ANALISI A FREDDO SULLE ELEZIONI EUROPEE

Nelle elezione del 9 giugno per il Parlamento europeo, non abbiamo avuto il temuto sversamento dell’onda nera su tutta l’Europa, ma la crescita delle destre c’è stata, soprattutto in alcuni paesi, come Germania, Francia, dove ha provocato un terremoto politico e anche in Austria.

In Germania i Popolari (CDU) col 30% dei voti e 29 seggi sono il primo partito, seguiti dall’Afd, destra radicale, che con il 15,9% ottiene complessivamente 15 seggi e scavalca i socialdemocratici, diventando il secondo partito. L’Spd (partito socialdemocratico) con quasi il 14% perde 2 seggi mentre i Grunen scendono all’11,9% perdendo 9 seggi. I liberali scendono sotto il 5%. Perde anche la Linke, sotto il 3% con meno 2 seggi: le perdite sono proprio nelle sue roccaforti a Est. L’Alleanza, guidata da Sahra Wagenknecht (Bundnis Sahra Wagenknecht – BSW), che si è scissa dalla Linke, ottiene oltre il 6 % con 6 seggi che quasi certamente non aderiranno alla Gue. Questo partito è destinato a crescere nelle regionali che ci saranno in Germania tra qualche mese. Presenta alcuni connotati conservatori, ad es nelle politiche migratorie, per cui viene considerato un partito rossobruno. Vi è anche una lista animalista che ha guadagnato un seggio.

In Francia Il Rassemblement national di Marine Le Pen prende oltre il 31% dei voti e doppia il partito di Macron che si ferma al 14,5 %. Seguono Reveiller l’Europe (coalizione socialisti) con poco più del 13% e La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon e Manon Aubry, con il 10% e 9 seggi. France Insoumise si è rafforzata soprattutto nelle zone urbane abitate da ceti popolari, che erano tradizionalmente d’insediamento comunista.
Seguono i repubblicani col 7,2%, gli ambientalisti con il 6,5% mentre Il Partito Comunista francese nonostante abbia puntato sulle questioni socio-economiche si ferma al 2,36.

In Austria, il primo partito è il partito austriaco della libertà, molto conservatore, nazionalista e populista che va oltre il 25%. Seguono il partito popolare e il partito socialdemocratico, che sono rispettivamente oltre il 24% e il 23%. I verdi ottengono più dell’11%, Neos va oltre il 10% e il partito comunista austriaco il 3%. Si segnala quest’ultimo perché si sta radicando negli ultimi anni lavorando soprattutto sulla carenza di case a prezzi sostenibili. La sua crescita è stata significativa a Vienna dove ha ottenuto il 4,7%.

Non si da seguito al resoconto dei risultati negli altri paesi perché sostanzialmente essi rientrano nelle aspettative, salvo una certa avanzata un po’ dovunque delle destre estreme, che superano la storica destra conservatrice. I Popolari hanno avuto una buona affermazione, i socialdemocratici/socialisti sono abbastanza stabili, mentre la sinistra alternativa che si ritrova nella GUE (pacifista, antifascista, ambientalista) perde dei seggi. Dovunque, non solo in Italia, domina l’astensionismo: Europa e Italia raggiungono il loro minimo storico: 51% la prima, 49% la seconda.

Veniamo ora all’Italia. Queste elezioni sono state vissute come se fossero elezioni nazionali (ciò è accaduto peraltro anche negli altri paesi europei). Quindi sono state un test circa l’andamento dei diversi partiti anche in confronto con le elezioni del 2022. Il primo partito, come si vede anche nell’immagine a pagina tre, è stato quello dell’astensionismo, in Italia, 51,2% oltre la metà degli aventi diritto al voto: non era mai successo. Tra i partiti il primo si conferma FDI con un 28,8%

(26,2% nelle politiche del’22) gonfiato dall’astensionismo e da ascrivere soprattutto a Giorgia Meloni che ha condotto una campagna estremamente personalizzata. Gli esiti si invertono se anziché le percentuali si considerano i numeri assoluti. Si vede allora che i voti di FDI sono diminuiti di oltre 600.000 perché alle politiche del 2022 FDI aveva preso 7.301.303 voti, mentre ora, due anni più tardi è scesa a 6.704.423. Anche la Lega ha perso 400.000 voti e 150.000 li ha persi Forza Italia. Il PD ha guadagnato invece oltre 300.000 voti. In tutto le destre hanno perso in due anni 1.100.000 elettori, praticamente tutti a favore dell’astensionismo, composto da più di 26 milioni di elettori, quasi dieci milioni in più rispetto a due anni fa. Quindi, Giorgia Meloni non ha avuto quel trionfo che si accredita.

