ALL’ARMI. ……….. SON FASCISTI

di Renato Fioretti

Un vecchio articolo (1) di Davide Conti, risalente al marzo scorso, aveva come incipit l’ormai famigerata dichiarazione attraverso la quale, nella notte del 25 settembre 2022, Giorgia Meloni festeggiava il successo elettorale del centrodestra dedicando la vittoria di Fdi “a tutte le persone che non ci sono più e che meritavano di vedere questa nottata”.
Naturalmente, furono tanti coloro i quali s’interrogarono cercando di capire chi fossero quei soggetti tanto meritevoli cui si riferiva quella che sarebbe poi divenuta la prima donna (“dichiaratamente postfascista”, secondo il parere di Davide Conti) alla guida del governo.
Da quella notte, scriveva ancora Conti “come un continuo e incontrollabile riflesso antropologico” si sono succeduti una serie di fatti.

Dall’attacco all’antifascismo, nel discorso d’insediamento della Premier (“furbescamente declinato”, secondo Conti “riferendosi agli opposti estremismi, piuttosto che come radice fondativa della Repubblica”), agli “onori al Msi”, nella ricorrenza della sua fondazione, da parte della figlia di Rauti e, sempre secondo Conti, all’attacco anti/antifascista del ministro Valditara alla preside del liceo Leonardo da Vinci che denunciava l’aggressione squadrista dei militanti giovanili di Fdi ad alcuni studenti.
L’autore concludeva il suo interessante articolo ponendosi una serie di domande e, contemporaneamente, indicando quello che, a suo parere, sarebbe stato l’obiettivo della nuova destra.

Relativamente alle domande, Davide Conte si chiedeva, in estrema sintesi, quale sarebbe stata, ad esempio, la “postura” dell’Esecutivo Meloni il successivo 8 settembre di fronte all’80° anniversario di quell’armistizio che i fascisti avevano sempre indicato quale “tradimento” e “disonore” della patria.
Parimenti, si chiedeva cosa succederà nel giugno 2024 quando ricorreranno i 100 anni dell’omicidio di Giacomo Matteotti e, ancora, il 25 aprile 2025, con l’80° della Liberazione.
Contemporaneamente alle domande, è interessante rilevare che Conti pareva presagire quella che, in sostanza, è la situazione di fronte alla quale siamo oggi, a distanza di quasi 12 mesi.
Queste ricorrenze giungeranno” – anticipava l’autorevole blogger – “quando ci troveremo nel pieno della discussione su due mutamenti di sistema: la Repubblica presidenziale e l’autonomia differenziata”.

Personalmente, non mi attarderò nel richiamare alla memoria del lettore quale sia stata la “postura” (per richiamare il termine caro a Conti) assunta dalla Meloni e, in particolare, dal Presidente del Senato, Ignazio La Russa, in occasione dell’8 settembre 2023 e, soprattutto, dello scorso 25 aprile. Le cronache giornalistiche, pur con tutte le cautele ed (ingiustificato, a mio parere) eccesso di zelo – nei confronti della Premier e della seconda carica dello Stato – non hanno potuto fare a meno di rilevare la loro ritrosia nel ricorrere a termini quali, ad esempio, antifascismo!
Così come ritengo inutile approfondire più del dovuto alcune dichiarazioni dei massimi rappresentanti di Fdi che, secondo il parere di alcuni “osservatori”, dovrebbero concorrere a dimostrare l’errore di quanti (io tra questi) continuano a riferirsi a Giorgia Meloni e i suoi sodali in termini di neofascisti e/o postfascisti.

Secondo costoro – che, tra l’altro, sostengono di svolgere un’apprezzabile funzione di pura informazione – dichiarazioni quali:

  • La destra politica non vuole essere figlia del fascismo” (Tesi congressuali di Fiuggi, del 27 gennaio 1995).
  • Ho un rapporto sereno con il fascismo. Lo considero un passaggio della nostra storia nazionale”. E ancora: “Storicamente (il fascismo) ha anche prodotto molto, ma questo non lo salva. La libertà e i diritti civili valgono di più della bonifica (sic!) delle paludi pontine” (Intervista a Giorgia Meloni, del 7 dicembre 2006).
  • Noi rifiutiamo ogni forma di violenza, oppressione e intolleranza” (Giorgia Meloni agli attivisti di Azione giovani, il 17 settembre 2008).
  • Io sono di destra. Sono nata nel 1977, non sono mai stata fascista” (Giorgia Meloni, nel 2016 a Lucia Annunziata).
  • Nel nostro Dna c’è il rifiuto per ogni regime, passato, presente e futuro” (Giorgia Meloni, qualche anno fa, rispondendo alla domanda di un giornalista), rappresenterebbero una più che soddisfacente garanzia di democraticità e fedeltà alla Costituzione repubblicana.

