“AHI SERVA ITALIA” (a proposito di “voto utile”)

 

zingapd

I risultati sono definitivi: il partito dello “zotico in camicia verde” è primo rappresentante del nostro disastrato paese in Europa e, rispetto alla precedente consultazione continentale, può, di certo, vantare un grande successo. Il Movimento, del suo sin troppo accondiscendente alleato in Italia, perde consensi nella misura del 3,4 per cento. L’ormai “anziano” di Arcore vede quasi dimezzati i suoi voti e i fascisti possono vantarsi di aver quasi raddoppiato, in termini percentuali, le preferenze del 2014. Zingaretti può tentare di consolarsi – e tirare un sospiro di sollievo – accontentandosi di aver superato, alla sua prima “uscita”, il M5S; anche se, la sua “tenuta” è figlia, ancora una volta, della scellerata teoria del c.d. “voto utile”. Infatti, le due formazioni di sinistra, “la Sinistra” e il “Partito Comunista” non hanno raggiunto, insieme, la soglia dello sbarramento europeo, fissato al 4 per cento. “Europa Verde”, infine, i cui responsabili hanno sempre ritenuto utile precisare che la loro non era “una lista a sinistra del Pd”, ma una formazione “ambientalista, progressista, ecologista e con una forte componente di donne, quindi femminista”, si è fermata quasi al 3 per cento.

Rispetto a questo tipo di risultati – appare incredibile, ma, considerato il soggetto, potrebbe anche accadere – l’unico ad avere titolo per lamentarsi, è l’ex segretario Pd (e, per nostra sventura, anche nostro ex Premier). Potrebbe, infatti, addebitare a Zingaretti di aver dilapidato un enorme capitale: quello strepitoso 40,8 per cento di voti conseguiti dal “suo” Pd nella consultazione europea del 2014!

Il dato relativo all’affluenza, rileva che, rispetto alle precedenti elezioni, si è registrato, in Italia, un calo pari a circa l’1,1 per cento.

Detto questo, anticipo che non è mia intenzione commentare, in questa sede, l’esito di questa tornata elettorale per cercare di comprenderne gli effetti su quella che sarà, nell’immediato futuro, la politica dell’Ue; cedo, volentieri, l’arduo compito a chi, molto meglio di me, saprà renderne conto.

Personalmente, mi preme fare solo alcune considerazioni rispetto a ciò che, a mio parere, questi risultati finiscono con il rappresentare.

Anticipo, prima di tutto, di fare parte di coloro che, stamane, si sono risvegliati sconfitti. Appartengo, infatti, a quel circa 3 per cento di “intramontabili” uomini di sinistra (“la Sinistra” e “Partito Comunista) che, ancora una volta, hanno rifiutato di cedere al sostanziale ricatto del “voto utile”.

Alcuni potrebbero dire che avremmo dovuto considerare un severo monito ciò che si realizzò già nel lontano 2008; ma non abbiamo inteso cedere; spiegherò, poi, perché.

In effetti, fu in quella primavera del 2008, in prossimità delle “politiche”, che, per la prima volta, Walter Veltroni – che, appena nominato (primo) Segretario del Pd, aveva ritenuto opportuno chiarire subito di non essere mai stato comunista – teorizzò che un voto fosse da considerare “utile” solo se dato a una forza politica che avesse avuto realistiche possibilità di vincere la contesa elettorale.

Credo, tutti ricordino l’effetto prodotto da quello sciagurato appello veltroniano: formazioni politiche che, appena due anni prima, avevano conseguito il 10,2 per cento alla Camera (pari a ben 93 seggi) e l’11,6 al Senato (corrispondente a 46 seggi), improvvisamente, sparirono dal panorama politico italiano e, contemporaneamente, si realizzò il successo di Berlusconi e dei suoi degni compari!

Oggi, il primato è della Lega e, come già avvenuto – complice lo sbarramento europeo del 4 per cento – il primo, determinante, effetto dell’invito al voto utile, è l’assenza della vera sinistra italiana dal panorama politico europeo. Ancora una volta, grazie al Pd!

Che senso ha tutto ciò?

Ho già detto di essermi svegliato con la sensazione dello sconfitto e lo confermo; ma aggiungo che, per come si sono svolti i fatti, sono, soprattutto, amareggiato.

Parto dall’assunto che, chi ha sempre avuto una certa considerazione della democrazia e del ruolo che ciascuno di noi può svolgere – per concorrere a tutelarla e preservarla – non può non ritenere il voto comunque utile. Utile a difendere i propri principi, a sostenere ed affermare le proprie idee e valori; largamente condiviso o minoritario ma mai, assolutamente mai e poi mai, inutile!

Produce, quindi, tanta amarezza, assistere a un generalizzato invito a sostenere un’unica formazione politica, ricorrendo – attraverso lo spauracchio di un imminente ed irreversibile pericolo – ad un vero e proprio ricatto morale: “Un voto utile, a favore del Pd, per battere la Lega, il sovranismo e il fascismo in Europa”!

Soprattutto quando è sotto gli occhi di tutto che, se è  vero che la sinistra ha, fino ad oggi, pagato, a caro prezzo, la incapacità di rinnovarsi, senza, naturalmente, negare i suoi “principi di fondo” – ma abbandonando definitivamente l’utopia di modelli (direi irrealizzabili) già condannati dalla storia – per continuare ad avere, quali specifici obiettivi, i bisogni, le esigenze e i diritti civili delle persone, la dignità dei lavoratori e dei pensionati, nonché il contrasto alle crescenti diseguaglianze, è altrettanto (e tragicamente) vero che, cercare di ritrovare, all’interno del Pd – quello di Zingaretti, al pari di quello di Renzi –  il seme di questa visione “di sinistra è, ormai, fatica sprecata.

Tra l’altro, credo mi sia anche consentito di essere sufficientemente “incazzato”.

Lo sono, in particolare, nei confronti di tutti quei compagni – soprattutto dirigenti sindacali (ex Pci, ex Pds, ex Ds e poi Pd, con i quali ho condiviso oltre trent’anni di   esperienza in Cgil) – insieme ai quali, nel corso degli ultimi anni, a partire dal primo esecutivo guidato da Berlusconi e fino a Renzi, ho assistito alla sistematica demolizione del Diritto del lavoro, in Italia.

Si è trattato di una lunga sequenza di provvedimenti legislativi che avevano un unico obiettivo: colpire i diritti e le tutele che i lavoratori avevano conquistato attraverso lunghe lotte sindacali che avevano segnato, in particolare, quello che viene definito “il secolo breve”.

Lo stesso Pd, guidato da Bersani e, successivamente, da Renzi, ha, in questo senso, pesantissime responsabilità.

È sufficiente limitarsi a indicare la famigerata legge “Fornero”, prodotta dal governo Monti e votata dall’intero Pd, la contro/riforma dei contratti a termine (Ministro del Lavoro, Poletti,) nonché la sciagurata opera prodotta grazie alle norme relative al famigerato Jobs/act: la sostituzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato con quella fregatura rappresentata dal “contratto a tutele crescenti”, la completa facoltà, concessa ai datori di lavoro, di procedere al demansionamento e “dulcis in fundo” la sostanziale cancellazione delle tutele previste dall’art. 18 dello Statuto, contro i licenziamenti “senza giusta causa”!

Ebbene, confesso che rappresenta, per me, motivo di grande amarezza (e, appunto, incazzatura) prendere atto che tanti “compagni” (del genere “ex duri e puri”) – che, come già in altra epoca, continuano a ritenersi ancora fieri paladini e numi tutelari dei diritti dei lavoratori – oggi possano, non so come e con quale coerenza, pretendere di poter, tranquillamente, militare e sostenere lo stesso Pd.

Invitando altri, inoltre – attraverso il “voto utile” – a seguire il loro esempio!

Escludendo la categoria del masochismo, che non credo appartenga alle possibili opzioni politiche, resta da comprendere il senso e le motivazioni di scelte di questo tipo; soprattutto, in termini di coerenza.

Naturalmente, eviterò le sin troppo facili esemplificazioni che potrebbero indurre qualcuno a ricredersi circa la possibilità di poter coniugare un vero e sincero spirito “di sinistra” con la particolarità delle scelte operate dal Pd nel corso della gestione Renzi. Mi limito a rilevare, a favore di quanti – ex duri e puri – riconfermano, nonostante tutto, il loro sostegno al “nuovo” Pd di Zingaretti, che già le prime “uscite” del nuovo segretario corrono il rischio di alimentare le perplessità.

Almeno quelle da parte di coloro che, indifferenti al fascino e alla retorica della “Ditta”, valutano “da sinistra” dichiarazioni che, in sintesi, plaudono alla Tav, escludono un qualche ripensamento sull’art. 18, nulla dicono sulla “Fornero” e, quindi, oggettivamente, non offrono molte speranze per il futuro.

Per concludere, ancora sulla teorizzazione del voto utile.

C’è stato un lungo tempo, nella storia di questo nostro travagliato paese, in cui le condizioni internazionali, i rapporti di forza tra le maggiori potenze mondiali e i rapporti interni, tra i partiti nazionali, producevano la sostanziale esclusione del Pci dalle possibili forze di governo; eppure sarebbe assurdo (oltre che semplicemente, stupido) sostenere che il voto all’allora Pci fosse non “utile”!

C’è qualche “duro e puro”, ex Pci, ex Pds ed ex Ds, disposto ad ammettere che, all’epoca, il suo voto fosse, sostanzialmente, privo di qualsiasi utilità?

Renato Fioretti

Esperto Diritti del lavoro

Collaboratore redazione del periodico cartaceo Lavoro e Salute www.lavoroesalute.org

27/5/2019

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *