L’onere della prova di cancerogenicità: sulle cose o sugli uomini ?

“L’onere della prova di cancerogenicità: sulle cose o sugli uomini ?” è il titolo di un articolo di Giulio A. Maccacaro apparso su Sapere del settembre 1976, e così si rispondeva : “L’uomo va, sempre e comunque, difeso e l’onere delle prove sta tutto e sempre sulle cose, soprattutto su chi le produce e le immette nell’uso umano, nell’ambiente di vita ed in particolare di lavoro”, da qui prende abbrivio anche la richiesta del “MAC ZERO” (divieto di produzione o ciclo chiuso, senza esposizione umana) delle sostanze cancerogene, mutagene e teratogene.

Oggi come siamo messi ?

L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) dell’OMS dal 1971 ha effettuato la valutazione di 1.000 agenti valutando che 500 di questi sono cancerogeni per l’uomo, probabilmente cancerogeni o possibilmente cancerogeni.

129 agenti sono classificati, ad oggi, come appartenenti al gruppo 1, cancerogeni certi per l’uomo (sulla base di evidenze epidemiologiche sull’uomo stesso, ovvero la prova è stata fatta sull’uomo e la donna).  E’ un work in progress che continua occupandosi via via di nuovi agenti o rivedendo le valutazioni degli agenti “sospetti”.

La maggior parte di questi agenti sono sostanze chimiche prodotte per profitto cui continuano – anche se in misura minore dal momento in cui sono riconosciuti cancerogeni (almeno in Europa) – ad essere esposti principalmente i lavoratori e le lavoratrici.

Anche se la normativa europea è certamente restrittiva rispetto a molti altri paesi, la eliminazione delle sostanze di maggiore nocività è ancora di là da venire.

Per fornire qualche numero significativo il regolamento sulle sostanze chimiche (REACH) prevede le procedure “autorizzative” per le sostanze considerate “particolarmente problematiche”, questa procedure inserisce quelle individuate in una lista sottoposta a vincoli molto stretti (e costosi) con l’intento di spingere i fabbricanti a ricercare e produrre sostituti meno pericolosi.

Questa procedure si applicano a sostanze individuate via via tra quelle con le seguenti proprietà pericolose:

  • sostanze che soddisfano i criteri di classificazione come cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione (CMR), di categoria 1A o 1B ai sensi del regolamento CLP;
  • sostanze che sono persistenti, bioaccumulabili e tossiche (PBT) o molto persistenti e molto bioaccumulabili (vPvB) in conformità al regolamento REACH (allegato XIII);
  • sostanze individuate caso per caso, che destano un livello di preoccupazione equivalente alle sostanze CMR o PBT/vPvB.

Attualmente vi sono 59 sostanze o gruppi di sostanze “autorizzate” tra queste 27 classificate come cancerogene dalla UE (vi sono anche disturbatori endocrini come gli ftalati, metalli e composti di metalli di arsenico, cadmio, cromo VI, piombo e sostanze organiche che il tricloroetilene o trielina) altre sono assenti (per ora) come la formaldeide.

Sicuramente queste sostanze sono da eliminare quanto prima dai processi produttivi e di consumo.

Altre sostanze si “affacciano” alla applicazione delle misure fortemente restrittive e vincolanti per fabbricanti e utilizzatori (la “candidate list”). Dal 2011 vi sono passate 241 sostanze (comprese le 59 con un processo autorizzativo concluso).

Vi sono infine sostanze con restrizioni d’uso (meno “restrittive” rispetto a quella delle autorizzazioni) principalmente finalizzate a ridurre l’esposizione da parte del consumatore non professionale, attualmente queste sostante con restrizioni sono 74  , nel tempo almeno parte di queste finiranno nella candidate liste e poi nelle sostanze soggette ad autorizzazione.

Come si vede un processo graduale e lungo che non garantisce la complete eliminazione, oltre a questo limite quello fondamentale è che non riesce “a stare dietro” alla continua immissione sul mercato di nuove sostanze, incluse quelle “leggermente modificate” rispetto a quelle sottoposte a restrizione.

Anche se le nuove sostanze sono soggette a un processo di registrazione che include la presentazione di un “dossier” che include informazioni e studi tossicologici, ora che l’Agenzia Europea per la Chimica (ECHA) riesce a concludere l’esame ed (eventualmente !) accorgersi di problemi sostanziali legati alle sostanze, passa sufficiente tempo, per i fabbricanti, di produrre profitti come pure danni ambientali e/o alle persone.

E’ il caso del PFAS : dopo aver vietato la produzione e l’uso del PFOA e del PFOS con il meccanismo autorizzativo, sono stati immessi sul mercato decine di nuovi PFAS con dossier che ne dimostrerebbero proprietà negative minori rispetto a quelli precedenti, oramai indubitabilmente tossici (cancerogene secondo lo IARC e disturbatori endocrini).

E’ in discussione una riformulazione di questa parte del regolamento REACH per sopperire a queste limitazioni, ad esempio, introducendo valutazioni e autorizzazioni (ed eventualmente cessazione della produzione) per gruppi di sostanze chimicamente simili.

C’è ancora tanta strada da fare per attuare la richiesta di tutela della persona dai danni e dai rischi da tali sostanze estremamente pericolose.

A cura di Marco Caldiroli

7/11/2024 https://www.medicinademocratica.org/

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *