AMIANTO KILLER, LA ‘STRAGE NASCOSTA’ TRA I MILITARI

Risultati immagini per amianto in marina militare immagini
“Quasi mille militari della Marina sono morti, o si sono ammalati di tumore al polmone provocato dall’esposizione all’amianto. Ma per il ministero della Difesa morti e malati di mesotelioma sono ‘solo’ 126. Perchè questa stupefacente discrepanza di dati?”. Quando l’ex pm Raffaele Guariniello ha sollevato la questione della ‘strage nascosta’ dei militari colpiti da mesotelioma, è calato il silenzio tra i parlamentari delle commissioni riunite Lavoro e Affari sociali che l’avevano convocato per una audizione tecnica.
 
Guariniello: “Sottostimati i rischi”. La risposta a quella inquietante domanda sul perchè nel drammatico conteggio dei morti o malati di asbestosi manchino all’appello (nei registri delle Forze Armate) 820 militari, l’ha data lo stesso ex magistrato.
Guariniello: “Il direttore dell’Osservatorio epidemiologico della Difesa ha riferito tra i militari 126 casi di mesotelioma. Perchè questa stupefacente differenza di dati? La ragione è molto semplice: quell’Osservatorio riceve le informazioni relative ai nuovi casi di patologie neoplastiche diagnosticati al personale in servizio, mentre non riceve alcuna informazione relativa al personale congedato”. Cioè nel periodo nel quale la malattia, che sta in ‘incubazione’ diversi anni, si sviluppa. “È evidente – ha aggiunto l’ex pm – che in termini preventivi la sottostima dei casi può erroneamente indurre a ritenere efficienti i sistemi di prevenzione in atto e a non stimolarne una revisione critica. E può indurre, e ha indotto in specifiche sedi giudiziarie, a ritenere indimostrato il nesso causale tra patologia e esposizione a determinati agenti nocivi”.
 
Parlamento: “Sicurezza lavoro militari sotto l’Inail”. Le Commissioni riunite stanno svolgendo da un mese una approfondita indagine nell’ambito dell’esame della proposta di legge per far transitare i militari vittime di malattie o infortuni professionali nell’ambito dell’Inail anzichè, com’è oggi, sotto la ‘tutela’ del ministero della Difesa. La riforma s’è resa urgente dopo che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per mancanza di imparzialità, terzietà, neutralità e mancanza del principio di parità delle armi riguardo ai collegi medico legali della Difesa. In sostanza, i vertici militari giudicano se stessi quando sono accusati dai subordinati di non aver rispettato le norme sulla sicurezza del lavoro.
 
Scanu: “Basta sistema di minori tutele”. “Il servizio che i nostri militari sono chiamati a svolgere – spiega Giampiero Scanu, presidente della Commissione Uranio – li espone non solo ai rischi cui sono soggetti tutti gli altri lavoratori, ma addirittura a rischi particolari che altri per fortuna non corrono. La nostra proposta intende doverosamente abbattere il muro che impedisce ai militari, all’ambiente e ai cittadini di essere garantiti dal sistema universalistico di protezione sui rischi del lavoro offerto dall’Inail a tutti gli altri lavoratori. La specificità del mondo militare non può trasformarsi in un sistema di minori tutele per tutti: militari, ambiente e cittadini. Che dire di un procedimento che dura decenni e costringe persone impegnate a combattere con malattie devastanti a rincorrere il diritto agli indennizzi tra il Tar e il Consiglio di Stato? O quando, dopo due sentenze favorevoli, l’Amministrazione della Difesa si appella alla Cassazione contro due genitori che venti anni prima hanno perso il figlio soldato?”
 
Le audizioni in Parlamento: i “non so” dei colonnelli. Anche la commissione sull’Uranio impoverito presieduta da Giampiero Scanu (e della quale è consulente Guariniello), sta svolgendo da tempo un’istruttoria per verificare se e come avvengano i controlli sulla sicurezza del lavoro da parte della Difesa. Durante le audizioni, sono stati interrogati esponenti di spicco delle Forze Armate, che, però, non sempre hanno saputo dare risposte esaurienti alle domande. Ecco, a titolo di esempio, alcuni stralci di audizioni.
 
Il 15 febbraio 2017 compare Claudio De Angelis, il direttore dell’Osservatorio epidemiologico del Ministero della Difesa secondo il quale malati e morti di mesotelioma sarebbero poco più di un centinaio. Scanu lo incalza.
Secondo la procura della Repubblica di Padova, sarebbero stati identificati 946 casi di ammalati o deceduti per patologie asbesto-correlate nella Marina Militare. Come commenta questa macroscopica differenza fra i dati che le ho fornito e i suoi?
“Noi perdiamo i dati del personale in congedo”.
Che istituto di epidemiologia siete, se non vi occupate di tutto il personale? Cosa vuol dire che il personale in congedo non lo cercate? Che cosa cercate?
“Non ho detto che non lo cerchiamo. Non abbiamo possibilità di monitorarlo. Non possiamo raccogliere i dati dal Servizio sanitario nazionale in modo automatico. Perdiamo di vista il nostro personale, una volta congedato, a meno che non faccia uso delle nostre strutture militari. Le nostre strutture militari poi comunicano all’Osservatorio…”.
 
