Antoine è morto. Morto per un maledetto timbro
Antoine era uno degli anziani del ghetto di Torretta Antonacci ed è morto anche per colpa di un timbro, un maledetto timbro di rinnovo su quel maledetto permesso di soggiorno illimitato che da oltre venti anni lo aveva affrancato dalla condizione di irregolarità.
di USB Braccianti Foggia – Associazione Terra e Libertà
Antoine e morto.
La comunità di Torretta Antonacci e a lutto per la sua morte. Una morte ingiusta, irragionevole, folle. E’ morto nell’insediamento informale dei braccianti, strangolato dalle leggi razziste e dalla cieca burocrazia, una vita e una morte simbolo della discriminazione razziale, delle vessazioni istituzionali che alla fine, dopo anni di sacrifici e di duro lavoro in Italia, l’hanno stroncato.
Antoine era uno degli anziani del ghetto, sempre disponibile e sorridente, malgrado gli acciacchi di una vita trascorsa in fabbrica a Treviso dove ai primi segnali di crisi l’hanno licenziato, di fatto rimandato indietro nelle campagne del foggiano, da dove venti anni prima si era riuscito ad affrancare.
Antoine e morto non solo per quella baracca gelida di inverno e bollente d’estate, non solo per una ambulanza che ci ha impiegato 40 minuti per arrivare a Torretta, non solo per la mancanza di un defibrillatore nella vicina foresteria.
Antoine e morto anche per colpa di un timbro, un maledetto timbro di rinnovo su quel maledetto permesso di soggiorno illimitato che da oltre venti anni lo aveva affrancato dalla condizione di irregolarità. Tuttavia per fare il rinnovo aveva bisogno di un qualsiasi documento di attestazione di identità: ma per fare la carta di identità aveva bisogno di un permesso in corso di validità.
Un cane che si morde la coda.
Antoine a maggio chiede l’iscrizione anagrafica al comune di San Severo in quanto abitante di Torretta Antonacci ma il comune l’ha negata per quel maledetto timbro sul permesso di soggiorno, e senza quella maledetta iscrizione anagrafica non ha mai potuto avere un medico di base qui a Foggia che potesse seguire e controllare i suoi acciacchi inevitabili dopo 40 anni che si e spaccato la schiena tra i campi e le catene di montaggio, fiumi di sudore con i quali si sono arricchiti vecchi e nuovi padroni.
Come se non bastasse, dopo oltre un anno di contenzioso, finalmente l’INPS gli aveva riconosciuto la pensione sociale, era felicissimo, ora a 70 anni avrebbe potuto finalmente smettere di lavorare dall’alba al tramonto nei campi, ma alle poste non gli hanno permesso il ritiro della prima mensilità perché non aveva la carta di identità.
Non ha fatto in tempo a prendere la sua prima pensione.
Ed e morto così, povero e abbandonato da tutte le istituzioni, ma anche da morto e ancora lì – da ormai quasi una settimana – nell’obitorio, in attesa di una tumulazione e della colletta che i braccianti di Torretta stanno faticosamente portando avanti per seppellirlo qui nel foggiano, come richiesto dalla sorella, unica familiare ancora in vita, “perché questa era la sua seconda casa”.
Ricordatevi quando i politici sbraitano e vomitano in televisione razzismo e pugno duro contro i migranti, ricordatevi della vita e della morte di Antoine.
A noi piace ricordarlo con questa foto, dove si rimboccava le maniche da volontario poche settimane fa, insieme agli altri attivisti e delegati sindacali, per cercare faticosamente di ridare un minimo di dignità a quella baraccopoli segnata dal degrado e dall’abbandono istituzionale.
Questa morte ingiusta grida vendetta.
Pretendiamo che non passi in silenzio e pretendiamo l’attenzione di tutte quelle istituzioni che sono rimaste sorde e cieche dinanzi ad una vita uccisa dalla burocrazia.
Il sindaco e il comune di San Severo devono con urgenza farsi carico della tumulazione di Antoine, perche Torretta Antonacci fa parte del comune di San Severo, della provincia di Foggia, della Regione Puglia, dello stato italiano, dell’Unione Europea e non e un mondo a parte.
Allo stesso modo l’ASL di Foggia deve farsi carico di un presidio sanitario fisso presso la Foresteria di Torretta Antonacci, che possa intervenire con tempestività in caso di urgenza perché le duemila persone che vivono in quell’insediamento vivono nel comune di San Severo, in provincia di Foggia, nella Regione Puglia, nello stato Italiano, nell’Unione Europea e non in un mondo a parte.
Per parte nostra continueremo la lotta per la dignità e i diritti dei lavoratori, perché non si può morire per la mancanza di un maledetto timbro.
Per Antonie.
5/3/2025 https://www.osservatoriorepressione.info/
Migranti, Piantedosi: “In Italia 5 nuovi Cpr e 3 centri come quelli albanesi”
Il ministro degli Interni Matteo Piantedosi annuncia l’apertura in Italia di cinque nuovi Cpr e i centri in Albania “sono pronti ad accogliere altri immigrati e sono già organizzati per esprimere più funzioni”
Cinque nuovi Cpr (Centri di permanenza per i rimpatri) in Italia e un altro centro di trattenimento per i migranti che arrivano da Paesi sicuri.
“Abbiamo individuato ben cinque nuovi siti dove realizzare Cpr e per due di essi abbiamo già affidato e realizzato gli studi preliminari e contiamo di partire con l’affidamento della realizzazione entro primavera”, spiega il ministro dell’Interno in un’intervista a La Repubblica.
“Abbiamo riattivato oltre 700 posti precedentemente resi inagibili da atti di vandalismo e siamo prossimi alla riapertura del Cpr di Torino”, sottolinea Piantedosi. “Abbiamo realizzato sul territorio nazionale due strutture di trattenimento per le procedure di frontiera, come quella in Albania, e un’altra è in via di progettazione”.
Potrebbero sorgerne a Castelovolturno, in Campania, a Ventimiglia in Liguria, a Ferrara in Emilia, a Falconara Marittima nelle Marche, poi in luoghi ancora non specificati della Calabria. Saranno strutture protette dal vincolo di essere luoghi di “sicurezza nazionale” e su alcune competenze dipenderanno dal ministero della Difesa, equiparabili a strumenti di guerra.
Le immagina come strutture atte a contenere e a rimpatriare fra le 50 e le 200 persone, con tempi massimi di 18 mesi, da situare in strutture militari dismesse, possibilmente in prossimità degli aeroporti e comunque in zone caratterizzate da scarsa densità abitativa. Il mondo dell’attivismo antirazzista è da tempo mobilitato per impedire questo nuovo scempio politico, giuridico e umano e si sta cercando anche di individuare le aree interessate.
A proposito dei centri italiani in Albania, il ministro conferma l’intenzione del Governo di andare avanti nonostante le ripetute della magistratura che hanno di fatto reso inattive le strutture.
“I centri in Albania sono pronti ad accogliere altri immigrati e sono già organizzati per esprimere più funzioni, una parte è già destinata a Cpr”, spiega Piantedosi. “Avere rimesso la questione di diritto alla Corte di giustizia europea può solo ritardare la loro entrata in pieno funzionamento, che avverrà al più presto nell’una e nelle altre funzioni”.
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