Ai vostri eroi non è andato bene niente! Dalla Lombardia al Piemonte pensiamo al dopo, in tempo

La pandemia del coronavirus ha fatto emergere tutte le problematiche inerenti la distruzione della Sanità pubblica avvenuta in questi anni ad opera sia della Destra che del CentroSinistra(vedi regionalizzazione e definanziamenti). In Lombardia la cosiddetta eccellenza sanitaria in questi anni da Formigoni a Fontana ha ulteriormente colpito la sanità pubblica e con l’ultima legge regionale sui malati cronici ha accentrata sugli Ospedali e sui privati la cura dei pz, depotenziando i medici di base del loro ruolo. La Lega ha detto anche che i medici di famiglia non servono più.

La medicina territoriale è stata azzerata del suo ruolo di prevenzione e sorveglianza sanitaria che in questo periodo ha dimostrato la propria scarsa efficacia..
Dal ritmo episodio di contagio avvenuto al Ps di Alzano alla mancata istituzione della zona rossa x colpa di Confindustria, Regione e Governo Conte, Bergamo con il proprio Ospedale, il Papa Giovanni 23 °, è stato l’epicentro del disastro. È di questi giorni l’articolo apparso sul NEW ENGLAND JOURNAL OF MEDICINE a firma del direttore dell’Ist. M. Negri di Bg e altri 2 primari dell’Asst-pg23 in cui si denunciano i fatti sopra citati insieme alla mancata sorveglianza sanitaria (tamponi) al personale, mancanza di DPI ai medici di base e a un mancato piano antipandemia. Il Papa Giovanni è stato investito in pieno, con la Terapia intensiva al collasso, il 90%dei reparti trasformati in settori di cura x pz covid+.

Nelle prime 2 settimane c’era stato proibito di indossare le mascherine perché avremmo turbato i pz, così ci veniva detto, intanto i ricoveri proseguivano e il contagio aumentava. Dopo numerosi casi di contagio del personale ci sono state segnalazioni di disservizi da parte dei medici, infermieri e tecnici di radiologia, tutti minimizzati dalla Direzione generale che anzi rispondeva che tutto andava bene. Intanto il personale continuava a fare turni sovraumani, ferie sospese, personale part-time costretto a diventare full-time con un forte aumento delle ore, senza nessuna sorveglianza sanitaria, nel primo periodo il tampone non poteva essere fatto a tutti, né avevano pochi(così rispondeva il Servizio Sanitario

Aziendale) Nei restanti reparti non covid venivano segnalati pz positivi riscontrati successivamente al ricovero, oppure tamponi negativi e rx torace con polmonite, così nei reparti il contagio aumentava sia tra il personale sia tra gli altri pz, il tutto venne segnalato al Dip. Prevenzione e protezione. Dopo numerose segnalazioni del personale e iniziative sindacali, finalmente si sono fatti i tamponi (anche solo con febbre =>di 37.5).in questi giorni stanno facendo i test sierologici.

La beffa del Governo di dare poi 100 euro al personale come ricompensa x il lavoro svolto si somma al mancato riconoscimento economico della regione Lombardia che in TV è sui giornali sbandiera compensi economici, poi dice che aspetta però l’autorizzazione del Governo. Ad oggi nessuna indennità è stata data al personale sanitario cosa che invece è avvenuta in altre regioni. L’ipocrisia della Regione Lombardia (che afferma di non aver sbagliato nulla) verso quelli che sono stati definiti Eroi e in molti casi Untori è veramente sorprendente.

Il fatto che non sia andata tutto bene lo dimostrano le vicende dei pz messi nelle Rsa e in ultimo i test sierologici che la regione li ha anche affidati ai privati (quindi a pagamento) e ai medici di base che segnalano all’ATS i cittadini da sottoporre a test dicono di non inviare più segnalazioni perché non verranno eseguiti.

La risposta a tutto questo sta nella riqualificazione della Sanità pubblica e della medicina territoriale, eliminare la regionalizzazione, investire nella prevenzione, attuare piani anti pandemia, costituire Case della Salute sul territorio con Medici e infermieri, assunzione di nuovo personale con adeguati aumenti economici a livello europeo.
NON SIAMO EROI, FACCIAMO IL NOSTRO LAVORO.