In questo senso, secondo il parere dei suddetti osservatori, si dovrebbe, quindi, mantenere il confronto politico con la Meloni e Fdi come con una qualsiasi forza di destra; “conservatrice”, si, ma senza più alcuna “nostalgia” dello sciagurato ventennio fascista.
Un invito, in sostanza, a vigilare, ma senza incubi, cui – francamente – non ho mai inteso aderire.
Al riguardo, sono sempre stato del parere (e me ne convinco sempre più) che, pur nella consapevolezza della quasi impossibilità di un ritorno al fascismo “classico” nelle sue forme più becere – alludo, evidentemente, allo squadrismo dilagante, all’eccesso di corporativismo, alla ridicola autarchia e al razzismo di Stato – il nostro Paese corra il concreto rischio di ritrovarsi con una democrazia “formale” che, sulle orme di quella che oggi è la realtà presente in alcuni Paesi dell’ex Patto di Varsavia, in particolare Ungheria e Polonia, riproduca un clima oscurantista!

Per questo motivo, nonostante la Premier, attraverso le sue dichiarazioni (punti da 2 a 5), tenti di accreditare l’idea di appartenere a una diversa – nel tentativo di differenziarsi dal (più che evidente) nostalgico La Russa – ritengo si tratti, in sostanza, di una elementare pratica di mimetismo formale.
Una procedura, però, solo temporaneamente efficace che, sebbene (comprensibilmente) in grado di confondere e/o sospendere il giudizio di coloro che presuppongono di riscontrare coerenza tra “il dire e il fare” di Giorgia Meloni, dovrebbe – nel medio-lungo periodo e, soprattutto, di fronte agli effetti prodotti dai provvedimenti adottati dall’Esecutivo in carica – smascherarne i più reconditi obiettivi.

Torno, quindi, a quello che – come anticipavo – sarebbe, secondo il parere di Davide Conti, il reale obiettivo di Giorgia Meloni e della nuova destra: la definitiva destrutturazione della nostra Costituzione.Un’operazione, questa, lenta ma costante, che, a mio avviso, si è nutrita e si nutre di piccole cose: a cominciare dalla mancata discontinuità rispetto alla vecchia classe dirigente del famigerato ventennio (dai massimi dirigenti pubblici, ai professori di ogni ordine e grado, ai magistrati, ai settori militari e alle forze dell’ordine) e fino alle riforme costituzionali. Quelle già operate e, ancora peggio, quelle che rappresentano un preciso obiettivo di questa destra che, forse, è ormai (anche) un tantino illusorio continuare a credere di poter definire semplicemente “conservatrice”!

In questo contesto già il famigerato decreto “lavoro”, dal pomposo titolo “Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al lavoro”, aveva esplicitamente indicato a tutti cosa fosse lecito attendersi – in termini di nuova concezione del significato di welfare, politiche sociali e tutele a favore dei lavoratori dipendenti – da un Esecutivo guidato da Giorgia Meloni. Un’esponente politica che, nonostante tutti gli sforzi per apparire “diversa”, rappresenta il pericolo (sempre più concreto) di un ritorno al passato; non più in fez e camicia nera, ma con troppi margini di estremismo di destra.

In quest’ottica – e, per fortuna, sono in numerosa e qualifica compagnia – reputo ancora peggiore il segnale che ha accompagnato il provvedimento di legge/delega, approvato a inizio agosto dalla Camera, sulla riforma fiscale.
Si tratta della definitiva conferma del profondo abisso che separa una forza di governo realmente “conservatrice” – come erroneamente considerata la compagine governativa guidata dalla Meloni – da una destra estrema. Una destra che, a distanza di un anno, reputa giunto il momento di abbandonare definitivamente la strada del “mimetismo politico” praticato dalla Premier e svelare il suo vero volto.
Credo, infatti, che nulla, più della voce “fisco”, possa meglio servire a definire, oggettivamente, il carattere della politica perseguita da un governo.
Da questo punto di vista, il testo relativo al progetto di riforma del sistema fiscale non lascia alcun dubbio: rappresenta, in estrema sintesi, un regalo ai ricchi e, addirittura, un evidente invito all’evasione, parziale e/o totale!

