Meningite in Toscana. La speranza è nel gregge

Vaccinazioni anti-meningite. Un peso e due misure

La meningite meningococcica è, fra le malattie infettive, una di quelle che fa più paura. Imprevedibile, colpisce indistintamente bambini, adolescenti ed adulti. Ha un decorso spesso fulminante e può sconvolgere la vita di una famiglia portando da un giorno all’altro morte o disabilità permanente. Se paragonata ad altre malattie infettive la sua frequenza è mediamente bassa, ma in certi periodi si manifesta in alcune zone geografiche più o meno ampie con una frequenza insolitamente elevata. È allora che scatta “l’allarme meningite” dal forte impatto mediatico, con conseguente panico fra la popolazione e pressione sulla sanità pubblica. Ma a cosa è dovuto questo strano comportamento del meningococco?

I meccanismi che sono alla base del comportamento epidemiologico del meningococco sono ancora poco chiari. Il meningococco è un ospite abbastanza frequente del nostro naso-faringe. La frequenza di portatori asintomatici è bassa fra i bambini piccoli, aumenta fra gli adolescenti e giovani adulti, per poi diminuire ancora nell’età avanzata. Studi condotti su campioni di adolescenti e giovani adulti hanno rilevato la presenza di meningococco fino ad uno su dieci soggetti asintomatici. Un soggetto portatore asintomatico può ospitare lo stesso ceppo di meningococco per mesi e quindi contribuire alla sua diffusione nella popolazione. Nonostante l’elevata frequenza di portatori, i casi di malattia sono usualmente sporadici. Ma, come accennato prima, sono descritte – in Europa come nel nostro Paese – aree di iperendemia caratterizzate da ondate epidemiche con un numero di casi decisamente superiore all’atteso.

L’esperienza più nota è certamente quella che si verificò alla fine degli anni ’90 nel Regno Unito. L’incidenza di meningite meningococcica passò in pochi anni da 2,8 a 5,3 casi per 100.000 abitanti. La maggior parte dei casi era dovuta ad un ceppo particolarmente virulento appartenente al sierogruppo C. In quegli anni si era appena reso disponibile un vaccino contro il meningococco C che fu subito utilizzato per un programma di vaccinazione di massa che iniziò nell’autunno 1999. La vaccinazione avrebbe coinvolto tutta la popolazione di Inghilterra e Galles fra 4 mesi e 17 anni di età: in tutto 12 milioni di bambini ed adolescenti! La campagna iniziò con la vaccinazione di adolescenti fra i 15 e 17 anni (la fascia di età all’epoca più colpita) e poi via via interessò il resto della popolazione bersaglio. Completata la vaccinazione fino ai 17 anni, il vaccino fu offerto – a partire dal gennaio 2002 – a tutti i giovani fino a 25 anni. L’impatto di questa campagna straordinaria di vaccinazione ha fatto storia (oltre ad aver fruttato al suo ideatore, Prof David Salisbury, numerose onorificenze). Almeno l’85% dei ragazzi fra i 5 e i 17 anni furono velocemente vaccinati e la copertura vaccinale di routine nei nuovi nati raggiunse presto livelli del 90%. L’efficacia del vaccino nel prevenire la malattia fu stimata fra l’83% e il 100% nei diversi gruppi di età[1]. Ma l’evidenza più importante raccolta all’epoca fu la capacità del vaccino di prevenire lo stato di portatore, stimata intorno al 75%. L’impatto del vaccino è dunque sia diretto (protezione individuale dalla malattia) sia indiretto per via della immunità di gregge: la riduzione fino al 75% dei portatori asintomatici, infatti, porta benefici epidemiologici molto superiori producendo una riduzione generale della circolazione del batterio con conseguente protezione indiretta anche delle fasce di età non vaccinate.

In Italia la vaccinazione di routine dei nuovi nati contro la meningite C è stata introdotta tardivamente e con risultati di copertura piuttosto deludenti. In assenza di eventi iperendemici, infatti, la richiesta del vaccino da parte dell’utenza è stata mediamente bassa e gli operatori sanitari sono stati abbastanza tiepidi nel consigliare questa vaccinazione. A questo si aggiunge il fatto che il valore economico di questa vaccinazione di massa non è spesso sufficiente a giustificarne l’utilizzo in condizioni di normale endemia.

La situazione epidemiologica registrata negli ultimi mesi in Toscana indica senza dubbio una condizione di iperendemicità per meningite meningococcica[2]. Come plausibilmente atteso, l’impatto sulla sanità pubblica di questo evento – nonostante la risposta piuttosto energica – è stata notevole. Lo so che è poco elegante autocitarsi, ma proprio pochi mesi fa scrivevo alcune considerazioni su questo blog, a proposito dell’allarme meningite, sulla necessità di avere un estintore pronto e funzionante se si vogliono prevenire gli incendi (vedi post Allarme meningite: tutti di corsa a vaccinarsi).

I casi di meningite registrati in Toscana coinvolgono un range di età estremamente ampio. Per ovvi motivi di fattibilità sarà impossibile coprire con la vaccinazione una popolazione così ampia. Dovrà pertanto essere necessario affidarsi all’effetto di protezione del gregge. Il vaccino antimeningococco ha dimostrato di poterlo fare. Purtroppo i livelli di copertura raggiunti nelle fasce infantili non hanno potuto sortire nessun effetto limitante. I livelli di copertura vaccinale raggiunti finora grazie alla campagna straordinaria di vaccinazione nelle fasce di età più importanti per la trasmissione (adolescenti e giovani adulti) sono comunque insoddisfacenti e certamente al di sotto dei livelli necessari per ottenere la riduzione della circolazione del batterio fra i portatori.È necessario dunque impegnarsi per aumentare le coperture. L’esperienza inglese ci insegna che, considerando un efficacia del vaccino stimata intorno al 75% nel bloccare i portatori, vaccinando l’80% di un gruppo di età in effetti si potrebbe ridurre del 60% il numero di portatori. Per far questo servirebbe un impegno straordinario della sanità pubblica, insieme ad un sensibile rafforzamento dei servizi vaccinali. Contemporaneamente, questa esperienza dovrebbe servire a ricordare (a proposito di estintore) quanto sia importante mantenere alti i livelli di copertura routinaria nell’infanzia in modo da abbassare stabilmente, e sul lungo periodo, la frequenza dei portatori nella popolazione.

Pier Luigi Lopalco, Professore Associato di Igiene, Università di Bari, già Head of Scientific Assessment Section, ECDC, Stoccolma.
Bibliografia

  1. Campbell H, Borrow R, Salisbury D, Miller E. Meningococcal C conjugate vaccine: the experience in England and Wales. Vaccine 2009; 27 Suppl 2:B20-9.
  2. Dal 2015 in Toscana si sono verificati 50 casi di meningite: 38 nel 2015 (di cui 31 da ceppo C, 5 di ceppo B, 1 da ceppo W, 1 non identificato) e 12 nel 2016 (di cui 10 da ceppo C, 1 da ceppo B, 1 da ceppo W), con 9 decessi (di cui 8 da ceppo C e 1 da ceppo B).

Pier Luigi Lopalco

10/2/2016 www.saluteinternazionale.info

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