L’8 marzo 2017 è stato interrogato da Scanu il direttore interinale del Centro Tecnico Logistico Interforze, tenente colonnello ingegnere Vinicio Pasquali.
Il vostro Centro è in grado di effettuare i rilievi a caratterizzazione di particolato aerodisperso e di nanoparticolato?
“Confermo che l’ente non è in grado di effettuare analisi su particolato aerodisperso e nanoparticolato”.
 
Mercoledì 14 dicembre 2016 è stato interrogato dal presidente Scanu il tenente colonnello Marcello Bianchi, dell’Ufficio vigilanza tecnico-amministrativa.
Quali attività svolgete per andare a verificare se non vi siano anche altri luoghi contaminati dalla presenza dell’amianto?
“No, come Ufficio di vigilanza non svolgiamo questa attività”.
Quindi non è mai stata svolta un’attività ispettiva all’estero…?
“Da quando io sono in questo ufficio no, ma mi risulta che anche in precedenza non sia mai stata svolta un’attività ispettiva all’estero”.
Lei sa se il suo ufficio svolge un’attività di ricerca attiva riguardo alle malattie professionali?
“Se la ricerca attiva è quello che ho capito, non credo che questa attività si faccia”.
Le risulta, colonnello, che il suo ufficio abbia svolto accertamenti sistematici sulle attività effettuate all’interno dei Poligoni dagli esercitati?
“No, non sono stati svolti”.
Chiedete oppure ricevete senza doverlo chiedere al ReNaM i casi di mesotelioma del personale dell’Aeronautica?
“No, non l’abbiamo richiesto”.
Interviene Gianluca Rizzo, M5s. Mi incuriosiva questa parte dove manca la vigilanza, perché voi lavorate su segnalazioni, tutto il resto come viene gestito?
“Non viene gestito”.
 
Mercoledì 21 dicembre viene interrogato da Scanu il colonnello Onofrio Garzone, dell’Ufficio di coordinamento dei servizi di vigilanza.
Quindi lei praticamente non fa niente?
“Non faccio niente perché non ho il potere per fare”.
 
Lo stesso giorno è il turno del tenente colonnello Angelo Di Spirito, dello stesso ufficio ispettivo.
Il vostro ufficio ha avuto occasione di effettuare controlli sul rischio di esposizione ad agenti cancerogeni, mutageni e teratogeni?
“No”.
In relazione all’esposizione lavorativa ad amianto e alle relative attività di bonifica, oltre a quelle che lei ha indicato, quali altre attività di vigilanza vengono svolte?
“Nessun’altra”.
Il vostro ufficio ha promosso di propria iniziativa attività di individuazione di siti e di attrezzature contaminati da amianto?
“Non mi risulta”.
Avete richiesto al Registro nazionale dei mesoteliomi i casi di mesotelioma insorti fra i militari operanti nell’ambito dell’esercito?
“Non lo so”.
Interviene il centrista Roberto Capelli. Lei avrà avuto sicuramente notizia di alcuni incidenti legati sia all’uranio impoverito sia all’amianto. Avrà sicuramente avuto notizia di questo.
“No”.
 
“Verifiche non effettuate a 360 gradi”. Anche gli alti ufficiali auditi nelle ultime settimane (non sono però ancora disponibili gli stenografici) hanno ammesso carenze nella valutazione dei rischi. In particolare tra il 3 e il 4 maggio nel corso delle audizioni dei vertici del Centro Interforze Studi per le Applicazioni Militari è emerso che in alcuni casi le opportune verifiche non sono state effettuate a 360 gradi, o non sono state effettuate affatto, per insufficienza delle risorse necessarie. 
 
“Gibuti: se va a fuoco discarica, rischio diossina”. Nell’audizione del direttore del Centro Tecnico Logistico Interforze sono state individuate specifiche carenze nel personale specializzato che sarebbe necessario per svolgere puntualmente il lavoro. Inoltre è stato anche evidenziato che, a ridosso della base delle Forze Armate presso Gibuti, è stata segnalata, nel 2016, “la presenza di vari cumuli di rifiuti indifferenziati che, se incendiati, potrebbero creare l’emissione di sostanze altamente nocive (come diossine, poli clori bifenili, ndr), la cui analisi non è tra le potenzialità esprimibili del Centro”. 
 
“Aria inquinata in sei basi estere”. Ma l’allarme è trascurato. Nell’audizione del capo divisione del Comando Operativo di vertice Interforze è emerso infine che alcune criticità nella salubrità dell’aria segnalate dai comandanti di sei nostre basi all’estero non sono state ancora monitorate, senza che ne sia stato chiarito il motivo.
0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *