De-dollarizzazione: la proposta dei BRICS+
di: Ben Norton
da: https://geopoliticaleconomy.com
Alla vigilia del vertice BRICS di Kazan, il Ministero delle Finanze della Federazione Russa (il paese che ha ospitato il vertice) e la Banca di Russia hanno pubblicato un documento(https://yakovpartners.ru/upload/iblock/9c2/ci594n0ysocxuukw7iliw6qtr4xz6cc4/BRICS_Research_on_IMFS.pdf) che affronta di petto ed in modo articolato il tema della de-dollarizzazione ed analizza alcune tappe fondamentali per imprimere una svolta a tale processo. E’ un documento molto lungo che l’analista Ben Norton in parte utilizza per questo suo articolo che affronta in modo dettagliato il tema della dollarizzazione. Una lettura importante per cogliere i tratti essenziali della necessaria transizione al multipolarismo.
Traduzione per Marx21.it a cura di Francesco Maringiò
I BRICS progettano un “sistema multivalutario” per sfidare il dominio del dollaro USA: comprendiamo la proposta della Russia
L’Iniziativa per i pagamenti transfrontalieri dei BRICS (BCBPI) utilizzerà le valute nazionali, invece del dollaro USA. Il ministero delle Finanze e la banca centrale russi hanno pubblicato un rapporto che illustra i piani di trasformazione del sistema monetario e finanziario internazionale.
L’organizzazione BRICS, orientata al Sud globale, ha reso noti i piani per trasformare il sistema monetario e finanziario internazionale e sfidare il dominio del dollaro USA.
In qualità di presidente del BRICS per il 2024, la Russia ha proposto la creazione di una BRICS Cross-Border Payment Initiative (BCBPI), in cui i membri dell’organizzazione utilizzeranno le loro valute nazionali per effettuare scambi commerciali.
I BRICS creeranno inoltre un’infrastruttura di messaggistica alternativa per aggirare il sistema di comunicazione interbancaria SWIFT, controllato dagli Stati Uniti e soggetto a sanzioni unilaterali occidentali.
Questo “sistema multivalutario” includerà anche nuovi meccanismi non solo per de-dollarizzare il commercio, ma anche per incoraggiare gli investimenti nei membri dei BRICS e in altri mercati emergenti ed economie in via di sviluppo, tra cui una piattaforma BRICS Clear, un “nuovo sistema di contabilità e regolamento dei titoli” e strumenti finanziari denominati in valute nazionali.
I BRICS sperimenteranno la tecnologia a ledger distribuito (DLT, come la blockchain. La la tecnologia a ledger distribuito è una tecnologia di contabilità. NdT.), promuovendo l’uso delle valute digitali delle banche centrali (CBDC) in modo che le nazioni possano regolare direttamente gli squilibri commerciali, senza dover ricorrere al sistema SWIFT e alle banche corrispondenti situate in Paesi terzi.
È prevista anche la creazione di una Borsa dei cereali BRICS e di un’agenzia di prezzi associata, con centri per il commercio di materie prime come il grano, il petrolio, il gas naturale e l’oro, che possono essere utilizzati anche per regolare gli squilibri commerciali.
Queste proposte sono state illustrate nel rapporto “Improvement of the International Monetary and Financial System” (Miglioramento del sistema monetario e finanziario internazionale), redatto dal Ministero delle Finanze della Federazione Russa, dalla Banca di Russia e dalla società di consulenza Yakov and Partners. (Un PDF del documento è disponibile sul sito ufficiale del Ministero delle Finanze russo, ma se il link non funziona, è disponibile anche sulla pagina di Yakov and Partners).
Questo storico rapporto è stato pubblicato alla vigilia del vertice BRICS che si terrà a Kazan, in Russia, dal 22 al 24 ottobre.
Il BRICS è stato originariamente fondato come un raggruppamento di mercati emergenti ed economie in via di sviluppo, composto da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica.
