Gaza, il cessate il fuoco non basta
L’annunciata tregua tra Israele e Hamas, dopo un anno di genocidio, è una cosa positiva. Ma non è sufficiente a sanare la violazione del diritto internazionale che ha prodotto una incredibile distruzione e miseria tra i palestinesi. E Gaza continuerà a essere sotto assedio
Con un accordo di cessate il fuoco a Gaza si è tentati di cedere a un senso di euforia dopo l’impietosa brutalità scatenatasi dal 7 ottobre 2023. Ma dovremmo mantenere un senso di sobrietà. Secondo la Reuters, «l’accordo prevede una fase iniziale di cessate il fuoco di sei settimane e include il ritiro graduale delle forze israeliane da Gaza e il rilascio di ostaggi detenuti da Hamas in cambio di prigionieri palestinesi detenuti da Israele».
Ma il blocco brutale di Gaza, ancora in vigore, non porrà fine al genocidio. Il blocco costituisce di per sé un atto di genocidio, per citare l’ex procuratore capo della Corte penale internazionale Luis Moreno Ocampo. Secondo il diritto internazionale, imporre un blocco è un atto di guerra. Ciò significa che nessun cessate il fuoco può reggere senza togliere il soffocante assedio e porre fine al blocco di Gaza imposto da Israele da anni, che è disumano e illegale. Le Nazioni unite considerano ancora Israele una potenza occupante a Gaza, perché la controlla via terra, aria e mare.
In realtà, l’accordo stesso consente a Israele di consolidare l’occupazione militare, permettendole di mantenere una presenza militare permanente a Gaza. Questa include la striscia di terra vitale lungo il confine con l’Egitto, insieme al corridoio di Netzarim, una zona di occupazione costruita per dividere Gaza in una regione settentrionale e meridionale. Si aggiunge poi al controllo militare su una «zona cuscinetto» ampliata, costruita sulle rovine delle case palestinesi demolite e delle famiglie sfollate lungo i confini orientali e settentrionali e che taglia in profondità il piccolo territorio di Gaza, rendendola così un ghetto sempre più piccolo e pieno di rifugiati.
Come ha riferito la Cnn, citando funzionari palestinesi, «secondo le ultime proposte, le forze israeliane manterrebbero una presenza lungo il Corridoio di Filadelfia – una stretta striscia di terra lungo il confine tra Egitto e Gaza – durante la prima fase dell’accordo». Il corridoio, ora occupato da Israele, era l’unico ponte di Gaza verso il mondo esterno.
Inoltre, «Israele manterrebbe anche una zona cuscinetto all’interno di Gaza lungo il confine con Israele, senza specificare quanto ampia sarebbe questa zona». In altre parole, Israele pretende un controllo duraturo sui due corridoi strategici di Gaza – una richiesta che ha minato i precedenti colloqui per il cessate il fuoco. E mentre «ai residenti del nord di Gaza sarebbe permesso di tornare liberamente nel nord della Striscia […] ci sarebbero ‘accordi di sicurezza’ non specificati». Questo potrebbe rivelarsi letale per i palestinesi sfollati che desiderano tornare alle loro case nel nord. A fine novembre 2023, due mesi dopo che il genocidio di Gaza è cominciato, Israele e Hamas hanno raggiunto un accordo di cessate il fuoco temporaneo; il primo giorno, le Forze di Difesa Israeliane (Idf) hanno aperto il fuoco su centinaia di palestinesi che cercavano di tornare alle loro case nel nord di Gaza.
Sebbene il cessate il fuoco possa fermare il peggiore degli spargimenti di sangue, non porrà fine alle miserie di Gaza. Metterà a nudo la distruzione totale che Israele ha perpetrato sulla striscia assediata. Secondo un rapporto delle Nazioni unite, potrebbero essere necessari 350 anni per ricostruire Gaza se rimane sotto blocco. Secondo l’Unrwa, l’Agenzia delle Nazioni unite per il Soccorso e l’Occupazione dei Rifugiati Palestinesi in Medioriente, la sola pulizia delle macerie potrebbe richiedere quindici anni, per non parlare delle migliaia di tonnellate di ordigni inesplosi che rimangono sparsi nella Striscia. L’assalto in corso da parte di Israele all’Unrwa impedirebbe persino gli sforzi immediati di soccorso.
Gaza come la conosciamo non esiste più. Quando i leader e i generali israeliani si vantano di aver bombardato Gaza «riportandola all’età della pietra», non stanno parlando in termini metaforici. Israele ha distrutto Gaza per le generazioni a venire e l’ha resa «totalmente e completamente inabitabile».
Eppure l’accordo non parla di risarcimenti per i palestinesi che hanno perso case, scuole, ospedali, rifugi, moschee, pozzi d’acqua e mulini per il grano e la cui intera infrastruttura urbana è stata spazzata via (Nell’arco di un anno, Israele ha sganciato su Gaza oltre 85 mila tonnellate di bombe massicce di fabbricazione statunitense, l’equivalente di più bombe nucleari). È più che altro un affare di ostaggi. In cambio di quasi un centinaio di ostaggi israeliani, verranno rilasciati solo tremila prigionieri palestinesi, in più fasi, degli oltre diecimila detenuti nei campi di tortura israeliani in condizioni deplorevoli – la maggior parte dei quali è stata rapita con la forza da Gaza dall’ottobre 2023, secondo la Commissione per gli Affari dei Detenuti e degli Ex-Detenuti e la Società dei Prigionieri Palestinesi.
Si tratta di un accordo deplorevole, negoziato in malafede. Chiamarlo «cessate il fuoco» è fuorviante. È una pausa nel genocidio per consentire il rilascio degli ostaggi israeliani detenuti a Gaza. Non è assolutamente permanente, ma solo una pausa temporanea nei combattimenti senza alcuna garanzia che Israele si attenga all’accordo, soprattutto perché i negoziatori israeliani hanno insistito per mantenere le truppe a Gaza mentre le forze israeliane hanno continuamente violato un accordo di cessate il fuoco in Libano per oltre cento volte (La lunga storia di Israele di violazione degli accordi di cessate il fuoco a Gaza è ben documentata).
Netanyahu stesso ha chiarito le sue intenzioni in diverse occasioni. Come ha riportato il New York Times, Netanyahu vuole un accordo «parziale» che garantisca il rilascio degli ostaggi e permetta a Israele di riprendere la guerra in seguito. Mentre i negoziatori di Hamas hanno costantemente richiesto un cessate il fuoco permanente, i leader israeliani hanno insistito sul fatto che qualsiasi accordo dovrebbe consentire all’esercito israeliano di continuare l’assalto e l’occupazione di Gaza, con il ministro delle Finanze israeliano, Bezalel Smotrich, che lunedì ha giurato di continuare la pulizia etnica di Gaza: «È il momento di continuare con tutte le nostre forze, di occupare e ripulire l’intera Striscia, di prendere finalmente il controllo degli aiuti umanitari da Hamas e di aprire le porte dell’inferno su Gaza finché Hamas non si arrenderà completamente e tutti gli ostaggi non saranno restituiti».
La liberazione degli ostaggi, ovviamente, non è mai stata una priorità israeliana. Il ministro della Sicurezza nazionale israeliano Itamar Ben-Gvir si è instancabilmente vantato di aver sventato un accordo per gli ostaggi «più e più volte». Lo stesso Netanyahu ha sempre sabotato i colloqui per il cessate il fuoco per salvare la sua carriera politica. E anche mentre negoziava, Israele ha continuato a massacrare i palestinesi a Gaza con una brutalità e un’impunità sempre maggiori, uccidendo almeno sessantadue palestinesi in ventiquattro ore, tra cui un’intera famiglia palestinese di tre generazioni.
Il presidente degli Stati uniti Joe Biden ha ammesso che l’accordo non è altro che un «arresto dei combattimenti» finalizzato al rilascio degli ostaggi israeliani. In un discorso tenuto lunedì, Biden ha ripetuto luoghi comuni sulla sicurezza di Israele e ha parlato di «assistenza umanitaria» per i palestinesi. «L’accordo che abbiamo strutturato libererebbe gli ostaggi, fermerebbe i combattimenti, garantirebbe la sicurezza a Israele e ci permetterebbe di aumentare in modo significativo l’assistenza umanitaria ai palestinesi che hanno sofferto terribilmente in questa guerra iniziata da Hamas. Hanno passato l’inferno», ha detto Biden.
Ma l’inferno di Gaza è stato creato da Biden stesso. È tragico che l’accordo per il cessate il fuoco – che ha raggiunto una svolta grazie, ironia della sorte, alle pressioni di Donald Trump su Netanyahu, o forse come regalo di Netanyahu al presidente entrante – sia più o meno lo stesso accordo che Hamas ha accettato e Israele ha rifiutato sei mesi fa, prima che altre decine di migliaia di palestinesi fossero massacrati a Gaza.
Un cessate il fuoco non dovrebbe assolvere i leader israeliani dai crimini di guerra e dai crimini contro l’umanità. Né dovrebbe assolvere Joe Biden, la cui amministrazione ha finanziato e armato fino all’inverosimile la macchina genocida di Israele per oltre un anno, rifiutandosi di limitare le atrocità di Israele o di costringerlo a fermare lo spargimento di sangue.
La triste realtà dell’occupazione israeliana dovrebbe spiegare perché innumerevoli cessate il fuoco degli ultimi decenni sono stati violati a Gaza, culminando in un ciclo infinito di spargimenti di sangue. Quando si imprigionano due milioni di persone in 225 chilometri quadrati, sottoponendole a un assedio spietato senza fine, senza vie d’accesso o d’uscita, con droni e razzi che ronzano sopra le loro teste notte e giorno, sotto costante sorveglianza e molestie, con scarso controllo sulle loro vite quotidiane e una sensazione generale di vivere all’inferno, un accordo di pace che non affronti nessuna di queste preoccupazioni non reggerà.
Il genocidio di Gaza è un’incarnazione particolarmente orribile del violento colonialismo israeliano in Palestina, il tragico frutto di decenni di occupazione e oppressione di un popolo apolide privato dei diritti e delle libertà fondamentali. A meno che le cause profonde non vengano smantellate – la revoca dell’assedio, la fine del sistema di apartheid e dell’occupazione – la violenza continuerà a perseguitare tragicamente palestinesi e israeliani per gli anni a venire.
Seraj Assi è uno scrittore palestinese che vive a Washington, autore, da ultimo, di My Life As An Alien (Tartarus Press). Questo articolo è uscito su Jacobin Mag, la traduzione è a cura della redazione.
16/1/2025 https://jacobinitalia.it/
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