A Washington per Gaza

Tutte le immagini sono tratte da Palestinian Youth Movement (PYM)

Arriveranno da Chicago, New York, Atlanta, Boston, Pittsburgh, Raleigh, Indianapolis, Albuquerque, Providence, Filadelfia e molte altre città. Oltre 200 organizzazioni hanno promosso la grande marcia del 4 novembre fino alla Freedom Plaza di Washington DC per chiedere il Cessate il fuoco immediato, la fine del sostegno miliardario degli Usa alla guerra di Netanyahu e per rompere l’assedio sionista contro Gaza. Danya Al-Saleh, geografa impegnata nell’organizzazione del Movimento giovanile palestinese, racconta un movimento forte e molto determinato che riprende le parole di Ghassan Kanafani, grande scrittore e giornalista palestinese, ucciso a Beirut 51 anni fa in un attentato incendiario promosso dai servizi segreti israeliani, per affermare che la causa palestinese (non è certo solo quella che si vuole dipingere e rappresentare riducendola alla sola Hamas), è la causa di tutti gli sfruttati e gli oppressi

Da tempo è venuto alla luce un movimento emergente negli Stati Uniti, sostiene Black Lives da Ferguson a Minneapolis, difende la sovranità dei nativi dalle montagne hawaiane alle pianure dei Dakota, non conosce confini dai deserti del Texas alla valle della California e fa crescere la protesta contro il lavoro che ci deruba dalle aule dell’Oklahoma alle fabbriche del Michigan e agli hotel di Los Angeles. È un movimento di massa e di coalizione trasversale, indomabile nella sua lotta per la liberazione della Palestina. Anche se a volte può sembrare disperso, la sua bussola è il rifiuto storico mondiale dell’oppressione e, come ha spiegato bene l’intellettuale rivoluzionario palestinese Ghassan Kanafani, la Palestina ci unisce, perché “la causa palestinese non è solo per i palestinesi, ma è la causa di ogni rivoluzionario ovunque si trovi, è la causa degli sfruttati e degli oppressi”.   

Questo movimento non è iniziato due settimane fa, si basa su decenni di lotta di base ed è guidato dai giovani, ovunque si trovino, che siano palestinesi, arabi o che si schierino con loro contro il colonialismo sionista. Il 4 novembre, questo movimento si dirigerà verso la Freedom Plaza di Washington DC, per marciare per la fine dell’assedio di Gaza, un cessate il fuoco immediato e la fine degli aiuti statunitensi a Israele. La manifestazione è organizzata da Palestinian Youth Movement (PYM), National Students for Justice in Palestine, ANSWER Coalition, The People’s Forum, Al-Awda, US Palestinian Community Network, American Muslim Alliance, US Campaign for Palestinian Rights, Maryland2Palestine and the Palestinian Feminist Collective. Avviene in un momento critico nella lotta in Palestina per segnalare il consolidamento di un movimento di massa negli Stati Uniti impegnato a sfidare il ruolo decennale del governo Usa nel genocidio del popolo palestinese.

Questa mattina, 29 ottobre, il Ministero della Sanità di Gaza ha riferito che oltre 8.000 palestinesi sono stati assassinati, non meno di 3.342 erano bambini, con un bambino ucciso ogni 10 minuti dai bombardamenti israeliani. Tutta questa morte in sole tre settimane. Eppure ce ne sono altre centinaia sepolti tra le macerie, sparsi nei quartieri assediati e rasi al suolo. I palestinesi non possono contare i loro morti e Israele, con i suoi bombardamenti senza fine, li priva perfino ​​del loro lutto. La potenza coloniale occupante ha distrutto oltre la metà delle case nella sua campagna di bombardamenti, costringendo a sfollare 1,4 milioni di palestinesi entro le 140 miglia quadrate di quella che viene chiamata Striscia di Gaza. Non c’è luogo dove nascondersi da questo assalto incessante. Anche i luoghi di rifugio e di assistenza medica – ospedali, scuole, moschee e chiese – vengono sfacciatamente fatti a pezzi. Nelle ultime due settimane sono state sganciate su Gaza più bombe finanziate dagli Stati Uniti di quante ne sono piovute sull’Afghanistan in dieci anni. 

Una campagna di incessante distruzione e massacro che non bada a spese. Israele ha bisogno di sempre più bombe, più fosforo bianco, più soldati e sempre più armi per radere al suolo Gaza e riempire le sue fosse comuni. Il 20 ottobre, la Casa Bianca ha richiesto 10,6 miliardi di dollari per ulteriori aiuti militari a Israele. Secondo il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, questo sostegno materiale alla crescente depravazione coloniale dello stato israeliano è “un investimento intelligente che darà vantaggi economici per la sicurezza degli Stati Uniti per generazioni”. Allo stesso tempo, i think tank israeliani – rendendo operativo questo investimento – hanno apertamente presentato i loro progetti per la completa pulizia etnica di 2,4 milioni di palestinesi a Gaza. I funzionari israeliani hanno apertamente invocato il genocidio, la cancellazione di Gaza dalla Terra e si riferiscono ai palestinesi come animali umani e figli delle tenebre. Questo sterminio, come affermano sia il governo statunitense che quello israeliano, è essenziale per la sicurezza nazionale. Tali rivoltanti affermazioni non sono nuove, ma sono alla base dell’imperialismo Usa come dell’assedio di Gaza, durato 17 anni: un blocco terrestre, aereo e marittimo che ha trasformato Gaza in un campo di concentramento, dove sono messe in campo nuove armi e tecnologie di sorveglianza statunitensi e israeliane che vengono testate su una popolazione prigioniera. I funzionari delle istituzioni israeliane esclamano con orgoglio, intanto, che stanno mantenendo i palestinesi di Gaza in una dieta rigorosa. 

Il movimento per la Palestina non si limita solo alle folle delle grandi città liberali, ma proclama coraggiosamente la sua determinazione anche nelle strade di Green Bay, Wisconsin, e di Jackson, Mississippi. Questo movimento avanza insieme alla lotta globale dei popoli per sostenere la causa palestinese anche dalle strade di Dublino e Sanaa, Giakarta e Teheran, Toronto e Il Cairo, Londra e Amman. Chiede la fine dell’assedio sionista a Gaza sostenuto dagli Stati Uniti. Gli studenti hanno abbandonato le loro aule il 25 ottobre in oltre cento campus in tutto il Nord America; alcuni organizzatori ebrei si sono incatenati alle porte dei politici e hanno occupato i loro uffici, insieme alla Grand Central Station di New York City. Gli attivisti stanno intraprendendo anche un’azione diretta contro Elbit Systems, il più grande produttore di armi israeliano, a Cambridge, nel Massachusetts. I giovani palestinesi e le organizzazioni di base, da Houston a Detroit, organizzano una manifestazione dopo l’altra, in alcune delle più grandi marce per la Palestina che gli Stati Uniti abbiano mai visto.  

Mentre marciamo, parliamo e cantiamo i nostri slogan per la libertà palestinese e la fine dell’assedio genocida, sappiamo che non siamo soli né pochi. Sentiamo un coro potente risuonare per le strade delle nostre città. E vediamo una debole risposta sionista. È chiaro che il popolo sta dalla parte della Palestina. Tuttavia, i media delle corporation tentano di ritrarre il movimento come una frangia radicale isolata. I numeri nelle strade vengono del tutto ignorati o sottostimati, trasformano le migliaia di persone in centinaia o meno. Quando viene citato, il movimento viene descritto come protagonista di violente manifestazioni “terroristiche”, cosa che serve a rafforzare l’incitamento islamofobico all’odio e alla disumanizzazione del popolo palestinese da parte dell’amministrazione Biden. A queste mobilitazioni di massa si sono accompagnate anche la repressione e la violenza da parte dello Stato. L’FBI ha visitato le case dei palestinesi, lavoratori e studenti sono stati licenziati dal lavoro e le università hanno minacciato azioni contro il movimento studentesco. Purtroppo non si tratta di vuote minacce. Delle vite sono state distrutte. Il nostro prezioso martire, Wadea Al-Fayoume, un bambino di 6 anni che viveva con la sua famiglia nella periferia di Chicago, è stato brutalmente assassinato nella sua casa. E mentre i sionisti attaccano manifestazioni pacifiche con le loro auto e sparano sulla folla in un altro sobborgo di Chicago, noi continuiamo a mobilitarci di fronte alla violenza reazionaria, risoluti nella convinzione della causa palestinese. 

Nonostante questi tentativi di mettere a tacere e reprimere violentemente il movimento, sappiamo che i palestinesi a Gaza e in tutta la Palestina ci sentono e ci vedono. Sappiamo che, così come sono rimasti saldi durante 75 anni di occupazione e pulizia etnica, durante 17 anni di blocco, e di fronte all’attuale bombardamento di Gaza e al rinnovato sforzo per farla finita con la Palestina, la nostra lotta non è vana. Anche noi dobbiamo essere risoluti nel mobilitarci giorno dopo giorno per porre fine all’assedio di Gaza e fermare il genocidio del popolo palestinese.  

La marcia nazionale del 4 novembre a Washington, DC è un appello a tutte le forze progressiste che lottano fermamente contro lo sfruttamento e l’oppressione: la causa palestinese è la vostra causa. I trasporti vengono organizzati in tutto il paese, da città come Chicago, New York, Atlanta, Boston, Pittsburgh, Raleigh, Indianapolis, Albuquerque, Providence, Filadelfia e altre. Oltre 200 organizzazioni hanno appoggiato la marcia e si stanno unendo per arrivare sotto le porte di Joe Biden – con l’energia e la forza combinate che il movimento ha portato nelle città, nei paesi, nei luoghi di lavoro e nelle scuole di tutto il paese – per gridare, forte e chiaro: CESSATE IL FUOCO, ADESSO! STOP ALL’ASSEDIO DI GAZA! STOP A TUTTI GLI AIUTI DEGLI STATI UNITI A ISRAELE! 



Danya Al-Saleh è una geografa femminista che insegna all’università di Washington ed è impegnata nell’organizzazione del Movimento giovanile palestinese. Il suo attuale progetto di ricerca esamina la politica quotidiana delle università statunitensi in Qatar e si colloca all’intersezione tra studi sui combustibili fossili, capitalismo, ingegneria e genere. Attraverso questa ricerca, indaga su come il rapporto tra l’istruzione superiore statunitense e l’industria del petrolio e del gas prende forma oltre i confini nazionali in un’era descritta come post-petrolio.

Fonte: Mondoweiss

31/10/2023 https://comune-info.net

Traduzione per Comune-info: marco calabria

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