Giuseppe Saragnese

Infermiere
ASST-Ospedale Papa Giovanni XXIII Bergamo


il caso Piemonte

PENSIAMO AL DOPO, IN TEMPO

I gravi problemi, emersi durante quest’emergenza epidemica, hanno creato gravi dubbi , anche in chi ha atteso con fiducia, sulle reali competenze e capacità di questa giunta piemontese.
A conferma di questa nuova percezione arriva l’inchiesta/sondaggio promosso da Anaao Assomed e Nursind Piemonte. Secondo i due sindacati, i lavoratori sono stati lasciati soli e privi di protezione ad affrontare l’emergenza epidemiologica.

Il 56% di medici e infermieri piemontesi ha fatto il tampone perché privo delle protezioni adeguate. Il 77% ha atteso il risultato continuando a lavorare. Nell’89% dei casi non è stato fatto il tampone ai famigliari dei positivi e il 39% dei casi ha dovuto dormire in stanze o case lontane dai propri cari. Questi i risultati di un sondaggio, raccolti dal 27 aprile all’8 maggio con l’obiettivo di fotografare le difficoltà vissute nei primi mesi dell’emergenza Covid. Sondaggio al quale hanno risposto 1.930 operatori sanitari.

I numeri confermano quanto ripetutamente denunciato da Anaao Assomed in queste settimane, sostenendo che i lavoratori della sanità sono stati lasciati soli e privi di protezione ad affrontare l’emergenza epidemiologica più grave degli ultimi decenni: la carenza di DPI, il ritardo nell’esecuzione dei tamponi, l’abolizione della quarantena preventiva. Tutti elementi che hanno trasformato gli ospedali da luoghi di cura in luoghi di contagio.

I dispositivi di protezione individuale sono insufficienti per il 67%. La scarsa informazione sul loro utilizzo, seppur fortemente raccomandata dall’Iss, è adeguata solo nel 50% dei casi. Le difficoltà in molti ospedali nel distinguere i percorsi puliti e sporchi, non ben differenziati, sono confermate nel 58.7% dei casi.
Questo stato di cose in parco di strutture ospedaliere costruite senza percorsi distinti definiti per soggetti potenzialmente contagianti. Non dimenticando che nostro sistema sanitario, in particolare i DEA, in genere collassa nella “normale “ routine stagionale come si poteva pensare che avrebbe retto all’impatto?
Questo in una Regione che ha visto scendere, tra il 2010 e il 2017, il personale sanitario di quasi 4.000 e i letti di 6.000 posti gli ospedali da 44 a 36.

A prescindere dal Covid, non c’è analogia di trattamento tra i vari territori , non c’è capacità di contenimento dei tempi di attesa, non c’è personale a sufficienza, non c’è adeguata formazione, non c’è programmazione per i ricambi generazionali, i nostri ospedali sono obsoleti, le strutture di medicina primaria e di prossimità sono fatiscenti, la ricerca medica e la industria sanitaria sono sconfortanti, il sistema non avrebbe retto anche verso un decimo di quanto sta accadendo.
Un altro aspetto ancora non sufficientemente esaminato è quello della sicurezza sul lavoro. Un secolo di progressi non ha fatto seguire adeguate protezione e sicurezza nei confronti del personale. Questo ha condizionato negativamente la protezione passiva degli operatori (percorsi adeguati, locali spogliatoi, DPI…) e l’ abilità degli stessi a proteggersi per la scarsa formazione avvenuta, la scarsa applicazione dei protocolli, e la scarsa dotazione di dispositivi.

In questo inizio della Fase 2 La Giunta regionale non ha ancora messo in opera un piano adeguato che non limiti l’impiego del test sierologico e del test RNA diagnostico. Questo deve essere eseguibile e deve essere seguito con stretta periodicità soprattutto a favore di lavoratori o altre realtà “chiuse” per individuare o contribuire a individuare precocemente la circolazione del virus e i positivi asintomatici .
Intanto aspettiamo ancora le risposte alle domande sui sospetti, ormai non solo nostri, sullecriticità di questi tre mesi:
chi o casa ha impedito la estensione dei test campione?

