A L’Avana il G77 + Cina per la democratizzazione delle relazioni internazionali
Di fronte ad un Nord globale che vorrebbe mantenere i privilegi acquisiti in secoli di colonizzazione e neocolonizzazione, il G77 + Cina de L’Avana propone un sistema politico ed economico più giusto, in cui tutti i Paesi abbiano una voce e che possa garantire una vita dignitosa a tutta l’umanità.
Se il G20 resta figlio di un sistema di relazioni internazionali elitario, in cui pochi leader possono decidere le sorti del mondo, il G77 + Cina in corso di svolgimento a L’Avana rappresenta la volontà della maggioranza del mondo di instaurare un nuovo sistema di relazioni internazionali che sia più democratico e rappresentativo. Fondato nel 1977, il G77 conta oggi 134 Paesi, ovvero quasi tutti gli Stati dell’Asia, dell’Africa, dell’America Latina e del Pacifico, pari all’80% della popolazione globale.
In qualità di presidente pro tempore dell’organizzazione, Cuba sta ospitando in questi giorni il vertice de L’Avana. L’evento si concentra sulle attuali sfide dello sviluppo e sul ruolo della scienza, della tecnologia e dell’innovazione, e si è concluso con l’approvazione di una dichiarazione politica. Tra gli argomenti affrontati, spiccano le principali sfide generate dall’attuale ordine economico internazionale e l’urgente necessità di una riforma complessiva dell’architettura finanziaria globale, con un approccio più inclusivo e coordinato alla governance finanziaria globale.
Nel corso del vertice della capitale cubana, i partecipanti hanno insistito sul rifiuto dell’imposizione di leggi e regolamenti con impatto extraterritoriale e di tutte le altre forme di misure economiche coercitive, comprese sanzioni unilaterali contro i Paesi in via di sviluppo, sottolineando l’urgente necessità di eliminarle immediatamente. Il documento in corso di redazione, inoltre, mette in guardia sull’importante ruolo della scienza, della tecnologia e dell’innovazione nel raggiungimento dell’Agenda 2030 e dei suoi obiettivi di sviluppo sostenibile.
La dichiarazione sottolinea l’importanza della ricerca, dello sviluppo e del trasferimento tecnologico nella sfera della salute umana; il ruolo della scienza, della tecnologia e dell’innovazione nell’individuare e affrontare le sfide poste dai cambiamenti climatici e l’importanza delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione come catalizzatori per lo sviluppo sostenibile. Inoltre, denuncia le disparità esistenti tra Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo in termini di condizioni, possibilità e capacità di produrre nuova conoscenza scientifica e tecnologica.
Nel suo discorso, il presidente cubano Miguel Díaz-Canel ha sottolineato l’importanza e la necessità del processo di democratizzazione del sistema delle relazioni internazionali attualmente in vigore: “Il Gruppo dei 77 e la Cina hanno l’immensa responsabilità di rappresentare gli interessi della maggior parte delle nazioni del pianeta sulla scena internazionale. Per ragioni storiche e identitarie manteniamo il nome originale, ma siamo più, molti più di 77 Paesi. Oggi siamo 134, che equivalgono a più di due terzi degli Stati membri delle Nazioni Unite (ONU), dove vive l’80% della popolazione mondiale”, ha ricordato il leader cubano.
“Questo vertice avviene in un momento in cui l’umanità ha raggiunto un potenziale tecnico-scientifico inimmaginabile un paio di decenni fa, con una straordinaria capacità di generare ricchezza e benessere che, in condizioni di maggiore uguaglianza, equità e giustizia, potrebbero garantire uno standard di vita dignitoso, confortevole e sostenibile per la quasi totalità degli abitanti del pianeta”, ha affermato Díaz-Canel, facendo riferimento alla flagrante ingiustizia sulla quale si basa il sistema economico attualmente in vigore. “Sono le popolazioni del Sud a soffrire maggiormente di povertà, fame, miseria, morte per malattie curabili, analfabetismo, sfollamenti umani e altre conseguenze del sottosviluppo. Molte delle nostre nazioni sono chiamate povere, quando in realtà dovrebbero essere considerate nazioni impoverite. Ed è necessario invertire quella condizione in cui ci hanno precipitato secoli di dipendenza coloniale e neocoloniale, perché non è giusto e perché il Sud non sopporta più il peso morto di tutte le disgrazie”.
Secondo il presidente della maggiore delle Antille, l’attuale sistema internazionale impedisce ai Paesi del Sud del mondo di beneficiare a pieno dei progressi tecnologici e scientifici raggiunti dall’umanità negli ultimi anni. Un tale sistema non permette a questi Paesi di colmare il gap di sviluppo che li separa dai Paesi occidentali a capitalismo avanzato: “È necessario abbattere le barriere internazionali che hanno ostacolato l’accesso alla conoscenza da parte dei Paesi in via di sviluppo e l’utilizzo di tali fattori determinanti per il progresso economico e sociale”, ha detto Díaz-Canel. “Mi riferisco alle barriere strettamente legate a un ordine economico internazionale ingiusto e insostenibile, che perpetua condizioni privilegiate per i Paesi sviluppati e relega la maggioranza dell’umanità in condizioni di sottosviluppo”.
Oggi, viviamo in un mondo paradossale nel quale lo sviluppo tecnologico e scientifico avanza sempre più rapidamente, ma, allo stesso tempo, si registrano passi indietro nei principali indicatori di sviluppo in molti Paesi. Secondo il presidente cubano, “il mondo è tornato indietro di tre decenni in termini di riduzione della povertà estrema e ha registrato livelli di fame che non si vedevano dal 2005”. Oggi, 84 milioni di bambini non hanno la possibilità di andare a scuola, 600 milioni di persone vivono senza corrente elettrica e il 64% degli abitanti del Sud del mondo non ha accesso ad Internet. “Di fronte a queste realtà non possiamo parlare seriamente di progresso tecnologico o di accesso equo alle comunicazioni”, ha detto Díaz-Canel.
La grande disparità esistente tra il Nord e il Sud del mondo si è notata in particolare in occasione della pandemia di Covid-19: “La pandemia ha mostrato con estremo realismo il costo dell’esclusione scientifica e digitale, che ha causato vittime e ampliato le distanze tra il Nord e il Sud”, secondo il presidente cubano, che ha ricordato come, nelle fasi più acute della crisi sanitaria mondiale, “i Paesi in via di sviluppo avevano solo 24 dosi di vaccini ogni 100 abitanti, mentre i Paesi più ricchi avevano quasi 150 dosi ogni 100 persone”.
Solamente una riscrittura delle regole delle relazioni internazionali e del sistema economico e finanziario vigenti può permettere una miglior distribuzione delle risorse economiche e dei frutti del progresso scientifico e tecnologico. Una tale redistribuzione delle risorse non solo sarebbe più etica, ma risolverebbe anche molti dei problemi globali che oggi riguardano tutti, come le guerre, i flussi migratori e il rischio dell’emergere di nuove epidemie. Ma, fino ad oggi, i capitalisti occidentali sono risultati troppo attaccati ai propri privilegi per rinunciarvi anche solo in parte.
Giulio Chinappi
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