Le conseguenze politiche della decisione dell’Ucraina di tagliare il gas russo all’Europa

Pubblichiamo questa analisi di Korybko, un contributo per capire cosa potrebbe succedere nei prossimi mesi in Ucraina

Gli esperti discutono della decisione dell’Ucraina di tagliare il gas russo all’Europa dopo che Kiev ha rifiutato di estendere l’accordo quinquennale con Mosca, scaduto il primo dell’anno, e la maggior parte di essi attribuisce la colpa alla controparte, esagerando le conseguenze negative per gli interessi dell’avversario. La realtà è che questo sviluppo è molto più politico che altro, poiché l’UE e la Russia hanno già affrontato interruzioni molto più gravi nel corso del 2022.

Il gasdotto Yamal, che attraversa la Polonia, è stato chiuso pochi mesi dopo l’inizio dell’operazione speciale per motivi legati alle sanzioni, mentre il North Stream 1 è stato gradualmente messo fuori servizio a causa delle esigenze di manutenzione aggravate dal ritardo del Canada nel restituire alla Russia le turbine a gas riparate. Questo gasdotto e il North Stream 2, inattivo, sono poi saltati in aria in un attacco terroristico nel settembre dello stesso anno, uno dei due, tuttavia, è ancora intatto, anche se per motivi politici non è ancora rientrato in funzione.

L’effetto combinato ha fatto sì che la quota dei gasdotti russi nelle importazioni dell’UE secondo il Consiglio europeo, sia scesa “da oltre il 40% nel 2021 a circa l’8% nel 2023”. Ciononostante l’UE ha “evitato per un pelo” una recessione, secondo le parole della CNN, anche se potrebbe entrarvi nel corso di quest’anno se le difficoltà economiche della Germania dovessero aggravarsi. Tuttavia, non sarà direttamente colpita dall’ultima decisione dell’Ucraina, poiché questo percorso riguarda solo il 5% delle importazioni dell’UE e i principali clienti sono Slovacchia, Ungheria e Moldavia.

Le prime due sono guidate da conservatori-nazionalisti che si oppongono strenuamente alla guerra per procura della NATO contro la Russia attraverso l’Ucraina, mentre la terza è governata da una figura filo-occidentale che vuole riconquistare la regione separatista della Transnistria, in cui sono ancora stanziate diverse migliaia di forze di pace russe. Questa osservazione dà credito alla precedente affermazione secondo cui la decisione dell’Ucraina è molto più politica che altro, poiché punisce Slovacchia, Ungheria e Transnistria senza danneggiare altri Paesi.

Quest’ultimo è stato colpito in modo particolarmente duro, poiché ha dovuto sospendere il riscaldamento e l’erogazione di acqua calda alle famiglie, il che potrebbe portare a disordini politici che potrebbero essere manipolati dall’estero per provocare una Rivoluzione Colorata. Ciò potrebbe portare a un cambio di regime o a un indebolimento interno di quella politica tale da rendere molto più facile l’invasione da parte della Moldavia (con l’eventuale assistenza della Romania) e/o dell’Ucraina. Il mese scorso i servizi segreti russi hanno lanciato un allarme su questo scenario, analizzato qui.

La Slovacchia e l’Ungheria non saranno danneggiate quanto la Transnistria, poiché ognuna di esse può importare il più costoso GNL – dalla Russia, dagli Stati Uniti (che hanno sottratto alla rivale molte quote di mercato dell’UE), dall’Algeria e/o dal Qatar – dalla Lituania/Polonia o dalla Croazia. La Polonia può collegare la Slovacchia al terminale LNG lituano di Klaipeda, mentre il terminale LNG croato di Krk può rifornire Slovacchia e Ungheria. Inoltre, l’Ungheria sta già ricevendo una parte del gas dal TurkStream, l’ultimo gasdotto russo verso l’Europa.

Tutti e tre i paesi sono quindi puniti per motivi politici, ma è solo la Transnistria che rischia una crisi totale, che potrebbe portare a un risultato che danneggia la Russia dal punto di vista politico, se il governo del paese venisse rovesciato da una Rivoluzione Colorata o se venisse conquistata dai suoi vicini. Nel caso in cui scoppiasse un altro conflitto convenzionale, gli aggressori potrebbero evitare di prendere di mira le truppe russe per non provocare un’escalation, ma la Russia potrebbe sempre autorizzarle a intervenire.

Gli osservatori possono solo ipotizzare cosa farebbe la Russia, poiché ci sono argomenti a favore del ritiro delle sue forze di pace se non vengono attaccate e la Transnistria cade, ma c’è anche una logica nel sacrificarle come parte di un piano di “escalation per de-escalation” dell’operazione speciale a condizioni migliori. C’è anche la possibilità che la Transnistria non sfoci in una Rivoluzione Colorata e non venga invasa. Si eviterebbe una crisi potenzialmente più grande, questo è lo scenario migliore per tutti.

