A chi l’Agenda Draghi? “A noi!”
Nella competizione fra forze politiche su chi potesse più correttamente intestarsi la continuità con l’Agenda Draghi, ovvero con quell’insieme di opzioni politiche sulle quali si era mosso il Governo provvisoriamente in carica, sembra vincere l’unica forza politica parlamentare che di quel Governo non faceva parte. Fratelli d’Italia si sta infatti muovendo in accentuata continuità con la precedente maggioranza su tutte le questioni politiche oggi determinanti: guerra, gestione della crisi energetica, debito pubblico.
Sul conflitto in corso in Ucraina, Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio in pectore, ha sottolineato tutte le posizioni politicamente corrette che consentono di schierarla senza tentennamenti con la posizione dominante nell’Amministrazione americana e in Unione Europea. Condanna delle prese di posizione di Putin, sostegno indefettibile a Zelenski, approvazione dell’invio di armi.
Quanto alla gestione della pesante crisi energetica, derivata dalla guerra ma anche più in generale del riassetto degli equilibri geopolitici mondiali che è in corso e i cui esiti finali non sono facilmente prevedibili, Meloni si muove in piena sintonia con Draghi per chiedere una soluzione europea. In questo la retorica sovranista sembra già archiviata, mentre ci si deve scontrare con la mossa del governo di tedesco di stanziare 200 miliardi di euro per tutelare famiglie e imprese di casa propria dall’aumento delle bollette. Contemporaneamente il governo di Berlino si oppone a riproporre soluzioni di indebitamento comune europeo per fronteggiare la crisi energetica. La decisione del Governo semaforo tedesco è stata largamente interpretata come una volontà di riaffermazione dei propri interessi nazionali. Quindi abbiamo la leader di un partito sovranista che invoca una soluzione a livello europeo perché evidentemente ritiene che una strada puramente nazionale non esista. Dall’altra parte un governo composto da un partito europeista come l’SPD e da un partito supereuropeista come i Verdi che pensa invece di avere la forza e le dimensioni per cavarsela da solo. Questo ci dice anche quanto certi scontri retorici, spesso attivati in funzione elettorale, possano anche essere largamente strumentali.
Fratelli d’Italia si trova in sintonia con l’Agenda Draghi anche sulla questione del debito. L’attuale Presidente del Consiglio ha argomentato un relativo cambio di indirizzo rispetto alla sua stessa gestione della crisi greca e di altri Paesi all’inizio del decennio scorso, introducendo la distinzione tra debito buono e debito cattivo. Questo non esclude la necessità, da parte sua, di considerare ancora prioritario il mantenimento sotto controllo del debito pubblico italiano. Gli interventi di emergenza effettuati nei mesi scorsi hanno utilizzato i margini di bilancio consentiti dal recupero del PIL dopo il tracollo causato dal Covid, e grazie a questo ha potuto respingere le richieste di scostamento di bilancio. Qui occorre tener presente che la convergenza su una visione del debito pubblico come elemento tendenzialmente negativo non è determinata da una mera condivisione di politica economica, quanto su un elemento ideologico più di fondo. Nella cultura politica di Fratelli d’Italia (e dei suoi predecessori) al debito corrisponde un maggiore condizionamento da parte della “grande finanza”. Questa “grande finanza” è sempre vista con sospetto perché considerata sradicata dall’identità nazionale e tendenzialmente apolide e quindi direttamente nemica del nazionalismo etnico (per molto tempo e per molti questo si è identificato con una presunta natura “ebraica” della stessa). Finanza significa “usura” e ad essa sono attribuite le principali responsabilità per alcuni fenomeni sociali che mettono in discussione “l’identità” dei popoli bianchi occidentali. Ad essa vanno fatti risalire ad esempio il progetto della “grande sostituzione” attraverso l’incoraggiamento all’immigrazione di non bianchi e non cristiani, ma anche la stessa imposizione della (presunta) ideologia del “gender” e della “dittatura LGBT”. Come ha spiegato la Meloni in un suo intervento, la “cancellazione delle identità” sarebbe l’obbiettivo della “grande finanza” per renderci tutti schiavi del consumismo. Sulla consistenza logica e analitica di queste tesi complottiste ci sarebbe da ridire, ma questo è il sottofondo culturale all’interno del quale si muove la probabile prossima Primo Ministro italiano (detto rigorosamente al maschile come vuole il “soldato” Meloni).
