Alla Safim sciopero contro licenziamenti e denunce
Una altra giornata di sciopero alla SAFIM di None, in provincia di Torino. I facchini dell’impianto di logistica del freddo, che rifornisce tra gli altri Dimar e Mercatò, hanno deciso di scioperare contro il licenziamento di 4 lavoratori e la denuncia di altri 30.
Dei facchini SAFIM avevamo già parlato negli ultimi due anni perché la loro è una storia emblematica delle lotte nel comparto della logistica. Lavoratori prevalentemente immigrati, assunti sotto cooperativa, la Stella, costretti a orari di 12/14 ore senza straordinari pagati, senza diritti, con salari bassissimi e sotto il costante ricatto del mancato rinnovo del permesso di soggiorno. Dopo 5 anni di sacrifici ed umiliazioni, i facchini hanno deciso di organizzarsi per difendere i loro diritti, così nel 2014 cominciano la loro lotta col sindacato SiCobas. Subito cominciano i comportamenti anti-sindacali della cooperativa Stella, spalleggiata dal committente SAFIM, che arriva a far firmare lettere di disdetta al sindacato, presentandole come “lettere di assunzione”. I due anni seguenti sono segnati da scioperi, blocchi delle merci, picchetti in cui i lavoratori trovano anche il sostegno di tanti solidali ed in particolare dei lavoratori provenienti dal CAAT, i mercati generali dove nello stesso momento si stanno portando avanti lotte con rivendicazioni simili. Ma anche anni in cui comincia a diventare abituale la presenza di carabinieri, polizia, celerini e digos che si presenta in massa a tutelare il “diritto” della SAFIM di continuare a sfruttare i lavoratori come schiavi.
Perché è proprio l’ipersfruttamento dei facchini che ha reso possibile una crescita vertiginosa della SAFIM, passata da 20 ad oltre 200 lavoratori impiegati nel centro di None e che ha aperto diversi ipermercati Mercatò tra Torino e cintura. Ma la crescita del numero dei lavoratori ha creato una miscela esplosiva che, grazie al lavoro dei delegati del SiCobas, ha posto le basi per miglioramenti consistenti con l’applicazione del contratto del logistica a tutti i lavoratori della cooperativa. Miglioramenti tanto rilevanti da convincere la casa madre SAFIM che ormai non era più conveniente mantenere l’appalto alla cooperativa. Così a fine 2015 l’azienda propone ai lavoratori l’assunzione diretta. Ma dietro questa proposta c’è una trappola: in cambio l’azienda pretende che i lavoratori firmino un tombale, cioè rinuncino, in cambio di poche briciole, a tutto quanto gli era dovuto per gli anni trascorsi a lavorare con salari sotto i minimi del ccnl e con straordinari forfettizzati a 1 euro l’ora. I lavoratori vengono così assunti direttamente dai Crivello, titolari della SAFIM, ma la trattativa tra sindacato e azienda per la cifra del tombale (cioè quanto dovranno pagare per “condonare” gli abusi salariali degli anni passati) va avanti senza che si trovi l’accordo. Stanchi di questo comportamento 4 delegati decidono di denunciare l‘azienda all’Ispettorato del Lavoroaccusandola di comportamento antisindacale, lavoro nero, turni di quattordici ore senza riposo settimanale, razzismo. Per tutta risposta la SAFIM li licenzia in tronco perché sarebbe venuto meno “il legame di fiducia tra azienda e lavoratori”. Ma il vulnus vero ce l’ha spiegato, forse involontariamente, il legale dell’azienda in un’intervista alla tv durante lo sciopero di ieri mattina: “l’errore iniziale dei lavoratori è stato quello di affidarsi ad un sindacato non riconosciuto dall’azienda”. Quasi che il sindacato debba essere riconosciuto dai padroni e non dai lavoratori!
Vista la gravità della situazione, il sindacato lancia per sabato 25 febbraio un’assemblea cittadina in cui chiede sostegno per questa lotta e propone la costituzione di una rete solidale di lotta contro i licenziamenti politici. L’assemblea vede la partecipazione di tantissimi lavoratori di altre aziende, sindacati di base, comitati, collettivi, centri sociali. E forse proprio il successo di questa assemblea e la paura di una possibile saldatura tra diverse lotte inducono la Questura di Torino ad un ulteriore salto repressivo: è così che spuntano 30 denunce per i lavoratori che un anno fa avevano partecipato ad uno sciopero fuori dalla SAFIM. Denunce ad orologeria, per altro nemmeno ben studiate visto che alcuni dei denunciati non si trovavano neanche in Italia all’epoca dei fatti. Ma questo, unito al fatto che gli accusatori sono i ben noti Padalino e Rinaudo, già accaniti persecutori di tanti movimenti sociali – dai NOTAV agli studenti, ci fa capire la natura politica di questo attacco. Si vuole evitare che possa nascere una rete solidale tra diverse realtà di lotta e si vogliono intimidire i lavoratori arrivando a denunciarli per uno sciopero e licenziarli per una denuncia all’Ispettorato. Perché il vero obiettivo dei Crivello è quello di far fuori il sindacato dal magazzino, di tornare ai bei tempi andati quando c’era solo un sindacato di comodo che tutela più l’azienda che i lavoratori.
Per rispondere a questo attacco i facchini organizzano uno sciopero per la mattinata di venerdì 17. Nonostante l’enorme paura che aleggia nel magazzino dopo i licenziamenti e le denunce, molti lavoratori decidono comunque di scioperare. Già dalle 3 di notte una ventina di lavoratori si trova davanti ai cancelli per sorprendere l’azienda anticipando l’arrivo delle forze dell’ordine. L’idea in effetti funziona e i facchini bloccano tutti i tir dalle 3 fino alle 9. Al mattino, dopo l’arrivo di diversi blindati con celerini in assetto anti-sommossa, i lavoratori decidono di proseguire il presidio davanti ai cancelli rallentando i mezzi in uscita. Verso le 12 giungono a None altri solidali e il blocco totale riprende fino alle 16, quando i facchini decidono nuovamente di ritirarsi in presidio aspettando l’arrivo in serata di lavoratori da altre aziende. Verso le 19 un nuovo tentativo di blocco dei mezzi fa scoppiare il caos con la polizia che cerca il pretesto per caricare il presidio e identificare alcuni lavoratori e solidali. Il presidio però si ricompone e prosegue fino a mezzanotte tra le chiacchiere per organizzare le prossime azioni di lotta contro la SAFIM.
Perché una cosa è certa: la lotta non finirà fino a quanto i 4 lavoratori licenziati, Mahmud, Said, Mohamed, Amid, non verranno reintegrati e le 30 denunce tutte ritirate. Non possiamo accettare che dei lavoratori vengano licenziati per aver denunciato delle irregolarità nella loro azienda. Non possiamo accettare che venga criminalizzato chi ha deciso di alzare la testa e lottare insieme ai propri compagni di lavoro per strappare condizioni di lavoro dignitoso.
SE TOCCANO UNO TOCCANO TUTTI!
17/3/2017 http://clashcityworkers.org
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