Acqua, mercificazione, rimozione. Emilio Molinari dialoga con Lavoro e Salute

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a cura di Alberto Deambrogio

Emilio Molinari è una figura storica dell’ambientalismo italiano, animatore del gruppo lombardo che portò alla chiusura della centrale elettronucleare di Caorso e già parlamentare europeo. Esponente della Federazione dei Verdi e senatore della Repubblica italiana, ha contribuito a fondare il Comitato italiano per un Contratto Mondiale sull’Acqua, di cui è stato presidente. È autore del libro Acqua: argomenti per una battaglia, Puntorosso Edizioni 2009, premio Elsa Morante. E’ vicepresidente dell’Associazione “Laudato si’”.

Alberto Deambrogio: Nelle scorse settimane il Governo presieduto da Mario Draghi ha varato il D.d.l. “concorrenza” come uno degli elementi di riforma utili per ottenere le risorse europee collegate al P.N.R.R. Subito sono scattate le polemiche e le proteste da parte di alcune categorie professionali come, ad esempio, quella dei taxisti. In realtà dentro quel provvedimento c’è un attacco frontale ai servizi pubblici e segnatamente alla gestione pubblica dell’acqua. Nel 2011 un referendum popolare aveva sancito la necessità di quest’ultima. Oggi quella volontà maggioritaria viene di fatto cancellata con un altro strumento legislativo. Partiamo da qui: cosa pensi di questo nuovo passo verso la costituzionalizzazione del diritto privato? Che valore può ancora avere uno strumento come il referendum costituzionalmente previsto dai nostri ordinamenti?

Emilio Molinari: Dici bene. Il D.d.l. “concorrenza” rappresenta un grande balzo verso la costituzionalizzazione dell’interesse privato. Costituzionalizzare la Borsa è un sottofondo del pensiero dei “vincenti”, che ormai ha conquistato il popolo e stravolge ogni Costituzione più delle modifiche materiali già avvenute in tal senso. Tutto è mercato e si realizza nel silenzio delle coscienze “illuminate” d’Italia e d’Europa. Lo vedi, non ci sono piazze agitate e arrabbiate in tal senso. Non ci sono movimenti, associazioni, reti alternative e antagoniste in fibrillazione… i sindacati tacciono; ci sono solo, con ragione, i taxisti, unici a scioperare e paventare il pericolo di una multinazionale dei taxi. Che dire?… Se dovessi dare un titolo a questo nostro scambio di idee, userei tre parole: Acqua, mercificazione, rimozione. Ti sei accorto che anche tra i/le compagni/e e le reti alternative non si parla più di acqua e di referendum annullato? Talvolta, quando parlo con loro, mi sembra di essere diventato un maniaco che parla solo di acqua e di referendum come la grande occasione persa dalla sinistra per costruire, a partire da quello straordinario evento autonomo, popolare, pieno di solidarietà e di universalità, un’alternativa al disastro ambientale, all’imbarbarimento, alla guerra. Leggo il tema dell’acqua come il paradigma dal quale ridisegnare la politica nell’era in cui il tempo risulta essere scaduto. Sai, è paradossale, ma sull’acqua e argomenti simili trovo condivisione e attenzione solo quando parlo con la gente “normale”, che non vota o vota a destra o centro sinistra. Trovo più lucidità in persone come Ferruccio De Bortoli, che scrive un editoriale sul Corriere di Lunedì 23 Novembre, per dirci che noi dell’acqua pubblica non abbiamo capito niente e che la civiltà sta nel privatizzarla. Almeno lui ne parla e descrive l’importanza di una scelta liberista dando il suo sostegno al Ddl “concorrenza”. Ora è venuto il tempo di parlarne un po’: per la prima volta tutti i servizi pubblici locali, servizio idrico compreso, vengono privatizzati, sottratti ai Comuni. Così un referendum viene liquidato. E’ la “soluzione finale” della cosa pubblica locale, la fine di una storia municipale…la più antica, la più vicina ai cittadini.

