Pfas: “indagare sui numeri altalenanti” in Valle Susa

Di Claudio Rovere, da luna nuova.it

L’acqua adesso è un po’ più trasparente, anche se con preoccupanti picchi di presenza di Pfas e Pfoa. Sono stati diffusi nella giornata di ieri i dati raccolti tra il 2023 e la prima metà del 2024 sulla presenza di inquinanti nell’acqua valsusina. I valori sono ondivaghi, certo, ed entro i limiti dei parametri europei che entreranno presto in vigore, ma resta il fatto che in alcuni comuni siano comunque molto alti e non si conoscano, al momento, la o le fonti di inquinamento, che potrebbero andare da sversamenti illegali di rifiuti a lavorazioni di cantiere.

Il comitato “L’ Acqua SiCura” dopo la buona riuscita dell’evento di domenica scorsa a Mompantero, organizzato per comunicare agli abitanti della valle le recenti iniziative legate al caso Pfas nelle acque della Valsusa, viste le richieste dei cittadini propone una sintesi dei dati – sia quelli già pubblicati che quelli più recenti e per la prima volta qui proposti – relativi alle analisi positive ai Pfas nelle acque potabili di buona parte dei comuni valsusini.

Queste analisi ufficiali sono state ottenute da Smat per il 2023 e di recente dalla Ato3 torinese per la seconda parte del 2023 e per il primo semestre del 2024, in seguito a richieste di accesso agli atti da parte di Greenpeace e del Comitato acqua pubblica di Torino nel corso del 2024. «Si conferma una situazione preoccupante, in particolare per alcuni comuni, dove si riscontrano alcuni specifici composti facenti parte della famiglia dei Pfas – confermano dal comitato – I valori della Valsusa sono i più elevati registrati in tutta la Città Metropolitana di Torino, e in alcune di queste analisi troviamo il Pfoa, dichiarato “sicuramente cancerogeno” dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro.

Una particolarità del documento ricevuto dalla Ato3 torinese con i dati più recenti è l’indicazione di una generica “somma di Pfas”, che non permette di determinare quali specifici composti siano la causa di questo inquinamento. Una seconda particolarità dei dati, tutta da indagare, è che negli stessi punti di prelievo dove si riscontrano molti dei valori più elevati di Pfas, poche settimane dopo vengano ripetute le analisi e dei valori ritrovati di Pfas in precedenza non vi sia più traccia. Sarà quindi fondamentale per le indagini che questa dinamica venga presa in considerazione e chiarita».

Le analisi riguardano l’acqua di fontanelle pubbliche, punti acqua Smat dove riempire le proprie bottiglie per uso domestico o in ogni caso punti specifici della rete idrica che approvvigiona i rubinetti delle case dei valsusini. «Si riscontrano a titolo di esempio valori recenti anche di 60, 80 e 90 ng/L, rispettivamente nei comuni di Villardora (2023) e di Caselette (2024). Quest’ultimo è un valore tra i più elevati di tutto il Piemonte insieme a quelli di Gravere e Chiomonte del 2023, e ad un passo dal limite di legge previsto per queste sostanze (100 ng/L), la cui entrata in vigore è imminente. Cosa succederà con i nuovi limiti di legge? Un campione come quello analizzato in una fontanella pubblica di Caselette o Gravere, con soli 5-10 nanogrammi in più, avrebbe portato alla sospensione della fornitura di acqua potabile. Va ricordato che si tratta di limiti di legge che non tutelano la salute, dato che i più importanti studi recenti hanno dimostrato che concentrazioni molto inferiori ai limiti di legge sono dannose per il corpo umano. Per questo il comitato “L’Acqua Sicura” chiede Zero Pfas nelle acque della valle. Non è sufficiente per risolvere il problema che Smat distribuisca acqua dall’acquedotto di valle di Rochemolles, ad oggi privo di Pfas, ma è necessario che tutte le sorgenti e le fonti locali coinvolte nell’inquinamento da Pfas vengano tutelate e le cause dell’inquinamento individuate ed eliminate per evitare che il problema riemerga in futuro, come sta già accadendo e come questi dati dimostrano.

Per tutti questi motivi, il comitato richiede alle Unioni montane che alle dichiarazioni rese alla stampa rispetto alla volontà di affidare al Cnr e alla figura del dottor Polesello l’incarico di effettuare indagini sulle cause dell’inquinamento e un piano di monitoraggio straordinario, faccia seguito con urgenza l’atto formale di affidamento dell’incarico e l’inizio delle attività di indagine. Il Comitato continuerà nelle prossime settimane a informare i cittadini della valsusa, a tutela dell’ambiente della valle e della salute di tutti».

