Acqua, rispunta la privatizzazione

Alex Zanotelli, Corrado Oddi

Lo scontro Con un emendamento al decreto Ambiente, Forza Italia prova a riaprire le porte alla cessione di quote dei gestori pubblici. La destra tradisce il referendum. E prova a fare lo stesso con il nucleare

La destra e il governo ci riprovano. A più di 10 anni di distanza, l’intenzione di archiviare definitivamente il risultato dei referendum del 2011 sull’acqua pubblica continua a essere in cima ai loro pensieri. L’operazione di «smontaggio» della volontà popolare che si era espressa con chiarezza per ripubblicizzare il servizio idrico e togliere l’acqua dalle logiche di mercato era iniziata, in realtà, sin dall’indomani dell’esito dei referendum e a esso si sono dedicati, sia pure con intensità diversa, tutti i governi in carica, ancora da quello di Berlusconi, passando per quelli di Monti, Letta, Renzi. Gentiloni e Conte.

DA ULTIMO il governo Draghi, con il decreto legislativo di riordino dei servizi pubblici della fine del 2022, aveva messo da parte una delle conquiste più significative derivate dal referendum, e cioè la possibilità di gestire il servizio idrico tramite Aziende speciali, Enti di diritto pubblico, che per loro natura fuoriescono dall’ambito societario e privatistico, e che aveva consentito l’importante esperienza della nascita di Abc Napoli.

IL GOVERNO MELONI intende compiere un ulteriore passo, che diventerebbe un colpo praticamente definitivo all’esito referendario, attaccando direttamente le società a totale capitale pubblico, con l’idea di far entrare in esse i soggetti privati. Lo vuole fare con il decreto legge Ambiente «Disposizioni urgenti per la tutela ambientale del Paese, la razionalizzazione dei procedimenti di valutazione e autorizzazione ambientale, la promozione dell’economia circolare, l’attuazione di interventi in materia di bonifiche, di siti contaminati e dissesto idrogeologico».

NELLA BOZZA iniziale di questo decreto compariva una norma, totalmente estranea all’oggetto del decreto, che prevedeva che i capitali privati potessero entrare fino a un tetto del 20% nelle società a totale capitale pubblico. A fronte della pronta reazione del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, il decreto licenziato dal Consiglio dei ministri non conteneva più questa disposizione, ma essa è stata riproposta ora con un emendamento del senatore Paroli di Forza Italia in sede di Commissione Ambiente, che sta esaminando il decreto. Se quest’emendamento venisse approvato, arriveremmo alla completa privatizzazione del servizio idrico, con un ruolo predominante dei soggetti privati e della loro impostazione mercatista.

NON C’È OVVIAMENTE da stupirsi di questi orientamenti, che appaiono coerenti con la linea di politica economica e sociale di questo governo. Alla cui base ci sono scelte che, celate da finto sovranismo e ammantate di linguaggio populista, mettono invece insieme una nuova stagione di austerità che colpisce i ceti più deboli, con la scommessa che una forte apertura al mercato e ai capitali privati, a partire da quelli internazionali, possa produrre un nuovo rilancio della crescita economica. Il governo, peraltro, dovrebbe essere avvertito che il risultato referendario del 2011 non si è esaurito, che esso ha sedimentato un senso comune tra le persone per cui l’idea dell’acqua come bene comune, essenziale per la vita del pianeta e delle persone, continua a essere patrimonio diffuso. E che quello che ci consegna il cambiamento climatico, l’alternarsi sempre più frequente tra stagioni siccitose e fenomeni alluvionali estremi, mettendo a rischio la stessa disponibilità futura della risorsa idrica, non può che rendere ancora più forte.

LO DICIAMO anche a proposito di quanto annunciato dal ministro Pichetto Fratin per arrivare, con l’inizio dell’anno nuovo, a sdoganare il nucleare «sostenibile», quello che si dovrebbe mettere in campo con i piccoli reattori. Anche qui ci troveremmo di fronte a una palese violazione dell’esito referendario del 2011 su questo tema. Il governo deve sapere che provvedimenti che stravolgono la volontà popolare espressa a suo tempo non passeranno immuni in un corpo sociale, certamente provato dalla protervia dello stesso e dal tentativo di spoliticizzarlo, ma ancora in grado di reagire su questioni di fondo, che riguardano direttamente la vita e il futuro delle persone. Almeno, è quanto ci ripromettiamo di far vivere, con la mobilitazione e gli strumenti che si rendessero necessari.

26/11/2024 https://ilmanifesto.it


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