Perché gli Stati Uniti non cambiano la loro politica nei confronti di Cuba?

Gli Stati Uniti non cambiano la loro politica aggressiva nei confronti di Cuba perché non accettano un governo indipendente che si batta per la sovranità dei cubani, a fronte della loro storica ambizione di impadronirsi dell’isola.

Per comprendere questa posizione imperialista, è sufficiente ricordare ciò che John Quincy Adams disse il 28 aprile 1823 in una lettera inviata ai governanti spagnoli quando era Segretario di Stato:

“Queste isole per la loro posizione locale sono appendici naturali del continente nordamericano, e una di esse, l’isola di Cuba quasi a portata di mano delle nostre coste, è diventata, per una moltitudine di ragioni, di importanza trascendentale per gli interessi politici e commerciali dell’Unione […]. I legami che uniscono gli Stati Uniti a Cuba, geografici, commerciali e politici, sono così forti, che quando si dà uno sguardo al probabile corso degli eventi nei prossimi cinquant’anni, è impossibile resistere alla convinzione che l’annessione di Cuba alla Repubblica americana sarà indispensabile per l’esistenza e l’integrità dell’Unione….”.

Il 12 marzo 1827, l’allora Segretario di Stato, Henry Clay, in una lettera inviata a Daniel P. Cook, agente confidenziale degli Stati Uniti, affermò che:

“Dobbiamo possedere Cuba, non possiamo farne a meno e, soprattutto, non dobbiamo permettere che venga trasferita alla Gran Bretagna. La acquisiremo con un colpo di Stato in un momento propizio che, data l’attuale situazione in Europa, potrebbe non essere lontano (…). Cuba è già nostra, la sento sulla punta delle dita”.

Tali ambizioni furono frustrate con il trionfo della Rivoluzione cubana il 1° gennaio 1959, una vittoria che gli Stati Uniti cercarono di evitare, come dichiarò Allen Dulles, direttore della CIA, durante la riunione del Consiglio di Sicurezza Nazionale del 23 dicembre 1958, quando disse:

[…] “Dobbiamo impedire la vittoria di Castro…”, a cui il presidente Eisenhower aggiunse:

“Spero di ottenere una terza forza che cresca in forza e influenza, se organizzata attorno a un uomo capace, dotato di finanziamenti e armamenti”.

Da quel momento in poi, gli Stati Uniti impiegarono tutte le loro risorse e i loro sforzi per rovesciare il governo guidato da Fidel Castro, compresi centinaia di piani per assassinarlo, come dimostrano i documenti ufficiali, tra cui il rapporto redatto il 24 aprile 1967 dall’Ispettore generale della CIA sui complotti per assassinare Fidel Castro.

Il 17 marzo 1960, il Presidente Eisenhower ordinò alla CIA di redigere il primo Programma di azione segreta contro Cuba, in cui si legge che:

“Lo scopo del programma qui esposto è quello di portare alla sostituzione del regime di Castro con uno più rispondente ai veri interessi del popolo cubano e più accettabile per gli Stati Uniti”.

“Il metodo per raggiungere questo obiettivo sarà l’azione diretta, all’interno e all’esterno di Cuba, da parte di gruppi selezionati di cubani, che potrebbero svolgere qualsiasi missione di propria iniziativa. Poiché una crisi può inevitabilmente derivare da azioni drastiche all’interno o all’esterno di Cuba, a causa di circostanze che sfuggono al controllo degli Stati Uniti, prima che il programma di azione segreta abbia raggiunto il suo obiettivo, si farà ogni sforzo per eseguirlo in modo tale da aumentare progressivamente la capacità di azione degli Stati Uniti in caso di crisi.

Dopo il clamoroso fallimento dell’invasione mercenaria organizzata dagli Stati Uniti contro Cuba, ne tentarono un’altra, ma con l’esercito yankee, per la quale il presidente Kennedy approvò l’Operazione Mangusta nel febbraio 1962, in cui dichiarò:

“[…] per sostenere una rivolta contro Castro, un nuovo sforzo per realizzarla deve avere l’assistenza sostanziale dei Paesi chiave dell’America Latina. Inoltre, le nazioni dell’emisfero occidentale devono essere rese consapevoli dell’influenza straniera (Unione Sovietica e Blocco) della tirannia imposta al popolo cubano, fino a creare un profondo rifiuto e l’attuazione di azioni aperte per difendere l’emisfero occidentale contro questa invasione straniera…”.

