TDOR: la R non è più solo ricordo ma rabbia, resistenza e rivolta

Per il TDOR, giornata del ricordo per le persone trans vittime di crimini d’odio, pubblichiamo l’intero intervento dell’Osservatorio contro femminicidi, transcidi, puttanocidi, lesbicidi e suicidi di stato di Non una di meno, perché ancora oggi in Italia non esiste alcun tipo di monitoraggio di questi delitti

di Osservatorio di Non Una Di Meno

La violenza di genere non è un’emergenza ma è strutturale in questo sistema  eterocispatriarcale e capitalista basato su gerarchie, potere e dominio. È parte fondante  della guerra contro ogni corpo vivente e contro la stessa terra. Si manifesta con processi  di colonizzazione, occupazione, genocidi, estrattivismo, sfruttamento, uso e abuso dei  corpi per i profitti. 

La crisi economica, politica, culturale, sociale determina la necessità di tenere in piedi  il sistema, di continuare a produrre incrementando la devastazione e frenando la  possibilità di di creare reali alternative di pensiero, pratiche, economie. 

L’organizzazione sociale è una potente macchina ormai globale, che manipola, impone,  reprime e arriva a uccidere con i suoi eserciti, le polizie ma anche persone individuali o  gruppi collettivi che si fanno strumento violento della riproduzione del sistema. 

Gli assassinii di genere (femminicidi, transcidi, puttanocidi, istigazioni al suicidio) non  sono altro che azioni del braccio armato extragiudiziale e non irregimentato istituzionalmente dell’eterocispatriarcato che ci riporta alle origini stesse del capitalismo  e del colonialismo.

Quando si usavano roghi, false denunce, lapidazioni di piazza per  sconfiggere il “male”, il demonio qualsiasi forma cioè di diversità che si sottraesse, nello  spazio pubblico o privato, alle norme del potere. 

Anche recentemente il fuoco è stato utilizzato in alcuni casi di femminicidio, segno  questo che i roghi qui come in altri paesi non sono assolutamente tragica storia del  passato. Per questo sosteniamo la campagna MAI PIÛ ROGHI che tende a superare quelle  rappresentazioni simboliche mascherate da tradizioni popolari che ancora bruciano  fantocci di persone femminilizzate, nella maggior parte identificabili come vecchie,  streghe o persone razzializzate e che non fanno che normalizzare pratiche violente. 

Forme di resistenza, di ribellione, di desiderio di profondi scardinamenti di questa  società e della sua macchina infernale che ha la sua prima forma regolata e asservita  nella famiglia ci sono ma la repressione è fortissima e, con lentezza spietata, ha  cambiato nel corso degli anni il valore di parole come rivoluzione, azione diretta,  boicottaggio, resistenza, disobbedienza civile, occupazione dello spazio pubblico,  risposta alle provocazioni, la legittimità cioè di una narrazione radicale e alternativa. 

Parole e pratiche sono diventate reato … persino azioni che solo qualche decennio fa  sarebbero sembrate di scarso impatto conflittivo. Aprire uno striscione, fare una  manifestazione o un corteo, occupare un piazza con i nostri corpi, protestare davanti al  palazzo dove si trovano quelle persone che scrivono leggi e dettano norme “in nostro  nome” diventa reato. In altre parti del mondo la repressione e la criminalizzazioni sono ancora più gravi con sparizioni e assassinii a sangue freddo. 

Lavorare nell’osservatorio è difficile e doloroso ma siamo spintə dal desiderio e dalla  rabbia di fare eco alla resistenza di tuttə le persone che oggi non sono più con noi.  Persone che hanno lottato per sottrarsi alla violenza del sistema e per affermare la  propria libertà e autodeterminazione dalle gabbie reali e virtuali. 

Segnaliamo il preoccupante aumento dei casi di suicidio tra le persone trans e queer, soprattutto molto giovani. Il suicidio di Cloe è stato un chiaro segnale di quanto la  discriminazione, la marginalizzazione e il demansionamento siano stati fattori che hanno  contribuito alla sua decisione finale di togliersi la vita. La morte per suicidio delle  persone trans è un omicidio sociale, di cui tuttə siamo complici o spettatorə. Per questo  nell’osservatorio di NUDM usiamo la perifrasi «suicidatə dallo stato e dall’odio sociale».

Ciò che più ci spinge e motiva a portare avanti il nostro lavoro è la voglia di supportare anche chi resta, chi si è battutə affinché le storie e le denunce fossero credute e  raccontate. Siamo al fianco di chi cerca di costruire percorsi di fuoriuscita dalla violenza  per persone trans, sempre più ostacolatə dalle istituzioni, che si vestono di pink, red e  rainbow nelle giornate di rito. Vogliamo dei Centri Antiviolenza che sappiano accogliere,  ascoltare, mettere in protezione le persone trans che spesso non hanno spazi e luoghi in  cui rifugiarsi. 