Da allora l’organizzazione si è ampliata e al vertice BRICS del 2023 a Johannesburg, in Sudafrica, sono stati invitati ad aderire altri sei Paesi: Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Argentina. (Inizialmente il governo argentino di sinistra aveva accettato l’offerta, ma quando il leader della destra filo-USA Javier Milei è salito al potere nel dicembre 2023, ha attaccato i BRICS e si è rifiutato di aderire).
La presidenza dei BRICS ruota su base annuale. Il Sudafrica ha assunto la presidenza nel 2023, seguito dalla Russia nel 2024.
Nel febbraio 2024, i ministri delle finanze e i governatori delle banche centrali dei BRICS si sono incontrati a San Paolo, in Brasile. In quell’occasione, i rappresentanti russi hanno dichiarato che avrebbero preparato un rapporto “per i leader dei Paesi BRICS con un elenco di iniziative e raccomandazioni sui modi per migliorare il sistema monetario e finanziario internazionale”.
Il ministro delle Finanze russo Anton Siluanov ne ha spiegato le motivazioni:
Il sistema attuale si basa sull’infrastruttura finanziaria occidentale vigente e sull’uso di valute di riserva. È estremamente imperfetto e viene costantemente utilizzato come strumento di pressione politica ed economica. Un’altra ragione per una riforma del sistema monetario e finanziario internazionale è la frammentazione geoeconomica che è derivata dall’abuso di restrizioni commerciali e finanziarie.
In occasione dell’incontro di febbraio, i BRICS hanno annunciato l’intenzione di creare una “piattaforma multilaterale di regolamento e pagamento digitale”, denominata BRICS Bridge, che “aiuterebbe a colmare il divario tra i mercati finanziari dei Paesi membri dei BRICS e ad aumentare il commercio reciproco”.
Questi sforzi sono culminati nella ricerca completa pubblicata a ottobre.
Il monopolio dell’Occidente guidato dagli Stati Uniti sul sistema monetario e finanziario internazionale
Il rapporto della presidenza russa dei BRICS sostiene che il sistema monetario e finanziario internazionale (IMFS) non è solo ingiusto ma anche inefficiente, in quanto è un monopolio che soffre “di un’eccessiva dipendenza da una moneta unica e da un’infrastruttura finanziaria centralizzata”.
Il documento rileva che “l’attuale IMFS serve principalmente gli interessi delle AE” (economie avanzate), cioè in gran parte dei Paesi ricchi dell’Occidente.
Inoltre, “l’attuale IMFS è stato caratterizzato da frequenti crisi, persistenti squilibri commerciali e delle partite correnti, elevati e crescenti livelli di debito pubblico e una destabilizzante volatilità dei flussi di capitale e dei tassi di cambio”, ha aggiunto.
Il monopolio che gli Stati Uniti esercitano sull’IMFS garantisce la domanda globale di dollari e ha quindi permesso loro di gestire per decenni deficit di parte corrente enormi, utilizzando al contempo la loro valuta per servire i propri interessi geopolitici.
Il governo statunitense sta conducendo una guerra economica in tutto il mondo e ha imposto sanzioni unilaterali a un terzo di tutti i Paesi, compreso il 60% dei Paesi a basso reddito.
Washington e i suoi alleati in Europa hanno anche confiscato centinaia di miliardi di dollari di beni ai loro avversari. Il rapporto dei BRICS include un elenco di Paesi le cui riserve sono state congelate dall’Occidente, compresi Russia, Venezuela, Iran, Siria, Libia, Afghanistan e la Repubblica Democratica Popolare di Corea (Corea del Nord).
Alternativa dei BRICS alla Banca Mondiale e al Fondo Monetario Internazionale: Nuova Banca di Sviluppo (NDB) e Accordo sulle Riserve Contingenti (CRA)
Per cercare di trasformare il sistema monetario e finanziario internazionale, il rapporto russo ha proposto la creazione di diverse nuove istituzioni, tra cui la BRICS Cross-Border Payment Initiative (BCBPI), la piattaforma BRICS Clear e la BRICS Grain Exchange.
Il rapporto chiede inoltre di rafforzare le organizzazioni che i BRICS hanno già creato come alternative alla Banca Mondiale e al Fondo Monetario Internazionale (FMI): la Nuova Banca di Sviluppo (NDB, precedentemente nota come Banca BRICS) e l’Accordo sulle Riserve Contingenti (CRA).
La NDB è stata fondata per fornire finanziamenti ai Paesi in via di sviluppo, in particolare per progetti infrastrutturali. La NDB si è impegnata a offrire un maggior numero di prestiti nelle valute nazionali dei membri dei BRICS, cercando di smantellare gradualmente la dollarizzazione.
La presidenza russa dei BRICS ha chiesto di “aumentare in modo sostanziale la capacità di finanziamento della NDB, insieme a una revisione simultanea dei suoi principi e criteri di valutazione per la selezione dei progetti, con l’obiettivo di espandere la pipeline di progetti”.
Meno ottimismo, invece, per quanto riguarda la CRA. Questa istituzione era stata concepita come una fonte alternativa di liquidità per i Paesi con problemi alla bilancia dei pagamenti. Tuttavia, dalla sua creazione, il CRA non è stato molto attivo e la stessa proposta russa spiega che soffre di dipendenza sia dal dollaro USA che dal sistema di messaggistica interbancaria SWIFT.
Un’altra grave preoccupazione per il CRA è che le sue operazioni sono supervisionate dal FMI. Il rapporto osserva che “il trattato che istituisce la CRA limita al 30% del massimo l’ammontare delle risorse che possono essere rilasciate senza un accordo parallelo con il FMI”, e che qualsiasi accordo deve rispettare “gli obblighi di sorveglianza e divulgazione del FMI”.
“Questo può potenzialmente portare a una situazione nella quale un beneficiario, a causa della sua posizione attuale con il FMI, viene privato di un’ancora di salvezza finanziaria anche se i membri del CRA BRICS sono d’accordo sulla fornitura di aiuti”, ha aggiunto il documento.
Il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale sono profondamente danneggiati dal fatto che gli organismi sono completamente dominati dalle potenze occidentali. Gli Stati Uniti sono l’unico Paese ad avere potere di veto in entrambe le istituzioni.
Quando il FMI e la Banca Mondiale furono creati alla Conferenza di Bretton Woods nel 1944, che sancì anche il dollaro come valuta di riserva globale, le potenze occidentali ottennero un controllo significativo sulle istituzioni. (All’epoca della conferenza, gran parte del mondo era ancora formalmente colonizzato dagli imperi europei).
Per garantire il dominio occidentale, c’è un accordo tacito per cui ogni presidente della Banca Mondiale è un cittadino statunitense e ogni direttore generale del FMI è europeo. Ad oggi, questo schema è continuato, anche se l’economia globale è cambiata in modo molto significativo.
A partire dal 2023, i cinque Paesi BRICS originari rappresentano il 32% del PIL globale (misurato a parità di potere d’acquisto, PPP), ma hanno solo il 13,54% delle quote di voto nel FMI.
D’altra parte, i Paesi del G7 detengono il 41,27% delle quote di voto del FMI, nonostante rappresentino solo il 30% del PIL globale (PPA).
Il rapporto BRICS ha evidenziato queste gravi preoccupazioni, affermando:
Anche l’aspetto della governance del FMI è stato messo in discussione: il sistema offre un vantaggio significativo alle economie ad alto reddito, che detengono quote chiave del FMI. Gli interessi di 35 economie avanzate sono rappresentati da 12 direttori, mentre i restanti 155 Paesi sono rappresentati da 12 direttori provenienti da Paesi in via di sviluppo, oppure sono compresi all’interno di raggruppamenti con economie avanzate, dove le loro opinioni e i loro interessi sono considerati secondari. I direttori dei Paesi ad alto reddito hanno il 63% dei voti al FMI, anche se a parità di potere d’acquisto queste economie rappresentano oggi solo il 46% del PIL mondiale.
Alla luce di questi squilibri strutturali, il documento chiede di rafforzare la NDB e di riformare la CRA, in modo che possano fungere da alternative reali.
I BRICS creeranno una valuta di riserva per sfidare il dollaro? Il DSP è un inizio
Il rapporto della presidenza russa dei BRICS ha rivelato che, nel breve-medio termine, il blocco cercherà di de-dollarizzarsi promuovendo il commercio e gli investimenti nelle valute nazionali.
Tuttavia, si è molto discusso se i BRICS creeranno o meno un’unità di conto internazionale per sfidare il ruolo del dollaro USA come valuta di riserva globale.
Quando il moderno sistema finanziario fu creato alla Conferenza di Bretton Woods nel 1944, il famoso economista John Maynard Keynes propose un’unità di conto internazionale che chiamò Bancor.
Come spiega il FMI nel suo glossario ufficiale (corsivo mio):
Nella sua proposta originale per un sistema monetario internazionale del dopoguerra, l’economista britannico John Maynard Keynes prevedeva una banca globale (l’International Clearing Union o ICU), che avrebbe emesso una propria valuta (bancor), basata sul valore di 30 merci rappresentative, tra cui l’oro, scambiabile con le valute nazionali a tassi fissi. Tutti i conti commerciali sarebbero misurati in bancor, mentre ogni Paese avrebbe mantenuto un conto in bancor nei confronti dell’ICU (che prevedibilmente sarebbe stato bilanciato entro un piccolo margine) e avrebbe avuto anche una franchigia di scoperto nei confronti dell’ICU.
Quando i Paesi registravano ampi disavanzi commerciali (più della metà della franchigia bancor), pagavano interessi sui loro conti, subivano aggiustamenti economici (eventualmente anche controlli sui capitali) e svalutavano le loro valute. Viceversa, i Paesi con grandi eccedenze commerciali sarebbero stati soggetti a un onere simile e avrebbero dovuto apprezzare i loro tassi di cambio.
Keynes si aspettava che questo meccanismo avrebbe portato a una simmetria omogenea degli aggiustamenti tra i vari Paesi, evitando squilibri globali.
La proposta di Keynes fu alla fine respinta; vinse invece il rappresentante degli Stati Uniti a Bretton Woods, l’economista Harry Dexter White. Il dollaro divenne la valuta di riserva globale, all’epoca fissata al tasso di cambio fisso di 35 dollari per oncia d’oro.
Tuttavia, nel XXI secolo, la spinta dei BRICS e di gran parte del Sud globale verso la de-dollarizzazione ha portato a una rinascita dell’interesse per proposte come quelle avanzate da Keynes.
Il rapporto della presidenza russa dei BRICS non ha chiesto esplicitamente la creazione di una valuta internazionale, ma ha espresso interesse per il concetto.
La cosa più simile che esiste, si legge nel documento, sono i Diritti Speciali di Prelievo (DSP) emessi dal FMI.
Come “risorsa di riserva alternativa e persino come nuova valuta globale”, il DSP ha effettivamente un potenziale, secondo il rapporto, ma il suo uso “rimane limitato”.
“Creato come riserva internazionale supplementare, il DSP potrebbe svolgere un ruolo più importante”, scrivono gli autori, insistendo sul fatto che ‘occorre impegnarsi per l’utilizzo dei DSP nell’economia reale’.
Hanno aggiunto: “Con le caratteristiche e il potenziale per agire come una valuta di riserva super-sovrana, il DSP potrebbe essere una soluzione all’annoso Dilemma di Triffin. I Paesi emittenti di valute di riserva non sono in grado di mantenere il valore delle valute di riserva e allo stesso tempo di fornire liquidità al mondo”.
Tuttavia, il DSP presenta un problema. Il suo valore si basa su un paniere di cinque valute principali: dollaro USA, euro, sterlina britannica, yen giapponese e renminbi cinese. Pertanto, anche se le riserve di un paese sovrano in DSP non possono essere congelate o sequestrate, come l’Occidente ha fatto con gli avversari che detengono titoli del Tesoro, l’assunzione di prestiti denominati in DSP comporta comunque un rischio di cambio.