Questa stessa strategia statunitense è stata incarnata nel maggio 1980 nel rapporto preparato dal Comitato di Santa Fe, commissionato dal Consiglio per la Sicurezza Interamericana, che ha formulato diverse raccomandazioni al presidente eletto Ronald Reagan.

Il documento afferma che:

“Il continente americano è sotto attacco. L’America Latina, tradizionale partner degli Stati Uniti, è penetrata dalla potenza sovietica. Il bacino dei Caraibi è popolato da proxy sovietici e confina con Stati socialisti […] La Dottrina Monroe, la pietra miliare storica della politica statunitense verso l’America Latina, ha riconosciuto l’intima relazione tra la lotta per il potere nel Vecchio e nel Nuovo Mondo.

Questi argomenti sono oggi rafforzati nella politica statunitense, aumentati dai progressi economici della Repubblica Popolare Cinese e della Russia, con una forte presenza in America Latina.

Con innegabile validità, il documento del Comitato Santa Fe I affermava nel 1980:

[…] l’America Latina, così come l’Europa occidentale e il Giappone, fa parte della base di potere degli Stati Uniti. Non possiamo permettere che una base di potere americana, sia essa in America Latina, in Europa occidentale o nel Pacifico occidentale, si sgretoli […].

In questo documento Cuba viene menzionata in modo particolare, dato il forte esempio di sovranità che irradia nel mondo e nel continente americano, così come la leadership di Fidel Castro, che è inaccettabile per gli Stati Uniti.

Per quanto riguarda le politiche economiche, commerciali e di investimento, ha osservato che:

“Gli Stati Uniti dovrebbero promuovere una politica favorevole al capitalismo privato, al libero commercio e agli investimenti nazionali ed esteri in imprese produttive in America Latina”.

Per quanto riguarda Cuba, analizza una serie di domande e raccomandazioni che, sebbene scritte nel 1980, sembrano scritte oggi e permettono di argomentare le ragioni per cui gli Stati Uniti non cambieranno la loro politica aggressiva contro il suo popolo, tra cui le seguenti:

“[…] gli Stati Uniti non possono più accettare che Cuba sia un vassallo dei sovietici… Il prezzo che L’Avana deve pagare per queste attività non deve essere piccolo. Gli Stati Uniti possono ripristinare la loro credibilità solo agendo immediatamente. I primi passi devono essere francamente punitivi… Deve essere assolutamente chiaro al governo cubano che, se continuerà come in passato, saranno prese altre misure appropriate…”.

[In guerra non c’è alternativa alla vittoria e gli Stati Uniti sono impegnati nella Terza Guerra Mondiale…”.

Per concludere la frase:

“L’America Latina è vitale per gli Stati Uniti, la proiezione di potenza globale dell’America si è sempre basata su una cooperazione nei Caraibi e su un’America Latina solidale. Per gli Stati Uniti, l’isolazionismo è impossibile. Contenere l’Unione Sovietica non è sufficiente. La distensione è morta.

Nulla è cambiato nel pensiero politico statunitense. Indipendentemente dal partito che sale alla Casa Bianca, i suoi obiettivi imperiali e di dominio sono gli stessi. Pertanto, Cuba continuerà a subire sanzioni e aggressioni di ogni tipo, con il desiderio di provocare una ribellione popolare che faccia crollare il sistema socialista, che non accetteranno mai a sole 90 miglia dalle loro coste.

Non per niente José Martí aveva avvertito:

“Gli alberi devono essere allineati in modo che il gigante di sette leghe non passi. È l’ora della conta e della marcia unitaria, e dobbiamo camminare in un quadrato stretto, come l’argento alle radici delle Ande”.

Fonte: Razones de Cuba

Traduzione: italiacuba.it

4/12/2024 https://italiacuba.it/

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