Non manca ad accompagnare queste scelte politiche anche un riferimento al “metodo Draghi” inteso come ricerca di convergenza di tutte le forze politiche a tutela del vero o presunto interesse nazionale.
Assunti questi elementi di continuità che dovrebbero favorire in accesso non traumatico alla massima responsabilità di Governo, non mancano però problemi e contraddizioni, tanto più che lo scenario economico e sociale che si prospetta vira più al “nero” che al “rosa” (e non propriamente quel genere di “nero”). Le previsioni indicano un sostanziale stallo dell’economia italiana nel 2023 e non si può escludere che la realtà si presenti anche più fosca per il convergere di una serie di effetti che nessuna forza dominante sembra in grado di governare.
Nell’immediato la formazione del Governo dovrà gestire soprattutto il rapporto con la Lega che è uscita malmessa dalle elezioni ma che non può facilmente rinunciare a svolgere un proprio ruolo. Il carattere problematico della collocazione di Salvini agli Interni non deriva tanto da sostanziali divergenze politiche su questi temi, quanto dalla difficoltà di gestire una situazione nella quale il leader leghista possa continuamente occupare la scena e gestire l’agenda politica, come avvenne durante il governo Conte.
Nei confronti dei soggetti sociali, il presidente di Confindustria Bonomi ha già chiarito i paletti che vengono messi al nuovo Governo: niente interventi significativi sull’IRPEF (la cosiddetta “flat tax”) senza avere prima alleggerito IRAP e IRES e comunque attenzione primaria al controllo del debito. Tutte le risorse disponibili vanno orientate ad alleggerire la spesa energetica. Questa presa di posizione apre un confronto più complicato con la Lega, che rivendica una introduzione della “flat tax” ben più ampia di quella che nell’immediato preferirebbe Fratelli d’Italia, e che contemporaneamente continua a chiedere il superamento della Fornero.
La Confindustria per bocca del suo Presidente ha detto un’altra cosa chiara. La fase che si è aperta è quella di una relativa deglobalizzazione, frutto di quanto emerso dalla crisi pandemica e poi dalla guerra in Ucraina. Questo potrebbe permettere un certo ritorno di attività industriali nelle economie capitalistiche storicamente consolidate. Tutto ciò però sarà strettamente collegato alle relazioni geopolitiche e alle alleanze politico-militari. Per questo Bonomi ha riaffermato la centralità dell’adesione alla Nato come questioni politica fondamentale.
Il terzo versante che si apre per il futuro governo è ovviamente quello del consenso con il proprio elettorato e il rischio di attivare un conflitto sociale che per ora è quasi inesistente. E’ possibile che, stante l’adesione ai fondamentali in politica estera e in politica economica, siano le questioni sociali e socio-culturali a diventare il terreno sul quale giustificare la “novità” dell’arrivo di una formazione post-fascista alla guida del governo di centro-destra: migranti, legge o ordine, oscurantismo clericale, contrapposizione all’agenda LGBT, superamento del riferimento alla Resistenza come sfondo ideale della Repubblica italiana, retorica patriottica e militarista. Tutte questioni sulle quali l’agitazione di tematiche non si deve tradurre necessariamente nell’immediato in determinazioni politiche concrete. Anche se ovviamente l’impatto sul clima culturale del Paese non può essere sottovalutato.
L’altro terreno sul quale poter concentrare l’agenda politica, da parte del futuro Governo è quello dell’assetto istituzionale con due terreni di iniziativa: il presidenzialismo e l’autonomia differenziata. Quest’ultima è già stata avviata dal PD e semmai è proprio Fratelli d’Italia ad avere ancora qualche remora, per altro superabile. Quanto al presidenzialismo è tutt’altro che chiarito quale sia il progetto istituzionale di Fratelli d’Italia e degli altri, ma certamente il sottofondo ideologico autoritario e gerarchico che questa proposta rappresenta è del tutto in sintonia con la tradizione neofascista, più che postfascista, da cui Fratelli d’Italia proviene.
Franco Ferrari
5/10/2022 https://transform-italia.it/
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