Quanta percezione al sud sulla secessione dei ricchi del nord?

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Simona Suriano Associazione Manifesta

E’ stata una calda estate su diversi fronti, quella del 2024. Si ritorna a scuola e al lavoro con alle spalle mesi di iniziative, banchetti per la raccolta firme, sensibilizzazioni sulla legge Calderoli sull’Autonomia Differenziata, che non ha visto pause, neanche per ferragosto.

Troppo importante, troppo pericoloso, il progetto secessionista che si cela dietro La Legge n. 86/2004 e che, a parer mio, è stato ben compreso dai cittadini italiani, soprattutto meridionali, se il quorum minimo di firme (500.000) per poter proporre referendum sono state raccolte in poco meno di due settimane.

Ancora ora, ultimi giorni di sensibilizzazione, sereni di un bagaglio di firme sufficienti per chiedere il referendum, sono tanti i cittadini preoccupati che si avvicinano, chiedono, contribuiscono a voler fermare questo scellerato disegno. E non importa il colore politico, età, estrazione sociale. L’Autonomia Differenziata marcata Lega Nord ha riunito i cittadini meridionali e non, da NORD a SUD, contro il tentativo di ghettizzare e marginalizzare chi già ha avuto in sorte di nascere e vivere in una regione meno “fortunata”.

Sulle ragioni del perché del ritardo storico del Mezzogiorno potremmo scrivere tomi e tomi e forse non ne verremmo lo stesso a capo. Il dato comunque è sempre lì, fisso ormai da decenni, di un Sud italiano che non riesce ad alzare la testa, che continua a mendicare attenzione da parte di un governo più attento ad accontentare i famelici mercati che preoccupato della coesione sociale del proprio paese. Un Sud (quello politico istituzionale) che accetta una legge omicida pacificamente, rassegnata ormai da anni di confino e subordinazione.

Non accettano invece il confino i cittadini che in massa han firmato contro questo obbrobrio giuridico e costituzionale. Rimane, però, latente, il dubbio amletico se il referendum raggiungerà il quorum richiesto da Costituzione per la sua validità (e sempre che il quesito venga ritenuto ammissibile dalla Corte Costituzionale). Sembra, infatti, che una parte di cittadini del nord, non disprezzino del tutto questo provvedimento o quantomeno ne ignorino la portata eversiva. Forte di una narrazione leghista secessionista lunga ormai decenni, di un sud fannullone e sprecone, alcuni cittadini settentrionali sembrano ben tollerare questo provvedimento che sancirà una volta per tutta che i meno fortunati possono continuare a essere meno fortunati e i più fortunati continuare a gioire della buona sorte toccatagli.

Sì, perché solo di questo si tratta. Solo di buona o cattiva sorte. Del mantra per cui i cittadini meridionali non vogliono lavorare, non vogliono pagare le tasse, e tutte le stupidità folcloristiche e razziste in circolazione da anni, non voglio nemmeno parlare. Il settentrione, e buona parte dell’Europa, sono da decenni meta di tanti meridionali che hanno contribuito e contribuiscono alla crescita del paese. E’ innegabile che la mala gestione delle regioni del mezzogiorno hanno costretto i cittadini del meridione a cercare alternative altrove, e che ciò ha contribuito a desertificare ulteriormente il Sud di quel capitale umano necessario e utile al suo sviluppo. E, come un cane che si morde la coda, in un continuo svuotamento di opportunità per il mezzogiorno, ci ritroviamo un bel provvedimento che da oggi sancisce che chi si trova indietro nella vita, può restarci, perché lo Stato, il Governo si fa beffe della tanto decantata unità nazionale sancita in Costituzione e su cui questo governo ne ha fatto un mantra e raccolto voti. Lo Stato italiano, il Governo italiano, non avrà più il dovere giuridico e morale di eliminare gli ostacoli al pieno sviluppo umano dei suoi cittadini, o a sforzarsi per garantire l’uguaglianza sostanziale come da art. 3 co. 2 Costituzione.