Permettimi di ricordarne in breve la storia. Nel 1888 l’acquedotto pubblico milanese nasce con il riscatto (da parte del Comune e in anticipo sulla Costituzione del 1948) di una trentina di acquedotti privati. E’ il sindaco Gaetano Negri, un uomo della destra storica, a decidere l’opera e a scrivere nella delibera: “l’acquedotto non poteva convenientemente affidarsi a chi ne voglia fare motivo di lucro”. Gli fa eco l’ingegnere Poggi, dirigente comunale, parlando di “una visione della città come di un organismo unitario da nutrire e depurare…tanto nel corpo di un animale quanto nell’organismo di una città, il liquido vitale è condotto e distribuito completo di canali e diramazioni.” Che dire? 133 anni fa parlavano così…e adesso? Pensate a come parlano da destra e da centro sinistra amministratori e urbanisti.

Nel 1903 il governo Giolitti (liberale) istituiva le municipalizzate su tutto il territorio nazionale. Le motivazioni erano: “Perseguire mediante la municipalizzazione dei pubblici servizi una risposta efficace alla crescente intensificazione della vita urbana… a cui occorre dare riscontro con mezzi sociali… porre un freno alla tendenza in atto da parte dei comuni, a concedere gli impianti e l’esercizio di questi servizi a imprenditori privati a causa degli investimenti notevoli… promuovere l’assunzione solenne di responsabilità da parte dei comuni… responsabilità estesa ai cittadini chiamati a pronunciarsi in merito mediante referendum”.

Ecco vorrei che almeno i sindaci e i movimenti civili e ambientali (non parlo del movimento per l’acqua pubblica, il solo impegnato) sentissero questa solenne responsabilità e si interrogassero a fondo leggendo un provvedimento che fin dall’ art. 1 intende:

“…promuovere lo sviluppo della concorrenza al fine di garantire l’accesso ai mercati… e rimuovere gli ostacoli regolatori, di carattere normativo e amministrativo all’apertura dei mercati”;

che dall’art. 6 stravolge ogni cultura civica:

  • costringe alla privatizzazione tutti servizi pubblici locali;
    muta il ruolo dei Comuni e delle Città Metropolitane, privandoli della proprietà e gestione dei propri servizi collettivi, che consegna ai privati, e portando la funzione regolatrice al livello statale;
  • estende la privatizzazione anche alla proprietà delle reti e degli impianti (invasi alpini);
  • obbliga l’ente locale “a trasmettere tempestivamente la decisione motivata di utilizzare il modello di autoproduzione”;
  • pone vincoli all’ente locale che intende gestire pubblicamente i servizi e questo “in base ai principi di adeguatezza alla normativa europea… e al superamento dei regimi di esclusiva (gestione pubblica) non conformi a tali principi e comunque non indispensabili…”. C’è da restare allibiti, principi europei e superamento del pubblico diventano elementi costituzionali e il pubblico diventa comunque non indispensabile;
  • Infine l’accesso ai finanziamenti si orienta verso le società che aggregano tanti servizi come le multiutility: A2A – IREN – Hera- Acea, che sono quotate in borsa e già in mano per il 49% a fondi di investimento. Fanno il paio con le loro “sorelle”, le multinazionali francesi Suez e Veolia da tempo a “caccia” nel nostro Paese dalla Sicilia alla Calabria, dalla Lombardia alla Liguria. Il vero obbiettivo privatizzatore di tutti i governi sono state e sono le S.P.A. in house, anche se le direttive europee prevedono le gestioni in house.

Non amo disquisire sui temi costituzionali. Segnalo solo che la Costituzione non pone la concorrenza e il mercato come principio fondante. Il D.d.l. invece lo evince dall’interpretazione, che a me sembra completamente rovesciata, dell’articolo 41. Lo evince poi dall’art. 81, quello imposto nel 2012 a Berlusconi dalla Commissione europea e da Draghi alla B.C.E. Se poi accenno al fatto che Draghi nel ’92 era sul veliero della corona inglese “Britannia” a relazionare sulle privatizzazioni italiane… divento complottista. Inoltre nella Costituzione il termine concorrenza compare solo nell’art. 117 del famigerato titolo V aggiornato nel 2001 per dare alle Regioni disastrosi poteri sulla Sanità. Nel D.d.l. il 117 subisce una torsione al fine di togliere agli enti locali i poteri sui servizi pubblici, in palese contraddizione con l’articolo 118 che segue.