Quando la Federal Reserve statunitense e la Banca Centrale Europea aumentano rapidamente i tassi di interesse, come hanno fatto nel 2022 e nel 2023, questo potrebbe portare a una significativa pressione al ribasso sulle valute delle economie in via di sviluppo, rendendo così più difficile ripagare il debito denominato in DSP – a meno che le loro banche centrali non aumentino a loro volta i tassi di interesse, il che potrebbe causare una recessione.
Come ha sottolineato il rapporto della presidenza russa dei BRICS, “a causa della natura onerosa dei DSP (quando prelevati), il costo associato al prestito in DSP è influenzato dall’attuale contesto di interessi elevati dei Paesi che compongono il paniere di valute che compongono il DSP, il che significa un’ulteriore limitazione all’uso pratico dei DSP”.
Nonostante questa preoccupazione, gli autori sostengono che un’unità di conto internazionale come il DSP potrebbe in altri modi alleviare la pressione esogena sulle valute delle economie in via di sviluppo:
Il DSP può contribuire a eliminare i rischi intrinseci delle valute sovrane basate sul credito e rendere possibile la gestione della liquidità globale. Inoltre, quando la valuta di un Paese non sarà più utilizzata come metro di paragone per il commercio globale e come parametro di riferimento per le altre valute, la politica dei tassi di cambio del Paese sarà molto più efficace nel regolare gli squilibri economici. Ciò ridurrà significativamente i rischi di una crisi futura e migliorerà la capacità di gestione delle crisi.
Il rapporto indica che non è solo Mosca a sostenere un ruolo maggiore per il DSP, ma anche Pechino.
“La Cina ha iniziato a riportare i dati relativi alle riserve internazionali, alla bilancia dei pagamenti e alla posizione degli investimenti internazionali in DSP e renminbi. Ha anche emesso obbligazioni denominate in DSP”, si legge nel documento. “Tuttavia, gli operatori di mercato (al contrario di quelli sovrani) non hanno iniziato a utilizzare i DSP come unità di conto, e l’infrastruttura di mercato per i DSP rimane inaffidabile”.
In breve, la proposta della presidenza russa dei BRICS ha espresso un sostegno qualificato all’idea di un’unità di conto internazionale come il DSP e ha chiesto di “promuovere l’uso del DSP nel commercio internazionale, nella determinazione dei prezzi delle materie prime, negli investimenti transfrontalieri e nella tenuta dei libri contabili”; di “creare un maggior numero di attività finanziarie denominate in DSP per fungere da veicolo di investimento”; e di “rivalutare e rafforzare il ruolo dei DSP come attività di riserva internazionale, a condizione che le misure volte ad aumentarne l’utilizzo nell’economia reale e i mezzi di scambio abbiano successo”.
Tuttavia, il fatto che i DSP siano amministrati dal FMI significa che è improbabile che nel breve termine possano rappresentare una seria alternativa, a meno che il FMI stesso non venga radicalmente trasformato.
La de-dollarizzazione degli investimenti e delle riserve
Nella discussione sulla de-dollarizzazione, è importante distinguere la de-dollarizzazione dei pagamenti transfrontalieri da un lato e la de-dollarizzazione dei risparmi e degli investimenti dall’altro.
Nel sistema finanziario internazionale, il commercio di beni rappresenta solo una piccola percentuale delle transazioni totali; la stragrande maggioranza riguarda i flussi di capitale in entrata e in uscita da obbligazioni, azioni e mercato dei cambi, insieme a centinaia di trilioni di dollari di derivati in circolazione (scommesse finanziarie) – ben 715 trilioni di dollari a giugno 2023.
Secondo l’Organizzazione Mondiale del Commercio, invece, nel 2023 il commercio mondiale di merci ammontava a 23,8 trilioni di dollari. L’UNCTAD ha calcolato che il commercio mondiale di beni nel 2022 è stato di circa 25.000 miliardi di dollari e il commercio globale di servizi di 6.500 miliardi di dollari.
