AMBIENTE, CLIMA E SALUTE PUBBLICA: IL DIRITTO CHE C’E’ E QUELLO CHE DOVREBBE ESSERCI
Introduzione
Cristina Mangia
Un filo rosso lega gli interventi presenti in questo quaderno, frutto delle trascrizioni dell’incontro “Ambiente, clima e salute pubblica. Il diritto che c’è e quello che dovrebbe esserci” organizzato da Salute Pubblica il 13 novembre 2020: l’inadeguatezza del diritto rispetto alla complessità delle questioni ambientali e climatiche.
Le difficoltà a mettere in atto un approccio unitario al danno ambientale deriva, oltre che dai numerosi interessi economici in gioco, anche dall’organizzazione della scienza in discipline separate, distaccate e non integrate in un approccio complessivo agli ecosistemi.
Ancora oggi, sostiene Michele Carducci nel suo intervento, qualsiasi norma giuridica e costituzionale immagina la realtà “fisica” come un insieme di regolarità deterministiche, prevedibili e meccaniche, dove le cose sono cose, la materia è materia, lo spirito è spirito, il tempo è tempo, dove ogni oggetto esterno alla percezione umana occupa un unico luogo e si muove a velocità calcolabile, dove l’essere umano è in grado di spiegare tutto dimostrando che dalle cause si possano prevedere gli effetti e dagli effetti risalire alle cause, dove l’ “ambiente” consiste nella somma aritmetica di tutto. Sul rapporto tra scienza e diritto e su come i “fatti di conoscenza” entrino nelle aule dei tribunali si soffermano invece Laura Mara e Marco Cervino, rispettivamente dal punto di vista dell’avvocata e del ricercatore scientifico.
Ma nelle pieghe di questa inadeguatezza complessiva si insinuano comunque possibilità di azione. È il caso raccontato da Stefano Palmisano nel suo intervento a proposito delle stragi di api sempre più frequenti e legate all’uso dei pesticidi. A Udine per la prima volta un Pubblico Ministero ha utilizzato la legge ecoreati per contestare agli agricoltori l’utilizzo di semi di mais conciati con pesticidi. O come ci descrive Carmela Auriemma nella vicenda giudiziaria che ha portato ad annullare l’articolo 35 dello Sblocca Italia insieme ad alcuni comitati territoriali: una piccola norma inserita in un decreto avrebbe potuto portare all’aumento di tonnellate di rifiuti negli inceneritori senza una adeguata valutazione ambientale.
Nel suo intervento, invece, Daniela Spera racconta come nella complessità del caso Taranto emblema del conflitto ambiente salute scienza e diritto, la Corte europea dei diritti umani sia stata forse l’unica a riconoscere la violazione dei diritti alla vita familiare nella città dell’acciaio.
Allarga lo sguardo Salvatore Altiero che nel suo intervento si sofferma sul rapporto tra ingiustizia climatica, disuguaglianze e migrazioni ambientali ricordando che per il diritto internazionale i “rifugiati ambientali” non esistono.
Ma accanto al filo dell’inadeguatezza, un altro filo lega tutti gli interventi ed è quello della necessità urgente di immaginare e costruire un modello di società fondata su nuovi concetti di giustizia ed equità, sociale e ambientale.
Trascrizione di Angela Colasuonno
1.Introduzione Cristina Mangia 3
2.1. Clima e ambiente come questione di giustizia. Michele Carducci 5
1.2 Il concetto giuridico di giustizia 6
1.3 La giustizia tra concetto giuridico e acquisizioni della fisica 8
1.4 Bibliografia di approfondimento 11
3.2. Cambiamenti climatici e migrazioni: l’effetto dei ricchi sulla Terra. Salvatore Altiero 12
2.2 Produrre oltre i limiti ecologici 13
2.3 Ingiustizia ambientale e disuguaglianze 13
2.4 Ingiustizia climatica, disuguaglianze, migrazioni ambientali 15
4. 3.Limiti di emissione. Principio di precauzione. Stefano Palmisano 18
6.5. La scienza nel processo penale. Laura Mara 25
7.6. Il ruolo della scienza nelle la verità processuali. Marco Cervino 28
8.7. La corte europea come strumento di giustizia per i cittadini. Daniela Spera 29
7/6/20/21 http://www.salutepubblica.net
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