Tutto ciò pone domande non da poco: sulla concorrenza fa testo la Costituzione (che quasi non la nomina) o fa testo l’Europa, che ne fa un principio senza avere una costituzione di riferimento? E ancora: si pongono domande sul tema della sovranità. Oggi, nel tempo dei disastri globali, della pandemia e dei vaccini, della crisi climatica, della crisi idrica, della crisi migratoria, la sovranità va ripensata nella dimensione globale e interconnessa con le crisi globali? Se si parla di sovranità non è possibile farlo senza guardare direttamente in faccia al mondo, allo stato dell’acqua, del clima, della terra, dell’aria, dell’energia e della salute, in una parola allo stato della vita. Tutto ciò ci obbliga a tornare al mantra della concorrenza e di converso ai principi originali (universali) della nostra Costituzione: la solidarietà collettiva, la dignità umana. Cosa deve fare testo di fronte a un mondo che può andare alla rovina? La sovranità nazionale, europea o la sovranità della vita umana e non solo? Valgono il mercato e il WTO o regole per salvarci tutti? Nuovi diritti, desideri, piaceri personali o la sopravvivenza del vivente? La giungla, il si salvi chi può o la razionale fraternità? Cambia tutto, anche il conflitto cambia…non sparisce ma getta ponti.

Torniamo al D.d.l.: la regione viene privata di poteri e il ruolo dei comuni e dei sindaci viene ribaltato in quello di azionista, o ancor peggio in broker del territorio da svendere agli smaltitori di rifiuti tossici o ai costruttori di grattacieli e di edilizia residenziale di pregio; tutto ciò in barba al principio costituzionale della difesa del paesaggio e del diritto alla casa. E’ l’aziendalizzazione dei comuni, la trasformazione dei sindaci in “operatori della borsa”. Dove stanno i federalisti, gli autonomisti, i municipalisti, i federalisti democratici, i sindacati, i movimentisti, i fautori dell’autogoverno, ecc.? Ognuno resta con le proprie abitudini ideologiche, i propri obiettivi e io mi sento come Gino Bartali che ripete: “è tutto sbagliato è tutto da rifare”.

A.D.: Le reazioni al provvedimento del Governo, relative alla parte che tratta la sostanziale privatizzazione dei servizi e dell’acqua, sono state assolutamente flebili, per usare un eufemismo. Anche i rappresentanti dei Comuni non hanno sentito la necessità di intervenire: eppure con il nuovo assetto voluto dal Governo il loro ruolo viene giubilato senza mezzi termini. E’ pur vero che tantissimi Enti locali sono sostanzialmente alla “canna del gas” grazie a vari condizionamenti di bilancio, come ad esempio l’assurdo patto di stabilità e quindi cercano risorse da tutte le parti, ma basta questo per rinunciare a un ruolo molto importante che li connota nei loro poteri?

E.M.: Lasciami partire ancora da lontano. Il poeta Franco Arminio sul Fatto Quotidiano di mercoledì 21 novembre scriveva: “Cari ricchi la lotta di classe l’avete vinta voi”.

Verissimo… hanno stravinto, ma non se ne sono accorti e continuano a vedere comunismo in ogni cosa pubblica. Hanno stravinto, ma hanno portato il mondo sull’orlo di un abisso e non sanno cosa fare se non continuare a testa bassa, nascondendosi dietro una cortina di parole green e blaterando di transizione ecologica. I grandi della terra riuniti a Glasgow nel summit sul clima, dopo aver dichiarato di avere solo dieci anni di tempo per fermare la catastrofe, hanno chiuso con un fallimento. Ormai a sinistra ci affidiamo ai ragazzi di Fridays for Future: sono bravi, sono carini! La crisi pandemica ci assedia da più di due anni, ma guai a privarci delle priorità dei nostri piaceri voluttuari. La Sanità pubblica viene ulteriormente devastata e mezzo mondo non ha l’acqua per lavarsi le mani, ma le piazze gridano: libertà, ridateci la movida e la palestra! Il Papa è l’unica figura istituzionale mondiale a tuonare e a tratteggiare lucidamente il nostro futuro, ma i suoi fedeli si allontanano e il popolo di sinistra lo guarda con diffidenza perché non condivide il D.d.l. “Zan”. Mi aspetto che presto lo accompagnino in una R.S.A. per una degenza assai lunga. L’ONU e persino il Pentagono dal 2004 ci vanno dicendo che la crisi idrica e quella migratoria ci travolgeranno: con migranti e guerre la schiavitù ci vive accanto, ma questo non accende passioni.