  • perché la esecuzione dell’esame dei tamponi è stata limitata a pochi laboratori?
  • perché ancora sussiste la indicazione di testare con tampone (RNA virale) solo i sintomatici?
  • perché non vi sono squadre territoriali che possano eseguire diffusamente i tamponi?
  • perché non esiste un piano coordinato e diffuso per esaminare i lavoratori qualora rientrino in attività?
  • perché non esiste un piano e una azione per eseguire tamponi in tutte le residenze e gli ospedali pubblici e privati che lo richiedono sui ricoverati e sul personale?
  • perchè non è stato programmato un sistema di test sierologici e tamponi sugli studenti nel caso dovessero rientrare a scuola?
  • perché i DEA non eseguono i tamponi ai contatti dei malati, a meno che non siano sintomatici, esponendo anche i familiari e il contesto sociale?

A conferma di quanto affermato, nell’economia di queste domande, arriva anche l’Ordine dei Medici del Piemonte che esprime in una lettera aperta forti preoccupazioni, anche sulla grave carenza del personale nel Sistema Sanitario piemontese.

Alla cortese attenzione del Presidente della Regione Piemonte – Dott. Cirio e dell’Assessore alla Sanità – Dott. Icardi.

Con la presente la federazione Regionale degli Ordini dei Medici del Piemonte Vi scrive al fine di porre l’attenzione sul tema della grave carenza di medici specialisti e di medicina generale della Regione Piemonte. Durante questo difficile periodo è emerso appieno lo spirito di collaborazione e sacrificio di tutto il personale del sistema sanitario piemontese, che ha offerto un’encomiabile prova di fronte all’emergenza Covid, con spirito di abnegazione e tenacia. Nonostante sia ricorrente l’appellativo di “eroi” per i medici che hanno sostenuto il servizio sanitario nazionale in questo difficile periodo, è stato inevitabile constatare le gravi carenze di organico di medici specialisti e del territorio di cui soffre
la Regione Piemonte. (….)

Questa epidemia è stata affrontata all’inizio con le strutture sanitarie e assistenziali di prossimità debilitate da anni di tagli ai servizi territoriali e disinteresse organizzativo su quelle poche

rimaste. Le stesse USCA, Unità Speciali nate per visitare i malati positivi o sospetti, non hanno ricevuto da subito adeguate tute protettive, non potendo quindi avere contatto diretto con i pazienti, né richiedere i farmaci specifici. Questo è quanto è stato messo a conoscenza dell’opinione pubblica dalla lettera aperta dei medici di famiglia del Distretto Valsusa e Valsangone indirizzata ai sindaci e ai direttori dell’Asl TO3, ma non risulta un caso isolato nel resto della Regione. E grazie alla dedizione dei medici che ne fanno parte che è stato possibile garantire un’assistenza anche se a regime ridotto.

Ci chiediamo se avrebbe potuto esservi un’altra situazione meno peggiore, l’unica risposta possibile, e obbiettiva senza possibilità di smentita), è no, anche perchè questi soggetti al governo della Regione poche settimane prima dell’inizio dell’evento pandemico ragionavamo (e continuano a ragionare?) con queste intenzioni predatorie sul sistema sanitario pubblico:
“La situazione è drammatica e ci vede già con un piede nel prossimo piano di rientro….. Ogni Azienda sarà chiamata a mettere in campo misure per stare dentro il budget assegnato.”

L’assessore Icardi sa bene che il Piemonte con la Giunta Chiamparino e l’assenso del centrodestra, ora al governo regionale, la Sanità è già rientrata dai deficit pregressi attraverso la riduzione dei servizi, la chiusura di ospedali riducendo le risorse per la prevenzione, i servizi territoriali, l’assistenza ai soggetti deboli.
Oltre ai problemi legati alle liste di attesa, oggi abbiamo un’emergenza per la carenza dei medici e infermieri negli ospedali. Si stima che sono andati in pensione nel 2019 480 medici e fino al 2025 un totale di 2004 medici, creando, in particolare, carenze maggiori in medicina emergenza ed urgenza, e di oltre 1260 infermieri.
Con il pensionamento di molti medici di base tantissimi pazienti rischiano di restare scoperti. Il piano Sanitario Regionale della passata maggioranza, confermato da quella attuale, prevede progetti di edilizia ospedaliera a Verbania, Moncalieri, Veruno, Cuneo e in particolare a Torino e a Novara attraverso la formula del partenariato pubblico e privato che prevede interessi altissimi.
A Novara è prevista la costruzione di un nuovo ospedale con partecipazione finanziaria privata del 70%. La scelta di un finanziamento attraverso il cosiddetto partenariato pubblico-privato, oltre a un grosso impegno finanziario a carico della Sanità del Piemonte, individuerà un soggetto privato che per 26 anni sarà “proprietario dell’Ospedale”.