Non vogliamo l’inasprimento delle pene ma una giustizia trasformativa, un cambio di  sistema che impedisca la morte costante delle persone di cui oggi facciamo memoria. 

I numeri e le storie dei transcidi

Il TMM, trans murder monitoring, che da anni fa monitoraggio a livello globale e il TGEU, Trans Europe and Central Asia, che lo fa a livello europeo, ci danno il dato allucinante di 48 persone trans uccise dal 2008 a oggi in Italia, il numero più alto tra tutti i paesi dell’Unione Europea. Questi due  osservatori raccontano e registrano come crimini di odio tutti i tipi di assassinio delle  persone trans perché, affermano, molto spesso sono relazionati alle situazioni specifiche  di marginalizzazione nella vita, nell’accesso al lavoro e nel diritto a una casa.  Condividiamo come osservatorio di NUDM la loro stessa difficoltà a reperire i dati e di  non poter – quindi – che giudicare parziali quelli che abbiamo per la scarsità di informazioni e l’assenza di specifici sistemi di vigilanza a livello nazionale. In Italia si aggiunge la  difficoltà di rilevare i casi a causa di misgenderizzazioni e del continuo tentativo di  nasconderli a livello familiare e sociale. 

Oggi vogliamo fare eco con rabbia alla voce di chi non è più con noi. Sì, perché per una  persona trans, travesti, puttana, intersex, chiamata “pazza”, disabilizzata o in qualsiasi  forma considerata fuori norma la stessa esistenza é un atto di resistenza e noi ce lo  rivendichiamo oggi più che mai.

E non dimentichiamo e non perdoniamo: perché a novembre scorso un ragazzo di soli 13 anni si è suicidato in Sicilia a causa  dell’odio sociale. Aveva cambiato scuola ma né nella vecchia, né nella nuova  probabilmente è mai stato fatto un lavoro di educazione alla diversità e per lo  sradicamento reale delle norme eterocis imposte dal sistema (grazie Valditara,  Roccella e gli antiscelta complici del sistema per impedire l’educazione alla diversità  nelle scuole) 

E non dimentichiamo e non perdoniamo perché il 27 maggio 2024 è stato accreditato come suicidio quello di un ragazzo trans  di 24 anni arrivato al pronto soccorso per abusi in famiglia e ricoverato nel reparto di  ginecologia dell’ospedale. Ha denunciato una violenza subita mentre si trovava sulla  barella, è stato trasferito in altro ospedale ma poi riportato nel primo ospedale dove  era avvenuto l’abuso. «È stato suicidato» dal quarto piano ed è morto sul colpo. Molti  giornali l’hanno chiamato “donna”. A denunciare le responsabilità di quel gesto sono  state le persone vicine al ragazzo in un post veicolato dal collettivo milanese  Kasciavìt: «Anche dopo una fine tragica i giornalisti non si sono presi la briga di  capire chi era lui veramente. Com’è possibile che una tale violenza sia avvenuta “in  un luogo protetto come un ospedale”? perché un ragazzo é stato lasciato “solo e  senza tutele”? La sua comunità ha tante domande su quello che è successo» e ce le  abbiamo anche noi come osservatorio ma sono rimaste senza risposta in questi lunghi  6 mesi! Non si tratta di errori o disattenzioni ma di responsabilità pesanti come  macigni 

E non dimentichiamo e non perdoniamo perché il 6 luglio 2024 Lucero Valdivia di origine peruana, trans e lavoratrice  sessuale è stata ritrovata nella pineta di Casal Fusano. I giornali ancora una volta  hanno parlato per giorni di lei al maschile, misgenderizzando come quasi sempre  fanno 

E non dimentichiamo e non perdoniamo i commenti violenti che accompagnano le nostre pubblicazioni all’8 di ogni mese  che abbondano di negazionismo e che sono persino arrivati a mettere in  discussione il fatto che inserissimo il suicidio del giovane gay di 33 anni di  Palermo del 10 settembre che ha lasciato una lettera dove chiede scusa per non  essere riuscito ad amare una donna. Non sei tu a dover chiedere scusa ma la  comunità in cui vivi che ti ha costretto a rinunciare a vivere. 