Le piazze? Si riempiono di rabbia di destra e di sinistra: no-vax, no-greenpass, si-LBGTQ+. Si moltiplicano gli scontri “interni al popolo” e i ricchi escono dal radar dei conflitti. La gente affolla i banchetti per firmare il referendum sullamarijuana libera, ma scorda quello del 2011 sull’acqua pubblica. La sinistra democratica dei centri cittadini alza ancora di più l’asticella identitaria che divide il suo popolo “civile” da quell’altro “medioevale”. Il senso della politica è spesso ribaltato: i poveri votano (a destra) per i ricchi.

I ricchi votano (a sinistra) per se stessi. I colti o presunti tali, per distinguersi dal popolo ignorante, votano (a sinistra) contro i poveri e sempre per i ricchi. In tutti è sparito persino lo spirito di sopravvivenza della specie.

Ritorno ancora sulla dimensione sociale, che rende la Costituzione italiana la più bella del mondo. Alle spalle c’è un secolare dibattito. Molte costituzioni garantiscono le libertà dell’individuo (quella americana garantisce persino la felicità, solo non nega la pena di morte), ma soprattutto non garantiscono la sanità, il lavoro, la scuola, ecc.

La Costituzione italiana è il punto d’incontro dei diritti della persona e dei diritti sociali collettivi, della dignità della e della solidarietà. Le socialdemocrazie europee questi diritti li hanno cancellati dagli anni 80. Gianni Cuperlo sul quotidiano “Domani” fa una sintesi del pensiero democratico: “… L’interrogativo è sul carattere universale dei valori a fondamento di una idea di civiltà. Libertà individuali, uguaglianza nei diritti, parità di genere, distinzione tra religione e potere, una giustizia commisurata al diritto; per la nostra cultura la democrazia non è concepibile fuori da questa cornice…”. Tutto vero, sacrosanto, ma dove è finito lo stato sociale? Il D.d.l. concorrenza lo cancella e riscrive al contrario i suoi principi fondanti. Nella Costituzione italiana l’art. 1 dice che la sovranità appartiene al popolo, ma popolo da anni è diventata una brutta parola, sinonimo di populismo. Anche sovranità è diventato sinonimo di sovranismo.

L’art. 3 dice che: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale… è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Chiaro come acqua di sorgente! Invece il D.d.l. “concorrenza” rimuove gli ostacoli collettivi e sociali che limitano il privato e il profitto.

L’ art. 41 sostiene che: “l’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”. Anche questo articolo è stato ribaltato: i vincoli si pongono al pubblico affinché non limitano il mercato.

L’art.42 sostiene che: “La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale”.

Pensate a quale fine ha fatto la possibilità pubblica dell’esproprio a fini di interesse generale. E alla dignità del lavoro e della salute, a quanti sono privi di acqua e sevizi igienici oggi. Pensate ai termini usati nella Costituzione italiana per garantire i diritti e come il D.d.l. li cancelli al fine di tutelare l’interesse privato.

A.D.: Il referendum vittorioso per l’acqua pubblica del 2011 ha conosciuto tentativi di indebolimento che sono iniziati immediatamente in modo concentrico e da più parti. La spinta, che fu subito chiara, verso una conglomerazione forzata delle realtà di gestione è sancita oggi da una norma che va a favorire le maggiori multiutility italiane. Quale è stato e quale potrà essere il ruolo di queste ultime in termini di stravolgimento strutturale del diritto primario alla risorsa idrica?

E.M.: A2A, ACEA, IREN, HERA, sono le 4 multiutility italiane a cui vanno aggiunti i colossi francesi SUEZ e VEOLIA. Esse sono le destinatarie dell’art. 6 del D.d.l. “concorrenza”. Sono i “cavalli di Troia” di un colossale progetto di mercificazione a favore del potere privato. Sono la metafora di una colonizzazione delle regioni del sud. Non hanno limiti di ambizione: dall’acqua all’energia, dai rifiuti agli inceneritori, dal riscaldamento al teleriscaldamento, sino ai trasporti urbani e alle case popolari. Vogliono mettere le mani sulla vita. Hanno la proprietà dell’acqua degli invasi di montagna e puntano a quella del territorio per lo sviluppo delle fonti rinnovabili: sole e vento. Si intrecciano con gli interessi di Enel, Eni, Snam, Terna ecc. L’orizzonte è quello di una grande multiutility nazionale privata. In ballo ci sono 34 società idriche in house, tra le quali quelle di Milano e Provincia, c’è l’Acquedotto Pugliese, il più grande acquedotto europeo che serve anche l’agricoltura. Ci sono gli acquedotti gestiti in economia da 1300 piccoli comuni di montagna, dove in gioco c’è l’acqua buona e quelli del sud; c’è Napoli, l’unico comune che ha ripubblicizzato. In una parola le Multiutility con il D.d.l. chiudono il dibattito su tre grandi questioni che il movimento dell’acqua ha posto dal suo apparire nel 2000 con il Contratto Mondiale dell’acqua e poi dal Forum dell’acqua del 2006:

  • l’acqua è Diritto Umano…l’abbiamo conquistato con il movimento e con i governi latino americani nel 2010 attraverso una risoluzione dell’ONU, di cui non esiste concretizzazione;
  • l’acqua non è oggetto di mercato…27 milioni di cittadini italiani con il referendum l’hanno assodato, ma la quotazione in borsa dell’acqua e il D.d.l. lo ignorano;
  • l’acqua è un bene comune…un concetto ovvio ai più, ma ostacolato dalle istituzioni internazionali, dall’Europa e dagli economisti che lo definiscono un bene economico.

Tre questioni riassuntive della lotta contro la mercificazione della vita.

La mercificazione è purtroppo fatta propria da molta parte della cultura ambientalista e da molti soggetti che lottano per i diritti umani. Dov’è la loro reazione di fronte ad un evento senza precedenti, partorito mentre iniziava la pandemia, come quello di quotare in Borsa l’acqua?

Una decisione sciagurata che trova conferma nelle leggi brasiliane del 2020 varate dal governo Bolsonaro. Con esse si permette al grande capitale di appropriarsi delle riserve naturali d’acqua e del settore igienico-sanitario del Brasile. Una corrispondenza si ha anche nella decisione della Regione Piemonte di mettere a gara le riserve dei bacini idrici montani. C’è un tragico modello liberista sullo sfondo: la Costituzione di Pinochet del 1973, che ha appunto messo sul mercato tutta l’acqua del Cile, fiumi, laghi e falde compresi, oggi nelle mani dell’Italiana ENEL.

A.D.: A margine della recente COP 26 di Glasgow sono emersi dati veramente inquietanti rispetto alla diminuzione dell’acqua immagazzinata sulla superficie della terra e sotto di essa. Per altri versi è stato fatto notare come i cambiamenti climatici e gli eventi metereologici estremi sono strettamente connessi all’elemento idrico. Un combinato disposto micidiale, che non riceve le attenzioni dovute. Quali sono secondo te le principali motivazioni di questa sottovalutazione e scissione rispetto ad altri problemi, peraltro aperti, come l’utilizzo dei combustibili fossili, le emissioni o l’aumento delle temperature?

E.M.: I Rapporti delle Nazioni Unite e dell’IPCC del 2019 sulle riserve di acqua dolce nel mondo suonano come un grido d’allarme che ci dovrebbe coinvolgere tutti: il nostro pianeta sta vivendo una crisi idrica senza precedenti, un essere umano su 4 non ha accesso a fonti d’acqua sicure, più di un terzo della popolazione mondiale vive senza servizi igienici. 850 mila vittime all’anno solo per acqua sporca di cui 400 mila bambini. 3 miliardi di persone non possono lavarsi le mani regolarmente, 700 milioni defecano all’aperto ed è una delle principali situazioni di umiliazione per le donne e causa di aggressioni e violenze ai loro danni. Ben 17 paesi nel mondo rischiano di terminare completamente le proprie risorse idriche, in particolare quelle contenute nelle falde acquifere sotterranee.

A questo ritmo, entro il 2030, si determineranno dai 300 ai 700 milioni di sfollati e rifugiati. Si parla solo di clima, ma il clima è collegato all’acqua e lo conferma l’ultimo rapporto dell’IPCC: il 90% degli effetti del cambiamento climatico si manifesterà attraverso eventi idrici. L’acqua è ignorata da tutti gli appuntamenti dei G8 e G20 che si sono tenuti in Italia sotto la presidenza italiana. Si è parlato di clima, agricoltura e alimentazione, donne e Afghanistan, cultura, ecc.: nessun accenno all’acqua, nessuna pressione dal basso e dai movimenti se non dal Forum dell’acqua. Ignorata nella pre-COP di Milano Climate Change e nel Youth Climate dei giovani e dei movimenti; unica eccezione un convegno da remoto promosso dalle associazioni Laudato Sì, Costituzione beni comuni e Forum dell’acqua, ignorato da tutti i media compresa Radio Popolare.