A prescindere da ciò che può accadere o meno in Transnistria, la decisione dell’Ucraina di tagliare il gas russo all’Europa porta alla possibilità che questa rotta venga riaperta una volta terminato il conflitto, rappresentando così una carta che potrebbe essere giocata per attirare concessioni dal Cremlino durante i negoziati. Lo stesso vale per il gasdotto Yamal e per l’ultima parte non danneggiata di North Stream. L’Europa potrebbe utilizzare il gas russo a basso costo per evitare con maggiore sicurezza una recessione, mentre la Russia godrebbe delle entrate.

Certo, la Russia trae ancora profitto dalle esportazioni di GNL verso l’UE, che hanno colmato il vuoto di approvvigionamento causato dalle sanzioni dell’UE sui suoi gasdotti e dall’incapacità dei concorrenti russi nel settore del GNL di aumentare le loro esportazioni al punto da sostituire completamente le esportazioni russe. Detto questo, la Russia e l’UE trarrebbero molti più vantaggi reciproci se tornassero il più possibile all’accordo precedente al 2022, tenendo ovviamente conto delle limitazioni politiche attuali.

L’America dovrebbe approvarlo, dal momento che dall’inizio dell’operazione speciale ha riaffermato con successo la sua egemonia sull’UE, precedentemente in declino, ma una diplomazia energetica creativa, come quella analizzata il mese scorso qui, potrebbe contribuire a una svolta. Il succo è che sono gli Stati Uniti ad avere interesse a fare concessioni in questo senso, non la Russia, poiché gli Stati Uniti non vogliono che la Russia alimenti ulteriormente l’ascesa della superpotenza cinese, come potrebbe fare per dispetto se non le venisse offerto un buon accordo in Ucraina.

Allo stesso tempo, non è realistico immaginare che gli Stati Uniti cedano la loro influenza sull’UE, perché potrebbero proporre un compromesso in base al quale alla Russia non sia permesso di (ri)ottenere il controllo sulle porzioni europee di Nord Stream, Yamal e dei gasdotti trans-ucraini Brotherhood e Soyuz. Il primo potrebbe essere acquistato da un investitore americano, come analizzato qui a novembre, mentre la Polonia potrebbe mantenere il controllo sul secondo dopo il 2022 e il terzo rimarrebbe sotto il controllo ucraino.

Se gli Stati Uniti vogliono davvero incentivare la Russia ad accettare questa proposta, che favorisce gli interessi americani aumentando le possibilità che la Russia non costruisca altri gasdotti verso la Cina per la necessità di rimpiazzare le mancate entrate dall’UE, possono compensare parzialmente la Russia rilasciando alcuni dei suoi beni sequestrati. Anche se questi beni sono legalmente della Russia e le sono stati rubati, il Cremlino potrebbe accettare questo scambio se gli viene offerta una somma abbastanza grande per aiutare a gestire le sue ultime sfide fiscali e monetarie.

In cambio della restituzione da parte degli Stati Uniti di alcuni beni confiscati alla Russia e dell’autorizzazione da parte dell’UE a riprendere le importazioni di alcuni gasdotti russi, la Russia potrebbe doversi impegnare informalmente a non costruire nuovi gasdotti verso la Cina e a ridurre alcune delle sue richieste di smilitarizzazione e denazificazione dell’Ucraina. Anche gli investimenti americani, indiani e giapponesi nel megaprogetto russo di GNL artico 2, sottoposto a sanzioni, potrebbero sostituire gli investimenti cinesi congelati, se venissero concesse deroghe a tal fine come ulteriore incentivo.

Finché saranno raggiunti gli obiettivi fondamentali della Russia in materia di sicurezza, ovvero il ripristino della neutralità costituzionale dell’Ucraina e l’allontanamento delle forze occidentali dal Paese, la Russia potrebbe essere disposta a scendere a compromessi sulla smilitarizzazione di tutta l’Ucraina, accontentandosi di smilitarizzare tutto ciò che si trova a est del Dnieper. Questo scenario è stato descritto più dettagliatamente alla fine di questa analisi qui, che potrebbe includere la denazificazione, vagamente definita, anche di questa regione storicamente russa invece che dell’intero Paese.

Se Trump offre di porre fine all’accordo bilaterale di sicurezza degli Stati Uniti con l’Ucraina come parte di un pacchetto che includa i termini sopra citati, la Russia potrebbe benissimo accettarlo, poiché questo fornirebbe un mezzo reciprocamente “salva-faccia” per porre fine alla loro guerra per procura, creando al contempo una base per ricostruire i rapporti. Non si tratta di un compromesso perfetto e alcuni sostenitori di ciascuna parte potrebbero sostenere che sia più vantaggioso per l’avversario, ma i loro leader potrebbero pensarla diversamente e questo è tutto ciò che conta in ultima analisi.

di Andrew Korybko

da https://korybko.substack.com

Traduzione di Marco Pondrelli per Marx21.it

7/1/2024 https://www.marx21.it/

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