Dal mio punto di vista, la prima – discutibilissima – misura è rappresentata dall’ulteriore riduzione degli scaglioni Irpef (dagli attuali 4 a 3).
E non solo, perché la riduzione degli scaglioni dovrebbe essere propedeutica alla “prospettiva della transizione del sistema verso l’aliquota impositiva unica” (la famigerata formula della flat/tax, molto cara al leader leghista).
Opportuno rilevare che un’eventuale aliquota unica – uguale per tutti, ricchi e poveri – anche se accompagnata da una serie di deduzioni e detrazioni, al pari di quanto già avviene oggi, finirebbe con il favorire i redditi medio alti a scapito di quelli più bassi, di lavoratori dipendenti e pensionati.

Si sappia, quindi, che l’adozione della flat/tax significherà – inequivocabilmente – un taglio delle imposte tutto a favore dei percettori di redditi medio/alti e, soprattutto, più alti!Ma, evidentemente, questo è proprio quello cui tende la destra conservatrice “all’italiana”. Tra l’altro, al di là delle prevedibili chiacchiere – grazie alle quali tenteranno di distrarci i soliti “esperti” di parte e gli involontari cantori della nuova destra – il risultato pratico dell’ulteriore riduzione degli scaglioni Irpef e/o l’adozione della flat/tax produrranno, nei fatti, il sostanziale superamento del carattere progressivo dell’imposizione fiscale già prevista dalla Costituzione repubblicana (sulla quale i Fdi giurano ma, scommetterei, non credono)!Tra l’altro, la riforma, oltre a sancire le profonde differenze di trattamento già esistenti tra la tassazione cui sono soggetti (alla fonte) i lavoratori dipendenti ed i pensionati, rispetto ai lavoratori autonomi, ribadisce la chiara volontà di continuare a perpetrare quella disuguaglianza di “tassazione orizzontale” già in atto tra percettori di redditi corrispondenti; favorendo imprese, lavoro autonomo, proprietari di immobili, rendite finanziarie, etc.).

Un altro aspetto, per il quale qualcuno è, addirittura, ricorso al termine “storico”, è rappresentato da un particolare che reputo gravissimo. In estrema sintesi: se è vero che il sottile confine tra la volontà di evadere e il non farlo è rappresentato dal timore delle possibili conseguenze – di tipo amministrativo o penale – è altrettanto vero che prevedere (come all’art. 18 della legge-delega) di “escludere ovvero ridurre l’entità delle sanzioni” rappresenta, addirittura, un sin troppo evidente invito ad evadere!
La conseguenza sarà che, in un Paese in cui ogni anno l’evasione risulta superiore ai 100 mld. di euro, tra Stato ed autonomi e imprese si instaurerà un regime di tipo “collaborativo”, con minori controlli e, attraverso l’istituto del – in base al quale il contribuente farà una sorta di accordo con l’Agenzia delle Entrate definendo anticipatamente quanto pagherà di imposte nei successivi due anni – la possibilità di decidere se e quando pagare!

Tra l’altro, la consistente riduzione del gettito fiscale – quale effetto di una riforma che non prevede alcuna “copertura” – produrrà l’inevitabile (corrispondente) contrazione delle uscite e, quindi, la contrazione del welfare; con conseguente riduzione delle spese relative al finanziamento di sanità, istruzione, sicurezza e servizi!
Una situazione, in definitiva, in cui il combinato disposto dei provvedimenti previsti produrrà l’effetto di: penalizzare chi già dispone di minori risorse, privilegiare i ricchi e, mentre si criminalizzano tutti i percettori di RdC – i cui illeciti, secondo la GdF, sono stati pari a 288 mln – premiare coloro che, attraverso l’evasione fiscale e contributiva, hanno già sottratto alle casse dello Stato la ragguardevole cifra di quasi 99 mld di euro!
In questo contesto, continuare a sostenere l’opportunità di confrontarsi con un governo “conservatore”, piuttosto che attrezzarsi per sconfiggere il nemico fascio/leghista, credo rappresenti un’ineludibile esigenza sociale!

NOTE

  • Fonte: “Dalle camicie nere allo stravolgimento della Costituzione”; pubblicato in data 20 marzo 2023, dal sito “Volerelaluna”.
  • Decreto legge 4 maggio 2023, convertito in legge 3 luglio 2023, nr. 85.
  • Si tratta di una metodologia che aiuta a identificare le migliori pratiche gestionali e ad osservare la propria azienda in comparazione ai concorrenti.

Renato Fioretti

Esperto Diritti del Lavoro. Collaboratore redazionale del mensile Lavoro e Salute

18/8/2023

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