Ho personalmente e inutilmente sollecitato gli attivisti di Fridays for Future e Extinction Rebellion, constatando una loro attenzione maggiore verso le risposte di professori e tecnologia, piuttosto che verso la conoscenza della storia. La rete Società della Cura ascolta molto poco gli esponenti del Forum dell’acqua. Non c’è verso di far coniugare acqua, clima, salute. Ambientalisti antagonisti, media di sinistra, intellettuali di tutto il mondo brillano per il loro silenzio sull’acqua e la sua mercificazione.

Le grandi associazioni come Legambiente e WWF non hanno mai nascosto la loro non ostilità a processi di privatizzazione dell’acqua e tutti non hanno avuto alcun ruolo alla COP 26. L’unica iniziativa è venuta dall’interno delle istituzioni, da una coalizione di stati (Water and Climate Coalition) presieduta dal Presidente dell’Ungheria e da quello del Tagikistan, preoccupati per i loro grandi fiumi transfrontalieri minacciati dai cambiamenti climatici nonché dagli usi e dagli inquinamenti dei paesi a monte. Le stesse agenzie ONU, come l’Organizzazione Meteorologica Mondiale, hanno detto che l’acqua dolce non può avere un ruolo marginale e non è possibile che clima e acqua vengano trattati separatamente. Alla fine, alla COP 26 l’acqua dolce è restata un punto sospeso nell’aria. Ne parlerà come sempre il Forum mondiale dell’acqua, un organismo privato dominato da Suez, Veolia, Coca-Cola ecc., il cui unico obiettivo è privatizzare tutti i servizi idrici e quotare in borsa l’acqua.

A.D.: Si diceva prima della difficoltà nel rintracciare una risposta al provvedimento del Governo. E’ vero che chi si è attivato dieci anni fa per la riuscita del referendum ha dovuto attraversare molte stagioni deludenti, quelle dei rivolgimenti liberisti e populisti degli ultimi 10 anni. Eppure, nonostante ciò, abbiamo oggi in campo il movimento dei Friday for future, per molti versi inatteso. Così come non si può non ascoltare Riccardo Petrella, il quale ha recentemente detto che così come “gli operai hanno inventato lo sciopero generale e ce l’hanno fatta piuttosto bene”, ora “è tempo per gli abitanti della terra di trovare strumenti adatti”. Quali sono secondo te alcune piste da esplorare per ricominciare una giusta ed efficace battaglia per il diritto all’acqua pubblica? Quali le possibili intersezionalità con altri momenti di lotta (anche se oggi deboli) per riattivare una soggettività critica e plurale?

E.M.: Dobbiamo interrogarci tutti sulla rimozione che si è determinata sull’acqua dopo il referendum e la risoluzione dell’ONU. Dobbiamo interrogarci anche sui limiti del movimento per l’acqua pubblica. Abbiamo vinto e abbiamo cessato di “predicare” la narrazione universalistica dell’acqua, di farne un tema di cultura ed educazione di massa. Il movimento si è chiuso in un sindacalismo e in una lettura tutta legislativa, di ricorsi ai T.A.R., ecc. Tanti bravi attivisti trasformati in cavillosi legulei!

Si è perso tempo in polemiche inutili contro le S.P.A. in house, senza vedere che queste erano il vero obbiettivo dei privatizzatori politici ed economici. Non si è stati in grado di concentrare le forze sulla vergogna delle multiutility, la loro inefficienza, i loro sprechi, gli stipendi dei loro manager, il loro voler vendere altre quote al mercato finanziario e straniero. E non si è cercata alcuna alleanza con i comuni gestori in house per contrastare l’attività predatoria delle multiutility. Aver concepito il tema dei beni comuni come un lungo elenco di beni tutti eguali, catalogandoli e normandoli nella logica dei professori, pensando che bastasse metterli tutti assieme per farne scaturire un movimento è stato un errore. Altro passo falso è stato quello di non saper leggere le priorità nei processi di privatizzazione come nei conflitti, annullando il valore paradigmatico della vicenda dell’acqua. Imprigionare quest’ultima nell’ideologia delle micro-esperienze territoriali liberate e autogovernate non funziona. Il rischio è quello di un “pastone ideologico” in cui l’accostamento di un tema universale come l’acqua ad altri, pur importanti, come il TAV, le lotte in Chiapas o in Rojava, può portare alla confusione. L’approccio con annesse ideologie di cui la premio Nobel Elinor Ostrom è la profetessa mondiale, ha affascinato movimenti e centri sociali. Anche in Italia abbiamo avuto e abbiamo suoi seguaci, ma essi tolgono lo sguardo dai grandi interessi capitalistici: con queste ideologie la sinistra deve fare i conti.

Ha ragione Petrella quando richiama lo sciopero generale inventato dai lavoratori. Lo ribadisco anch’io. Dico da tempo che il movimento operaio ha fatto il mutuo soccorso, le lotte in fabbrica e nelle piazze, le lotte sociali e le lotte per i diritti individuali, ma all’insegna dello slogan “proletari di tutto il mondo unitevi”. Ha inventato la Prima Internazionale e in questa ha riunito tutti i movimenti e le posizioni politiche: socialisti, anarchici, mazziniani e movimenti delle donne. Era il 1852, hanno litigato, ma alla fine hanno posto un grande obbiettivo prioritario: la riduzione dell’orario di lavoro a 8 ore. La Seconda Internazionale inventerà appunto lo sciopero generale mondiale per questo obbiettivo.

Decidete due o tre obbiettivi! L’ho chiesto e richiesto con Il Contratto Mondiale e il Ce.V.I. di Udine a tutti i leader e in tutti gli incontri del Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre, Caracas, Nairobi. Sono stato inascoltato, ma lo chiedo e lo pretendo ancora oggi, quasi senza forza, alla miriade di spezzoni politici della sinistra e dei movimenti che si organizzano in reti: decidete, decidete, rinunciate ad un pezzo della vostra autoreferenzialità, ma decidete su pochissimi obbiettivi e portateli avanti tutti insieme.

Petrella parla di Agorà della Terra? Ferraioli di Costituzione Mondiale? La Rete per la Cura con centinaia di associazioni e molti dirigenti del Forum Sociale Mondiale stende un lungo elenco di obbiettivi?…Tutto rimane come prima. Abbiamo cessato di fare dell’acqua il grande tema della vita e ci siamo persi. Il problema di un nuovo Forum Sociale Mondiale è posto e c’è un ordine di obbiettivi. Sull’acqua le coordinate sono date dalla sua quotazione in Borsa e dal D.d.l. “concorrenza”. Occorre dunque

  • Contrastare li D.d.l. “concorrenza”;
  • fermare la quotazione in Borsa. Sottrarre l’acqua al mercato, svincolare quest’ultima così come la salute ed i vaccini dai principi dell’Organizzazione Mondiale del Commercio.
    Educare ai principi dell’interesse pubblico e universale e alla Costituzione Italiana;
  • rendere concreto il diritto umano all’acqua, deciso dall’ONU nel 2010, a cui si devono
    uniformare governi e istituzioni. Istituire un tribunale;
  • far sì che le direttive europee affermino che l’acqua è un bene comune e non un bene economico;
  • Istituire una organizzazione mondiale dell’acqua (OMA) come si è fatto per la salute (OMS)

L’acqua è vita. Cerchiamo la vita nell’universo e cerchiamo l’acqua, il bene comune in assoluto. In questi giorni le telecomunicazioni stanno per finire nelle mani di un fondo americano a seguito di privatizzazioni. L’acqua non è un tema tra tanti altri da mettere nei programmi delle varie associazioni: è il tema globale che viene prima di tutto, prima della nostra libertà individuale, del nostro lavoro, del nostro cibo, dei nostri piaceri. L’acqua è l’inizio da cui ripartire per cercare una strada smarrita. E’ il bene comune, ma va oltre il bene comune: è la vita del pianeta su cui viviamo. E’ un diritto umano, ma va oltre: è un diritto dei viventi. Privatizzare l’acqua non è solo privatizzazione di un servizio pubblico: come per il vaccino anticovid, è la mercificazione della vita. Siamo di fronte al dito della concorrenza che indica: tu vivi perché paghi, tu muori perché sei povero.

Alberto Deambrogio

Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute

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