UNGHERESE (GREENPEACE): “tanti paesi come gli Usa gli hanno messi al bando, quindi è possibile farlo”

Giuseppe Ungherese, lei è il responsabile nazionale di Greenpeace per le campagne relative all’inquinamento, e si è occupato molto in questi ultimi anni dei Pfas presenti nelle acque potabili di tutta italia. Che cosa l’ha due volte a visitare la Valsusa per la seconda volta nell’arco di pochi mesi? «Alcuni mesi fa siamo venuti a conoscenza di questa contaminazione che secondo i dati degli enti pubblici in particolare modo di Smat, interessa diversi comuni della valle; ti confesso quando ho visto per la prima volta quei dati sono saltato sulla sedia, mai avrei pensato di trovare quelle quantità di Pfas in comuni collocati ad un’altitudine così elevata, come Bardonecchia o Gravere ad esempio. Poi siamo tornati per la campagna “Acque senza veleni” e al di là delle rassicurazioni degli enti pubblici purtroppo il problema dell’area non è risolto e non lo sarà fin quando non saranno individuate la o le fonti inquinanti».

In Valsusa, dopo i dati diffusi da Greenpeace, ma che ricordiamo sono dati e analisi prodotte da Smat, c’è stata una particolare attenzione al tema, sia da parte del movimento No Tav, che di Pro Natura, che in particolare di un comitato, “L’acqua SiCura”, nato proprio per fare in modo che il problema di questo inquinamento venisse affrontato con serietà da parte delle istituzioni e si facesse luce sulle sue cause. Diverse centinaia di persone hanno preso parte a serate pubbliche dedicate al problema. Cosa ne pensa di questa capacità di mobilitazione e come pensa che le istituzioni dovrebbero rispondere a questa richiesta che viene dalla popolazione? «Quello che mi ha colpito della popolazione è vedere una grande capacità di mobilitazione, di voler affrontare il problema, non è un caso che sia già nato il comitato L’Acqua Si Cura; questo è un bene perchè tanti altri territori purtroppo questo seme positivo che è la cittadinanza attiva purtroppo non ce l’hanno; quello della valle è un esempio positivo, da seguire, perchè altrimenti ci troviamo di fronte sempre allo stesso modus operandi della politica, che spesso prende sotto gamba questi problemi; la cittadinanza attiva serve soprattutto a questo, a spingere chi ha il dovere di farlo di prendere provvedimenti in questo senso».

Il gestore dell’acqua, Smat, ha usato toni rassicuranti rispetto ai rischi per la salute e ha chiarito che questi valori non superano i limiti di legge. Qual è la vostra posizione in merito? «Ma, che i valori già diffusi nella scorsa primavera fossero nei limiti di legge è una dato di fatto, nessuno ha mai parlato di limiti fuori legge; la direttiva europea che entrerà in vigore nel gennaio 2026 è stata varata nel 2020 in un quadro di conoscenze dal punto di vista degli impatti sanitari ben diverso da quello attuale; oggi ad esempio sappiamo, e lo sappiamo da pochi mesi, che alcune di queste sostanze, come il Pfoa, che scorreva anche nell’acqua potabile di diversi comuni della val di Susa, è classificato come cancerogeno, per cui tante nazioni si stanno dotanto di limiti propri, che stanno abbassando quelli europei; la Svezia la Danimarca, o la regione belga delle Fiandre, l’Olanda hanno adottato limiti molto più restrittivi di quelli previsti dalla direttiva europea; ultimi in ordine di tempo, per guardare al mondo occidentale, gli Stati Uniti, che nei mesi scorsi, per il Pfoa e il Pfos, la prima sostanza cancerogena, la seconda possibile cancerogena, hanno adottato il limite zero, ossia queste molecole non ci devo proprio essere».

Cosa può fare il cittadino comune nel suo piccolo per contrastare il proseguimento dell’inquinamento e lavorare per la riduzione del Pfas nell’ambiente? «Sicuramente il singolo può fare qualcosa, nel senso che può ridurre il consumo di prodotti che contengono queste sostanze, però vorrei uscire da una narrazione che tende sempre a responsabilizzare le singole persone, perchè non è con la singola padella e con il singolo pezzo di carta forno o il filo interdentale che si determina una contaminazione così diffusa, per cui il singolo può fare tanto ma lo può fare soprattutto se si attiva e se veste i panni del cittadino attivo, e ben vengano associazioni, comitati, reti territoriali che spingano le istituzioni ad affrontare a questo problema, in particolare in valle di Susa vanno trovate le fonti di contaminazione, questo è il mantra e questa è l’attività su cui deve concentrarsi ogni singola persona».

Cosa ne pensa del fatto che i nuovi dati delle analisi delle acque potabili in valsusa, svolte tra 2023 e 2024, confermano la presenza di Pfas, in alcuni comune addirittura alle più elevate quantità di tutta l’area torinese? «I dati più recenti ci indicano come la situazione sia da monitorare attentamente, perchè di fatto le contaminazioni da Pfas sono altalenanti, in certi periodi c’è assenza di contaminazione ed in altri dei picchi elevati, ciò potrebbe far propendere verso il fatto che la zona di origine di contaminazione non sia una fonte continua, ma sia sottoposta a variabili esterne, pensiamo ad esempio a livello ipotetico al regime delle piogge ed a come queste influiscono sul rilascio dei contaminanti, e quindi ancora di più è necessario andare ad individuare le fonti inquinanti, anche perchè così facendo possiamo arrivare a risolvere all’origine il problema».

20/12/2024 https://www.notav.info/

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