta 350 dipendenti. Addirittura, in vista dei futuri impegni produttivi, si sta già ingrandendo perché dalla fine di aprile ha occupato, oltre la sede in via Galliano, anche la palazzina tra Corso Stati Uniti e via Fanti.

E per renderci ancora più contenti Bono ha annunciato che verrà costruito un nuovo grattacielo che sarà la nuova sede italiana di Newcleo – in un’aerea appartenente a FS Sistemi Urbani – vicino a quello di Intesa San Paolo. E, per rendere il grattacielo più gradito, non poteva certo mancare l’idea di farlo apparire un’occasione di rigenerazione urbana, come si legge su Torino Cronaca:

L’area prescelta per la nuova torre si trova di fronte al grattacielo di Intesa Sanpaolo e fa parte di un più ampio piano di riqualificazione urbana noto come “Torino Innovation Mile”. Questo progetto, promosso da Davide Canavesio ,[il cui nome spunta guarda anche caso anche nell’inchiesta che ha travolto la Fondazione CRT – ndr], fondatore dell’associazione Nexto, mira a trasformare l’asse che va dal Politecnico alla stazione Dora, con la stazione di Porta Susa al centro. Tra i promotori del progetto, oltre a Newcleo, figurano il Politecnico di Torino, Ogr, Environment Park, Infra.To, Liftt, Nexto e Planet Smart City.

Che cittadini saremmo se non appoggiassimo un piano di riqualificazione urbana e di investimenti per la creazione di nuovi posti di lavoro?

A cosa serve quel lavoro ormai è diventato un pensiero che pochi si fanno… Il lavoro è lavoro, anche se produce morte o disastri ambientali.

E gli italiani?

Già, rimane quel piccolo problema delle volontà espresse attraverso i referendum.

Di chi è stata la responsabilità di queste posizioni così contrarie? La risposta è immaginabile: ovviamente di un’informazione troppo ideologica che in questi anni ha demonizzato in Italia il nucleare per uso civile.

Ma ora il contesto, come dice il Ministro, è cambiato e per dimostralo basta fare un sondaggio (la cui affidabilità è comunque sempre incerta). Infatti, durante un incontro organizzato da iWeek col titolo: Il nucleare italiano nella sfida del cambiamento climatico, sono stati divulgati i risultati di un sondaggio da cui emerge (guarda caso) che la maggioranza degli italiani sono oggi favorevoli all’uso di nuove tecnologie nucleari, anche se ammettono di non conoscere a sufficienza come funzionano e quali criticità possano avere.

Ma, come afferma Elisabeth Rizzotti – Founder & Chief Operating Officer-Managing Director Italy di Newcleo – il problema è risolvibile facilmente:

«L’unico modo per offrire a tutti la possibilità di comprendere la sicurezza intrinseca e il grande potenziale di questa tecnologia è quello di investire con decisione nella formazione, nell’informazione e nella divulgazione scientifica. Newcleo crede fortemente nel far conoscere questa fonte di energia sin dalle generazioni più giovani e abbiamo avviato numerose collaborazioni con scuole e licei per portare nelle classi informazione di qualità sul nucleare» ().

Un appello contro il ritorno del nucleare

Per fortuna la notizia sta preoccupando una parte di società civile. Infatti è stato presentato nei giorni scorsi l’appello promosso da Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e dalle principali associazioni ambientaliste e dal mondo scientifico e dalla società civile per un «100% rinnovabili network» (), di cui riportiamo il testo:

Appello per un «100% Rinnovabili Network»

Le fonti energetiche rinnovabili – solare, eolica, idrica, biomassa, geotermica – sono amiche del clima, disponibili, sicure e, se ben programmate e pianificate, sono a basso impatto ambientale ed economicamente convenienti. In Italia, come in altri Paesi, le rinnovabili sono in grado di soddisfare il 100% del fabbisogno di energia, sia attuale, sia dei prossimi anni, utilizzando in modo integrato le diverse fonti, adeguando e gestendo in modo intelligente le reti, governando la domanda e migliorando l’efficienza e il risparmio energetico, investendo in sistemi di accumulo, inclusi quelli in fase di sviluppo, di breve e di lunga durata.

Invece di accelerare, in modo adeguato, lo sviluppo delle rinnovabili per arrivare alla piena decarbonizzazione della produzione di elettricità, il nuovo Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC) prevede uno scenario di ritorno al nucleare a fissione, con la costruzione di Small Modular Reactor (SMR), di Advanced Modular Reactor (AMR) e di micro-reattori, con una potenza di 0,4 GW al 2035, 2 GW al 2040, 3,5 GW al 2045 e 7,6 GW al 2050.

I nuovi modelli di reattori nucleari a fissione, anche se più piccoli dei precedenti, generano comunque grandi quantità di isotopi altamente radioattivi, producono rifiuti radioattivi, pericolosi per molte migliaia di anni, contaminano impianti e siti per lunghissimi periodi, sono pur sempre impianti a rischio di incidenti che, anche se con una probabilità bassa, possono causare impatti devastanti.

La disinvoltura con la quale, nell’attuale dibattito sul ritorno al nucleare, si trascurano, o addirittura si negano, impatti e rischi ambientali delle nuove centrali nucleari a fissione, è un indice di come in certi settori sia ancora bassa l’attenzione alla tutela dell’ambiente, della salute e della sicurezza. Il ritorno al nucleare, ancora di più per un Paese che ne è uscito da molti anni, avrebbe un costo molto alto. I pochi nuovi reattori realizzati hanno comportato costi di gran lunga superiori a quelli previsti dal progetto iniziale.

La costruzione di centrali nucleari è ormai talmente costosa da richiedere ovunque il sostegno dello Stato: in Francia la società che le costruisce e le gestisce, fortemente indebitata, è stata resa al 100% pubblica. In Italia è in corso una campagna, condotta dalla lobby filonucleare, a senso unico, senza contraddittorio, che punta a far credere che, per decarbonizzare l’energia, sia necessaria una quota significativa di energia nucleare, mentre in Germania, in prima fila nelle misure per il clima, sono state recentemente chiuse tutte le centrali nucleari.

Visto che la fattibilità e la sostenibilità economica dei nuovi reattori proposti è da verificare e che nessuno di questi nuovi reattori è stato ancora realizzato in Occidente; visto che in Italia il nucleare è stato fermato da referendum sostenuti da un ampio consenso popolare e che il nostro Paese è densamente popolato, con un diffuso rischio sismico, con vaste aree a rischio di alluvione e frane; visto che, in 14 anni, non è ancora stato localizzato un deposito per i rifiuti radioattivi, il programma di costruzione di reattori nucleari è poco credibile e produce soprattutto un effetto preoccupante: frena l’impegno per accelerare lo sviluppo – possibile, necessario e conveniente – delle rinnovabili.

Per queste ragioni, per contribuire ad una più corretta informazione sulle scelte energetiche e ambientali, per affrontare più seriamente la crisi climatica, promuoviamo un “100% Rinnovabili Network”. Seguono firme».

Basterà un appello per fermare la volontà politica?

Cominciamo a leggerlo e diffonderlo.

4/10/2024 https://serenoregis.org

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