Questo stato di cose a fronte di un passato, propedeutico a questo presente, che ci racconta:

Nel 2005, al momento del passaggio di consegne tra Ghigo e Bresso, erano 3.497 (uno ogni 1.095 abitanti). Cinque anni dopo, all’arrivo di Cota, erano già scesi a 3.335 e, di lì a poco, un anno prima dell’elezione di Chiamparino, si erano assottigliati a 3.178. Il saldo: 583 medici di famiglia in meno dal 2000 al 2017 (i dati ufficiali del servizio sanitario si fermano a quell’anno).
Dal 2000 sono stati chiusi 8 ospedali, un taglio del 18 per cento. E solo dal 2010 ha perso 3.842 dipendenti (-6,7%), di cui 426 medici (-4,8%) e 595 infermieri (-2,69%).

Come è stato sottolineato da più voci, tutte le più errate scelte della Giunta Lombarda sono state riprodotte in Piemonte: anche la costruzione la struttura sanitaria alle Officine Grandi Riparazioni, pur non avendo neanche lontanamente i contorni truffaldini di quello della Fiera di Rho, è stata una scelta colpevolmente tardiva, che ha causato intasamenti pesantissimi negli ospedali, diventati focolai di contagio per malati e operatori, dopo la strage avvenuta nelle RSA piemontesi – sulla quale pende l’esposto di Rifondazione Comunista del Piemonte alla Procura della Repubblica di Torino per accertare omissioni e responsabilità che sono alla base del disastro Rsa in Piemonte – ma comunque una struttura funzionante e mirata al bisogno contingente: 90 posti letto per contagi di bassa/media intensità e due posti letto di terapia intensiva per l’emergenza in loco. Una struttura, quindi, che ha una funzione d’intervento specialistico di alta qualità per merito del personale medico e infermieristico dell’ospedale delle malattie infettive, Amedeo di Savoia, in sinergia con l’elevatissima competenza dei medici e infermieri cubani della Brigata Henry Reeve”.

Questa Giunta, incosciente delle proprie incapacità di governo sanitario e sociale e sulle conseguenti gravi responsabilità, trova anche il tempo per coprirsi di ridicolo c chiedendo, ovviamente come la Giunta gemella della Lombardia, un risarcimento danni di 20 miliardi di euro alla Cina per “procurata pandemia”, compiendo, entrambe, un’operazione di depistaggio che mira a sfuggire dalle proprie tragiche responsabilità.

Oggi, dopo tre mesi di incuria istituzionale, il Piemonte resta in allerta contagi, con un numero di contagiati e morti inferiore solo all’inquietante “gemella covi” lombarda nella quale è grande la sensibilità storica, unità oggi a quella indotta dal dramma pandemia, per il commissariamento dell’istituzione regionale.

Mentre in Piemonte questa sensibilità stenta a crescere ma urge pensare al dopo, in tempo, e sarà possibile se centinaia di migliaia di piemontesi s’indigneranno in queste settimane contro l’incapacità di questi signori, ma senza cadere nella trappola delle solite logiche ideologiche a affaristiche bipartisan che hanno prodotto questo sfregio delle istituzioni democratiche che produce morte e miseria. A conferma, nonostante la pandemia in atto abbia evidenziato definitivamente la tragicità delle scelte politiche di privatizzazione proseguono i progetti di svendita del diritto alla salute per tutti con il partenariato Pubblico-Privato e Finanza di Progetto (Project financing).

Redazione Lavoro e Salute

Articoli pubblicati sul numero di maggio del mensile cartaceo Lavoro e Salute www.lavoroesalute.org

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