Aggressioni negli ospedali in una sanità aggredita
Solo nel 2017 sono state ben 1500 le aggressioni al personale sanitario come si evince da quotidianosanita.it. Riportiamo per completezza alcuni passaggi (clicca qui per leggere la fonte)
41 aggressioni al 118, 320 negli ambulatori, 20 nelle case di riposo, 400 nei Reparti di degenza, 37 in assistenza domiciliare, 456 al Pronto Soccorso, 72 negli ambulatori del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura, 62 in Terapia Intensiva, 11 nei penitenziari. Questi i dati diffusi nei giorni scorsi dal presidente dell’Ordine dei Medici di Roma.
Dati significativi soprattutto se pensiamo che una buona parte arriva da Regioni dove le cure sanitarie sono particolarmente deboli o addirittura carenti, dove il diritto alla salute è seriamente ostacolato dalla chiusura di ospedali o dal loro accorpamento, da strutture fatiscenti con poco personale e infinite liste di attesa.
Il ragionamento sulle case di riposo e sui servizi psichiatrici meriterebbe un ragionamento a parte soprattutto alla luce dei tagli operati verso questo tipo di cure, a distanza di 40 anni dalla Legge Basaglia si stanno facendo passi indietro e la tendenza alla ospedalizzazione di queste patologie è sempre piu’ forte. Il fatto poi che sotto accusa siano anche alcuni operatori accusati di avere percosso i pazienti dovrebbe indurre a scelte radicali e a prendere atto che la sindorme di burnout è una malattia contagiosa e da debellare con scelte dirompenti. (clicca qui per leggere)
L’operatore sanità sconta sulla sua pelle le conseguenze dei tagli operati ai servizi di cui è innanzitutto vittima. Le aggressioni scaturiscono spesso dalla ignoranza, dalla impotenza del paziente o dei suoi cari, da comportamenti aggressivi che hanno portato il Ministero ad elaborare alcune linee guida (clicca qui per leggere)
In questi giorni si pensa che la soluzione praticabile sia quella di militarizzare gli ospedali, di assicurarela costante presenza di vigilantes o forze dell’ordine a tutela della sicurezza degli operatori.
Visto che la salute e la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori ci sta a cuore, dissentiamo da questa militarizzazione, la riteniamo improduttiva perchè non si tratta solo di imparare tecniche di autodifesa (anche psicologiche) per disinnescare comportamenti aggressivi e scongiurare il peggio, il ragionamento da cui partire è ben altro: per restituire dignità al servizio sanitario e ai suoi operatori, il servizio deve funzionare. Se agli occhi dei cittadini la sanità pubblica, grazie anche ai social, diventa sinonimo di inefficienza, significa che negli ultimi anni poco si è fatto per trasmettere una idea positiva del servizio erogato, anzi chi gestisce a livello provinciale o regionale i servizi socio sanitari è attento piu’ alle dinamiche dei tagli e del contenimento di spesa che alla erogazione di un servizio degno di questo nome.
Se i tempi di attesa per un visita o al Pronto soccorso non vengono abbattuti, se non la smettiamo di poggiare intere cliniche sull’opera gratuita degli specializzandi, se non rinnoviamo la forza lavoro , se non aumentano gli organici, se non si investe in strutture piu’ moderne (invece di destinare fondi alla sanità privata), le conseguenze sono solo negative.
L’aggressività verso l’operatore socio sanitario fotografa il malessere dei cittadini verso la sanità pubblica che non funziona perchè anni di austerità, e talvolta di malagestione, hanno fatto si’ che il servizio pubblico perdesse credibilità ed efficienza e con essa ne pagassero le conseguenze anche lavoratori e lavoratrici costretti ad operare in continua emergenza.
Aggredire il dipendente pubblico non è solo il risultato delle fake news ma di politiche nefaste che hanno sottratto dignità, fondi e personale a servizi indispensabili. La rabbia dei cittadini andrebbe indirizzata verso gli autori di certe politiche o trasformata in movimenti sociali contro le politiche di austerità. Nel frattempo sarebbe sufficiente trasmettere una immagine reale dei problemi che affliggono la sanità rimettendo al centro dei servizi la forza lavoro, una operazione che necessita non solo di messaggi mediatici ma di assunzioni, stabilizzazioni, investimenti pubblici.
Il personale medico formato in Italia è richiesto da molti paesi del Nord Europa, in Italia ci sono pochi concorsi, poche assunzioni e stipendi spesso bassi perchè i contratti hanno portato ben pochi aumenti . Lo stesso inquadramento professionale è fermo da anni, da troppo tempo si pensa alla sanità solo come un ambito dove contenere le spese e non investire. Sta qui il vero problema da affrontare, le aggressioni al personale aumentano perchè cresce la inefficienza del sistema sanitario e le lavoratrici e i lavoratori sono lasciati da soli ad affrontare problemi sempre piu’ gravi, in trincea a combattere una guerra nella quale non ci saranno vincitori ma solo sconfitti, la sconfitta della sanità pubblica aggredita dagli appetiti speculativi.
Federico Giusti
5/8/2018 www.controlacrisi.org
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