In tutto il mondo le piazze si sono riempite in solidarietà con la Palestina

Ad un anno dall’inizio dell’aggressione israeliana nella Striscia di Gaza, nel finesettimana in tutto il mondo le piazze e le strade si sono riempite in solidarietà con il popolo palestinese, per chiedere la fine del massacro della popolazione civile tanto in Palestina quanto in Libano e in tutto il Medio Oriente. Sono decine di migliaia le persone che hanno protestato, da Parigi a Città del Capo, passando per la grande manifestazione di Roma e arrivando fin negli Stati Uniti e in Australia. Oltre al sostegno alla popolazione civile e alle critiche contro Israele, è forte anche la rabbia delle piazze contro il governo statunitense, principale alleato di Tel Aviv nel massacro in corso.

Circa 40 mila persone hanno rimepito le strade di Londra nella giornata di sabato, sventolando decine di bandiere palestinesi e cartelloni con messaggi di pace. Nonostante la protesta si sia svolta in modo per lo più pacifico, la polizia ha riferito di aver arrestato 17 persone. Immagini simili a quelle di Londra sono giunte da Parigi e da Madrid, dove i manifestanti hanno portato con sè anche bandiere libanesi. A Berlino, la polizia ha caricato con violenza i manifestanti che stavano marciando per le strade della città, con scene simili a quelle alle quali abbiamo assistito per la manifestazione di sabato a Roma – dove, nonostante il divieto delle autorità, almeno diecimila cittadini hanno marciato sotto la pioggia.

Oltre alle principali piazze europee, manifestazioni in solidarietà con il popolo palestinese e libanese si sono svolte in tutte le maggiori città del mondo. Un delle più partecipate si è svolta a Rabat, in Marocco, dove decine di migliaia di cittadini si sono riversati nelle strade per protestare anche contro la normalizzazione dei rapporti con Israele, avvenuta con la firma degli Accordi di Abramo del 2020. Domenica, migliaia di persone, per lo più vestite in bianco e nero e con addosso una kefiah, si sono radunate di fronte all’ambasciata statunitense di Giacarta, per protestare contro il doppio standard di Washington. «Mentre segnamo un anno del genocidio in corso, dobbiamo ricordare come tutto questo non è iniziato il 7 ottobre dell’anno scorso. Questo è iniziato più di 70 anni fa, e dobbiamo sottolineare che la colonizzazione che ha avuto luogo deve arrivare alla sua fine» hanno dichiarato i manifestanti. La solidarietà con il popolo palestinese si è fatta sentire anche Manila, dove la popolazione ha accusato il governo statunitense di complicità nel genocidio in atto a Gaza e hanno chiesto al governo delle Filippine di smettere di acquistare armi da Israele. I manifestanti hanno tentato di arrivare di fronte all’ambasciata USA, ma sono stati fermati dalle forze dell’ordine. Washington, centinaia di persone si sono radunate all’esterno della Casa Bianca, chiedendo che il governo smetta di inviare armi a Israele. Qui, un uomo ha anche cercato di darsi fuoco, ma è stato immediatamente raggiunto dalle forze dell’ordine e da altri manifestanti. E iniziative di protesta hanno avuto luogo anche a Los Angeles, Caracas, Santiago del Cile, Città del Capo, Sidney e molte altre.

L’aggressione israeliana, iniziata lo scorso anno in risposta agli attacchi della resistenza palestinese, arriva proprio oggi a compiere un anno di durata. Il bilancio delle vittime civili accertate nella Striscia di Gaza è di 42 mila, delle quali poco meno della metà sono bambini. La cifra reale potrebbe tuttavia essere molto più alta, considerato l’alto numero di cadaveri ancora seppelliti dal crollo degli edifici e di persone scomparse. Sono quasi due milioni gli sfollati interni, costretti a vivere in una porzione di territorio equivalente a circa il 14% della Striscia (il restante 86% è sottoposto a ordini di evacuazione da parte di Israele). Le persone vivono un catastrofico livello di insicurezza alimentare e sanitaria, dal momento che la maggior parte delle strutture mediche sono inagibili e che le malattie si diffondono rapidamente. E la situazione si aggrava ogni giorno di più, con gli attacchi in Cisgiordania che si fanno di giorno in giorno più intensi. Israele ha poi allargato il proprio fronte al Libano, dove i bombardamenti sulla capitale Beirut proseguono senza sosta insieme agli ordini di evacuazione di decine di altre località, mentre l’escalation con l’Iran promette di aggravarsi di ora in ora.

Valeria Casolaro

7/10/2024 https://www.lindipendente.online/

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