Dal referendum delle Funzioni Centrali del Pubblico Impiego un segnale che parla a tutti

Lo straordinario esito del referendum sul contratto degli statali, dei dipendenti delle agenzie fiscali, di Inps, Inail e altri enti proposto da USB a Cgil e Uil, segna un passaggio rilevante per la ripresa della lotta per il salario e per il diritto di tutti i lavoratori e le lavoratrici a decidere sul proprio contratto.

La storia è nota, la trattativa per il rinnovo del contratto si è arenata sulla questione economica quando l’USB, respingendo l’offerta del governo di aumenti pari all’inflazione programmata del triennio – il 5,6% a fronte di un’inflazione reale del 16% – ha abbandonato il tavolo negoziale accogliendo l’appello di oltre 2000 delegati RSU che chiedevano di rompere le trattative. La ferma determinazione della USB, che continuava la sua battaglia per un contratto vero nelle assemblee nei  posti di lavoro e attraverso la  partecipazione massiccia ai due scioperi che hanno interessato la categoria, hanno messo a nudo la realtà di una trattativa completamente svuotata della quale hanno dovuto prendere atto anche Cgil e Uil arrivando  a non sottoscrivere il contratto, a differenza della Cisl e varie sigle del sindacalismo autonomo che, assieme, assommano a una rappresentatività di poco superiore al 50%. Una firma che ha arrogantemente ignorato le proteste che salivano dal comparto e che si sono plasticamente manifestate con la valanga di NO al contratto, 98%, nel referendum promosso da USB CGIL e UIL e sdegnosamente rifiutato dalle organizzazioni firmatarie.

Un NO che porta al suo interno molti elementi di novità su cui è bene aprire una riflessione accurata.

– I contratti sono diventati, nel pubblico impiego ma anche in altri comparti e categorie, meri atti notarili, cioè non c’è nulla di cui discutere davvero sul piano economico. La novità sta nel fatto che questa volta lavoratori e lavoratrici hanno deciso di riprendere parola e di respingere questa pratica in vigore ormai da oltre 30 anni, cioè dagli accordi del luglio ‘92 e del luglio ’93, sulla politica dei redditi che hanno portato l’Italia ad avere la crescita salariale più bassa di tutta Europa e gli stipendi e i salari ultimi nella graduatoria europea.

– La seconda novità è che anche le importanti organizzazioni di categoria di due confederazioni, la Cgil e la Uil, che all’epoca sottoscrissero insieme alla Cisl quell’accordo devastante per la tenuta dei salari e degli stipendi, oggi non hanno più neanche quella funzione notarile e ne prendono le distanze, rifiutandosi di sottoscrivere un contratto che non garantisce nemmeno il recupero della perdita del potere d’acquisto. Altro che veri aumenti, diventati una chimera a seguito della firma di quegli scellerati accordi che di fatto hanno svuotato il potere della contrattazione!

– Anche dall’interno della Cisl si sono levate importanti voci di dissenso, attraverso una dura presa di distanza dal contratto di oltre 150 esponenti, storici dirigenti ed ex segretari generali della categoria.

– I delegati RSU, gli unici delegati eletti dai lavoratori e dalle lavoratrici, hanno deciso di entrare in campo non nella contrattazione di secondo livello, che altro non è che l’applicazione di quanto stabilito nel contratto nazionale, ma dicendo la propria sul CCNL dalla cui definizione vengono esclusi perché materia esclusiva delle organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative. Un segno di maturità e di determinazione a rappresentare ad ogni livello coloro che nei luoghi di lavoro li hanno votati dando loro il mandato a rappresentarli.

– Emerge con ancora più forza la protervia dell’articolo 7 del CCNL che impedisce alle organizzazioni sindacali che scelgano di non sottoscrivere il CCNL di partecipare alla contrattazione di secondo livello e quindi esercitare il proprio mandato a tutela degli interessi dei propri associati e di tutte e tutti quelli a cui si applicheranno i nuovi istituti contrattuali.

– Ora le controparti a livello nazionale di amministrazione o di ufficio o di sede si troveranno al tavolo solo con la Cisl e i suoi satelliti autonomi e i rappresentanti di Usb, Cgil e Uil fuori dai tavoli, con quel che ne potrà conseguire in termini di sicuro innalzamento e diffusione del conflitto.

Potremmo continuare a lungo ad elencare le novità e gli strascichi che questo evento ha prodotto e produrrà, ma ci interessa evidenziare due questioni che riteniamo centrali non solo per i lavoratori pubblici ma per tutti.

Vanno cancellati gli Accordi interconfederali del luglio ’92 e luglio ’93. È ormai valutazione condivisa e comune che sia da addebitare a questi due accordi il crollo di tenuta dei salari davanti all’inflazione e alla mancata redistribuzione di profitti e reddito che sono quindi andati tutti nelle casse dello Stato e dei padroni. Va quindi reintrodotto un sistema di adeguamento automatico dei salari all’inflazione a garanzia della tenuta reale dei salari al costo della vita e va restituita al CCNL il compito di spostare ricchezza dal fattore capitale al fattore lavoro che poi non dovrebbe essere altro che la sua naturale e logica funzione.

Vanno rimossi tutti gli ostacoli alla libera espressione della libertà sindacale di sottoscrivere o non sottoscrivere un contratto che si ritiene inadeguato o addirittura peggiorativo, come quello di cui stiamo scrivendo, senza dover subire ritorsioni e/o esclusioni dalla vita sindacale successiva alla conclusione delle trattative per il CCNL.

Va definito il diritto alla partecipazione alla contrattazione nazionale di una ampia delegazione di rappresentanti eletti dai lavoratori – RSU, restituendo così attraverso di loro voce e potere alle lavoratrici e ai lavoratori a cui andrà applicato il contratto nazionale.

Per concludere, da questa vicenda, che apre anche scenari inediti e incerti nel fronte dei sindacati concertativi, emerge chiaramente che siamo arrivati alla conclusione di un ciclo in cui le scelte sindacali di compatibilità con le esigenze del capitale e delle politiche economiche dell’Unione Europea hanno portato il mondo del lavoro ad un arretramento mai registrato dal secondo dopoguerra ad oggi.

È ora necessario cogliere questa nuova condizione per rilanciare la battaglia sul salario, contro il carovita, contro la concertazione e gli accordi a perdere, per affermare il protagonismo dei lavoratori, degli eletti RSU e degli RLS in tutte le categorie, a partire dai comparti del pubblico impiego in cui sono ancora aperti i tavoli di contrattazione e dai settori in via di rinnovo come TPL, ferrovie, metalmeccanici.

La strada è aperta e bisogna percorrerla.

7/1/2025 https://www.usb.it/

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