La stupidità di tale progetto lo si può leggere anche in chiave economica. Un paese frammentato, con diverse regole e leggi a pochi km di distanza, non rende nemmeno attrattivo il paese per investitori o imprenditori, a meno non si voglia pensare di dedicarsi solo ed esclusivamente ad una produzione localistica a km 0. Gli imprenditori (i più colpiti ovviamente saranno i piccoli) per far trovare sbocco alle proprie merci dovranno barcamenarsi tra regole, contratti, leggi e usi diversi da regione a regione, con ciò accelerando la morte della piccola e media impresa italiana per mantenere in vita solo il grande capitale che può sostenere i costi di grandi studi legali e commerciali che aiutano a districarsi nel mare magnum di formule e leggi varie.

Infine, ciliegina sulla torta, la Commissione tecnica Cassese, incaricata di quantificare il costo dei LEP (livelli essenziali di prestazione) all’opera proprio nei giorni in cui scrivo, pare abbia sancito come costo minimo per un determinato servizio, quello relativo al “costo della vita” della regione di cui trattasi. Insomma, se in Sicilia il costo della vita è più basso della Lombardia, è giusto che lo Stato dia meno risorse per quel servizio (ricordiamo che può riguardare istruzione, trasporti, contrattazione integrativa lavoro etc.) …tanto i cittadini siciliani son abituati ad avere poco o nulla, e non meritano di più, o si rivolgeranno al privato come si è soliti fare da qualche anno a questa parte.

Insomma, ormai, dopo gli anni della globalizzazione e delle privatizzazioni spinte eravamo abituati a non avere più servizi pubblici degni di tale nome, visto che tutte le risorse pubbliche sono state destinate per lo più ad alimentare la finanziarizzazione dell’economia, a salvare banche dal fallimento, o ad aumentare la spesa militare.

Con la legge Calderoli cade giù anche il velo di ipocrisia, cade giù anche quella “pesante e rognosa” costituzione che almeno formalmente e moralmente vincolava il governo a sforzarsi a trovare una soluzione per garantire pari dignità a tutti i cittadini italiani. E che vien via questa ipocrisia lo abbiamo ascoltato dalle parole del Ministro Musumeci che invita i cittadini ad assicurarsi contro le calamità naturali anziché chiedere allo Stato più investimenti in infrastrutture o misure contro il cambiamento climatico. D’ora in poi, il messaggio è chiaro e limpido: “ognuno per sé e Dio per tutti”.

Fine dell’era delle tutele dallo Stato, fine dei servizi pubblici garantiti, fine di un paese unito e moderno, fine della democrazia. La priorità dell’Italia al momento è investire in armi (per la cui produzione, da parte di imprese private a partecipazione pubblica, si stanziano miliardi) e in aiuti alle grandi imprese la cui socializzazione dei costi è carico della finanza pubblica, ma la spartizione dei dividendi rimane privatissima!

Come cittadina italiana, come ex parlamentare, come donna impegnata in attività politiche e sociali, continuerò a dare battaglia contro provvedimenti eversivi come questo, cercando di risvegliare quante più anime assopite sulla barbarie umana che sta attraversando il nostro paese, affinché si torni ai valori di unità sociale e lotta alle diseguaglianze. Affinché la nostra Costituzione torni ad essere applicata materialmente e non sia più solo un raccoglitore di belle parole come lo è oggi. Perché non si può costruire un paese che vuol essere moderno, democratico e che conti nel contesto internazionale, sulla povertà di tanti e la ricchezza di pochi, sulle ingiustizie, sulle diseguaglianze. Ciò è anacronistico, in un paese che si vuol definire democratico, oltre che profondamente immorale.

Per questi motivi ci attende un autunno e un nuovo anno di sensibilizzazione in lungo e in largo per l’Italia sui pericoli insisti in una legge che sembra voler dare più autonomia alle regioni quando in realtà vuole minare nelle fondamenta la Repubblica italiana; una campagna di sensibilizzazione contro un progetto profondamente razzista ed elitario leghista che ha bypassato il Parlamento, svuotato di senso la Costituzione e sancito per legge l’istituzione di cittadini di serie A e cittadini di serie Z. Cittadini fortunati e meno fortunati. Cittadini nati poveri che non hanno nemmeno il diritto di sognare o sperare di modificare il proprio status e cittadini nati ricchi che godranno di ampie e verdi praterie. Contro tutto questo è giunta l’ora che gli italiani si attivino e alzino la testa!

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