E non dimentichiamo e non perdoniamo che Nex Benedict, persona non binaria, sia stata suicidata dall’odio sociale l’8  febbraio negli stati uniti nello stato di Oklaoma. La madre ha dichiarato che Nex  è stat bullizzato per oltre un anno nella sua scuola. Nel 2022 l’Oklahoma si è distinto per essere il primo stato negli USA a proibire l’uso del genere non binario  nei certificati di nascita. All* student* è proibito usare un bagno che non corrisponda al genere assegnato alla nascita e alle persone minori vengono vietati  percorsi di affermazione di genere. La nuova legge presentata per il 2024 per i  curricoli delle scuole pubbliche descrive il genere come un carattere  biologicamente immutabile e vieta il cambio di genere nei certificati di nascita,  il divieto di usare nomi e pronomi di elezione. 

E non dimentichiamo e non perdoniamo che Kesaria Abramidze, 37enne modella e attivista transgender, il 18 settembre è  stata lasciata a morire nel cuore della notte da una persona di cui si fidava. La  comunità LGBTQIAP+ georgiana perde uno dei volti più noti dell’attivismo trans, una donna che aveva scelto di vivere apertamente la sua identità nonostante  l’ostilità e il pregiudizio dilagante. Abramidze si era fatta portavoce delle  battaglie contro la discriminazione transodiante e per i diritti civili in talk show e trasmissioni televisive di rilevanza nazionale. Le sue esperienze personali di violenza e oppressione erano strettamente intrecciate con il suo impegno pubblico. E anche in questo caso la sua morte arriva immediatamente dopo l’approvazione di una legge fortemente discriminatoria contro la cosiddetta “propaganda gay”. Un provvedimento, voluto da frange conservatrici e religiose, che limita ulteriormente i diritti della comunità, vietando manifestazioni pubbliche di sostegno e istituzionalizzando lo stesso clima di odio e oppressione che ha ucciso Kesaria. 

Perché abbiamo voluto raccontare queste storie? Perché fare memoria è importante  come è importante scendere nelle piazze con amore e rabbia contro ogni discriminazione e violenza di genere di fronte all’inadempienza delle nostre istituzioni nel garantire percorsi di autodeterminazione e alla crescente ondata d’odio e di intolleranza propagandata dal governo Meloni e dalle destre fasciste che lo compongono. 

Un odio che si concretizza nelle azioni e politiche stesse portate avanti dal governo e dai  suoi rappresentanti. Ne sono un esempio i continui attacchi alla carriera alias e all’infanzia trans, il mantenimento di percorsi di affermazione di genere fondati su patologizzazione e psichiatrizzazione che vedono nei tribunali la decisione sulle vite, le  narrazioni contorte e stigmatizzanti, la difficoltà per le persone della nostra comunità di trovare casa e lavoro.

Vogliamo ricordare chi non c’è più per averci insegnato il cammino di resistenza che dobbiamo continuare a percorrere, per stare al fianco di chi resta, per continuare a lottare per il riconoscimento del danno e degli errori che sono stati compiuti contro tutte queste persone. 

Assumiamo la necessità di garantire percorsi di affermazione di genere accessibili e gratuiti all’interno del servizio sanitario pubblico e non più subordinati all’approvazione, viziata da canoni e stereotipi binari di psico e giudici cisgender. 

Vogliamo sia viva l’euforia e l’autodeterminazione, delle relazioni, delle vite senza invisibilizzare le soggettività non binarie, ma che considerino e valorizzino la complessità di tutte le identità. 

Vogliamo che ci si impegni a rispettare e si smetta di misgenderare con la scusa della fatica ad assumere linguaggi appropriati perché sappiamo quanto sia più faticoso e doloroso non essere riconosciutx. 

Vogliamo che le case di accoglienza e le case rifugio non discriminino le persone trans che stanno vivendo situazioni di violenza. Vogliamo accesso ai lavori, ai servizi, a un  reddito di autodeterminazione quando tutto questo diventa difficile. 

Vogliamo finalmente che sia riconosciuto il diritto ad una legge scritta dal basso come quella che è stata elaborata dal laboratorio di autodeterminazione trans di Stati  Genderali, basata su autodeterminazione e consenso informato perché la 164 è obsoleta,  inadeguata, superata dai fatti e va abrogata. 

Vogliamo che le elaborazioni della comunità siano accolte, assunte e non  strumentalizzate per pulire le coscienze: le identità di genere non sono beni di consumo,  né tanto meno pubblicità gratuita o emblemi per la propaganda capitalista, egemone e coloniale. 

Autodeterminazione e liberazione per i corpi 

tutti! Ci vogliamo viv e vogliamo tutto! 

Link al sito: https://osservatorionazionale.nonunadimeno.net/

Contatti: osservatorioftnudm@gmail.com

20/11/2024 https://www.dinamopress.it/


Immagine di copertina di Renato Ferantini, Transgender Day of Remembrance, Roma 2021

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