In altre parole, c’è un ordine di grandezza tra il commercio mondiale e le transazioni finanziarie globali. Data questa enorme disparità, è più facile de-dollarizzare il commercio internazionale di beni che de-dollarizzare i risparmi e gli investimenti.
Detto questo, il rapporto della presidenza russa dei BRICS ha proposto idee su come fare entrambe le cose.
Oltre a sostenere la creazione di una piattaforma BRICS Clear de-centralizzata, il documento chiedeva lo “sviluppo di un hub di investimento nel continente di un Paese membro della piattaforma”, con “nuove forme di emissione di debito al posto delle obbligazioni denominate in euro – potenzialmente denominate nelle valute nazionali dei Paesi partecipanti”.
I BRICS dovrebbero creare “un’alternativa all’ANNA (Association of National Numbering Agencies)” che “permetterà di assegnare e mantenere i codici internazionali ISIN, CFI e FISN per gli strumenti finanziari denominati nelle valute nazionali degli Stati membri dei BRICS”, scrivono gli autori.
Per incoraggiare i membri dei BRICS a de-dollarizzare le loro riserve, devono rendere “le valute di altri Paesi (o un paniere di tali valute) più attraenti come riserva di valore”, sottolineano nel rapporto. Ciò può essere fatto istituendo meccanismi di fornitura di liquidità e promuovendo la “proliferazione di strumenti a reddito fisso denominati in valute locali da utilizzare come veicolo di investimento”.
La presidenza russa dei BRICS ha proposto anche la creazione di un BRICS Digital Investment Asset (DIA), che secondo il rapporto “sarà sostenuto da attività impegnate dai costituenti dei BRICS”.
Visti i rischi di cambio in molti mercati emergenti ed economie in via di sviluppo, tuttavia, oltre al massiccio slancio che incentiva le banche centrali e altri investitori a detenere attività denominate in valute dominanti, il processo di de-dollarizzazione delle riserve e di altri risparmi sarà lento e difficile.
Per decenni, i titoli del Tesoro statunitense sono stati l’asset di riserva globale di riferimento. La questione di quali attività dovrebbero essere utilizzate per sostituirli non è di facile soluzione.
Nel breve termine, le banche centrali dei membri dei BRICS hanno investito pesantemente in oro. Con la crescente domanda globale, il prezzo della commodity è già salito e si prevede che continuerà a salire in modo significativo.
Il rapporto sottolinea tuttavia che l’economia mondiale è cambiata molto negli ultimi decenni, mentre il sistema monetario e finanziario internazionale non ha recuperato il ritardo.
Nel 2023, i mercati emergenti rappresenteranno il 50,1% del PIL mondiale e il 66% della crescita del PIL mondiale negli ultimi 10 anni (a parità di potere d’acquisto, PPA).
I cinque membri originari dei BRICS rappresenteranno il 32% del PIL mondiale (PPA) nel 2024. Si tratta di una quota superiore a quella del PIL mondiale del G7.
Questi cambiamenti si riflettono in parte nello spostamento dei flussi commerciali internazionali. Nel 1995, solo il 10% del commercio globale di beni era costituito da scambi tra i mercati emergenti e le economie in via di sviluppo (EMDE); nel 2022, questa cifra era salita al 26% e il rapporto stima che raggiungerà il 32% entro il 2032.
Tuttavia, i cambiamenti significativi nell’economia globale non sono evidenti nei flussi di investimenti internazionali, che continuano a beneficiare in modo sproporzionato i Paesi ricchi.
Nel 2022, solo l’11% degli investimenti globali fluirà dai Paesi meno sviluppati verso altri Paesi meno sviluppati, e questa cifra è aumentata a malapena rispetto all’8% del 2010. La stragrande maggioranza degli investimenti globali fluisce ancora dalle economie avanzate verso altre economie avanzate: 63% nel 2022. Questo dato è leggermente diminuito rispetto al 72% del 2010, ma il calo è minimo se si considera che nello stesso periodo di tempo i Paesi meno sviluppati hanno rappresentato un incredibile 66% della crescita globale.
Ciò dimostra che gli EMDE non hanno beneficiato in modo significativo degli investimenti esteri, pur essendo le economie in più rapida crescita del pianeta.
Come si legge nel rapporto della presidenza russa dei BRICS, “i profitti generati dalla crescita del commercio vengono investiti all’estero in mercati più liquidi e accessibili, anziché andare a beneficio delle economie nazionali”.
La necessità di un nuovo ordine economico internazionale
La struttura del moderno sistema monetario e finanziario internazionale serve gli interessi dei paesi ricchi del Nord globale, che hanno colonizzato il mondo, a spese della maggior parte dei paesi a basso reddito del Sud globale, che sono stati colonizzati.
Gli economisti del World Inequality Lab, Gastón Nievas e Alice Sodano, sono giunti a questa conclusione in una ricerca pubblicata nell’aprile 2024. Hanno scritto (corsivo aggiunto):
Troviamo che l’eccesso di rendimento – cioè il divario tra i rendimenti delle attività estere e i rendimenti delle passività estere – è aumentato significativamente per il 20% dei Paesi più ricchi (ponderati per la popolazione) dal 2000. In effetti, l’esorbitante privilegio degli Stati Uniti osservato nei decenni precedenti è cresciuto in dimensioni e portata ed è diventato un privilegio del mondo ricco.
I Paesi più ricchi sono diventati i banchieri del mondo, attirando i risparmi in eccesso attraverso l’offerta di attività sicure a basso rendimento e investendo questi flussi in imprese più redditizie. Questo privilegio si traduce in trasferimenti netti di reddito dai più poveri ai più ricchi pari all’1% del PIL dei Paesi del 20% (e al 2% del PIL per i Paesi del 10%), alleggerendo il saldo delle partite correnti di questi ultimi e peggiorando quello dell’80% dei Paesi più poveri di circa il 2-3% del loro PIL.
Abbiamo dimostrato che i Paesi ricchi accumulano guadagni di capitale positivi, che migliorano la loro posizione di investimento internazionale (IIP), e investono in attività relativamente meno rischiose rispetto al resto del mondo, confutando le precedenti convinzioni secondo cui essi guadagnano un premio di rendimento per compensare le perdite potenziali e il rischio assunto.
I nostri risultati sembrano essere spiegati dal fatto che i Paesi più ricchi sono emittenti di valute di riserva internazionali e sono in grado di accedere a finanziamenti più economici (sia per il settore pubblico che per quello privato).
Hanno riassunto i loro risultati in una frase: “Il privilegio degli Stati Uniti è diventato un privilegio del mondo ricco, finanziato dai BRICS”.
Questa fuga di ricchezza dal Sud del mondo verso il Nord è ancora più evidente quando i Paesi vengono suddivisi in quote di reddito nazionale pro capite.
I Paesi ricchi della prima quota del 20% ricevono più dell’1% del PIL di reddito netto da capitale estero, mentre il 2-3% del PIL viene drenato dal resto del mondo.
Questa fuga di ricchezza è peggiorata dall’ascesa del neoliberismo negli anni Settanta e soprattutto dalle ondate di finanziarizzazione e deregolamentazione degli anni Novanta.
Spiegano gli economisti del World Inequality Lab, Nievas e Sodano:
In effetti, la posizione centrale dei Paesi ricchi nel sistema monetario e finanziario internazionale permette loro di funzionare come intermediari, come banchieri del mondo. Questo ruolo rafforza ulteriormente il loro privilegio, in quanto fanno leva sulla loro posizione di vantaggio per attirare i risparmi in eccesso e incanalarli verso investimenti produttivi. Questo ciclo perpetua il loro dominio e rafforza la loro posizione di attori chiave nel panorama economico globale.
Hanno concluso il loro documento di ricerca scrivendo:
Abbiamo sostenuto che il privilegio dei ricchi deriva da un disegno istituzionale, contrariamente alla convinzione che sia un risultato del mercato, e che comporta enormi oneri per i Paesi poveri. L’80% dei paesi poveri è costretto a trasferire ogni anno circa il 2-3% del proprio PIL, somme che potrebbero essere spese in politiche di sviluppo a livello nazionale.
Gli sforzi devono essere diretti a ridisegnare l’attuale sistema monetario e finanziario per promuovere un regime più egualitario. Se da un lato il sistema ha contribuito alla globalizzazione, al commercio, alla finanziarizzazione e alla crescita economica, dall’altro non è riuscito ad affrontare sfide complesse come il cambiamento climatico, l’innovazione tecnologica, l’aumento delle disuguaglianze, i cambiamenti demografici a lungo termine e l’escalation dei conflitti geopolitici in un mondo multiforme.
La promessa iniziale fatta dopo la Seconda guerra mondiale di istituire un sistema monetario e finanziario internazionale neutrale resta disattesa. Sosteniamo che gli Stati Uniti non si sono guadagnati la posizione privilegiata del dollaro, ma che questo privilegio è stato ereditato da un’epoca in cui era stato imposto durante i primi anni del sistema di Bretton Woods. Sebbene sia vero che le riserve di dollari sono state accumulate volontariamente dal resto del mondo, il ruolo iniziale del dollaro come valuta globale stabile ha permesso agli Stati Uniti di diventare l’egemone valutario e di acquisire un privilegio esorbitante, inclinando a proprio favore l’equilibrio di potere internazionale. Finora, la sua egemonia è stata contestata solo in parte da altri Paesi fornitori di valuta forte.
La proposta russa di presidenza dei BRICS non risolverà tutti questi problemi strutturali, ma è un passo nella giusta direzione.
Lo stesso rapporto BRICS conclude con un tono cauto. “La misura in cui il sistema attuale si è discostato dal modello proposto significa che il cambiamento richiederà tempo e uno sforzo collettivo da parte di tutti i Paesi”, scrivono gli autori, sottolineando che ‘l’attuazione pratica delle suddette iniziative richiederà un approccio graduale’.
Tuttavia, aggiunge il documento, “l’aspetto importante è che il processo è già iniziato: i sistemi di pagamento alternativi e i meccanismi di messaggistica finanziaria sono già presenti, l’uso delle valute nazionali per i regolamenti bilaterali sta crescendo e stanno emergendo nuovi modi di effettuare transazioni, compresi gli asset digitali”.
La proposta dei BRICS di trasformare il sistema monetario e finanziario internazionale è lungi dall’essere una panacea, ma potrebbe contribuire ad affrontare alcune di queste disuguaglianze strutturali.
In questo senso, il piano dei BRICS potrebbe essere considerato alla stregua della richiesta di un Nuovo Ordine Economico Internazionale (NIEO).
Il Gruppo dei 77 (G77), che oggi conta 134 membri provenienti da tutto il mondo in via di sviluppo, ha ribadito la sua richiesta di un NIEO praticamente ogni anno da quando è stata formulata per la prima volta nel 1974.
Il G77+Cina ha tenuto un vertice a Cuba nel gennaio 2024, in cui i partecipanti hanno denunciato “le principali sfide generate dall’attuale ordine economico internazionale ingiusto per i Paesi in via di sviluppo”. Nello stesso mese, Cuba, in qualità di presidente del G77, ha ospitato il Congresso dell’Avana sul nuovo ordine economico internazionale.
Tutti i membri dei BRICS, tranne la Russia, fanno parte del G77 e Mosca sostiene da tempo la richiesta del NIEO.
È quindi profondamente appropriato e simbolico che i BRICS discutano dei piani di trasformazione del sistema monetario e finanziario internazionale nel 50° anniversario del NIEO.
Come disse Victor Hugo, “Nulla al mondo… è così potente come un’idea il cui tempo è giunto”.
27/10/2024 https://www.marx21.it/
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