Considerando i voti presi, in termine di percentuali di voti sul totale dei voti validi, dopo FDI abbiamo il PD che prende 24,1% facendo un salto rispetto al 18,9 del ’22 e cresce AVS, Alleanza Verdi sinistra (dal 3,6 al 6,7%), probabilmente anche per il traino di figure come Mimmo Lucano e Ilaria Salis.

L’MS5 ha una drastica caduta (dal 15,4 al 10%) dovuta soprattutto alla perdita di consensi nelle regioni meridionali e nelle Isole, dove quasi si dimezza: i voti in parte sono andati al PD ma, soprattutto, sono andati ad alimentare l’astensionismo. La Lega (9%) diminuisce al Nord, mentre insieme a FI+Moderati (da 8,2 a 9,6%) registra un piccolo incremento al Sud e nelle Isole. Il successo di FI (che insieme ai moderati passa da 8,2 a 9,6 è concentrato in Sicilia, dove arriva al 24% dei consensi, grazie all’apporto di vari candidati forti. Azione, Italia Viva, +Europa (che passano da 10,4 a 7,1) attenuano la sconfitta grazie ai risultati positivi registrati in Campania e Basilicata.

Questi sono i risultati se si guarda alle percentuali sul totale dei voti validi. Se invece si fa la percentuale dei voti sul totale degli aventi diritto la situazione cambia (Fig.pg. 3) e ci dice che la realtà è completamente diversa.

FDI non prende il 28,8% ma il 14,4 %, cioè la metà, che diventa 13,4% se i sei milioni di persone che l’anno votata vengono calcolati sui quasi cinquanta milioni di aventi diritto, all’incirca un ottavo dell’elettorato. Il PD, se si fa questo calcolo, prende il 12,5% distanziandosi da FdI di soli due punti percentuali. Gli undici milioni dell’intera maggioranza di destra, poi, sono il 22% rispetto all’intero corpo elettorale di cui costituiscono appena un quarto. Non vi è quindi una egemonia delle destre sul paese e non è vero che “i cittadini stanno dalla nostra parte” e ancora “hanno indicato da che parte andare” come ha detto la Meloni. Andando avanti con l’analisi del voto risulta invece che FDI prende tra i giovani sotto i 30 anni solo il 14% dei consensi (dati di YouTrend), mentre un seguito maggiore lo ottiene tra gli ultrasettantenni dove i partiti di governo sfiorano il 50%. Sempre i partiti di governo non superano il 29% sotto i trenta anni, mentre in questa fascia d’età AVS-PD- M5S avrebbero da soli la maggioranza del 51%.


AVS, PD e FDI hanno una crescita che è abbastanza uniforme su tutto il territorio nazionale. La soglia di sbarramento ha inoltre ridotto la frammentazione e il numero delle liste minori.1

Percentuale dei voti sugli aventi diritto

ll voto ha messo in evidenza una grande variabilità territoriale, con differenze notevoli tra le grandi, medie e piccole città e tra centro e periferia, tra città e provincia. La Destra – ed in particolare Fratelli d’Italia, ma anche la Lega – non sono molto presenti nelle grandi e medie città. Nelle grandi città, esclusa Roma (seppure per pochissimo), il primo partito è il PD seguito da FDI con notevole distacco. A Milano il distacco è di 10 punti (31% il PD – 21 FDI), a Genova (31% a 21%), a Torino, ( 46 a 41). A Firenze il distacco è di 15 punti (35 a 20), come a Bologna (40 a 24), mentre a Bari è enorme (49 a 21). Quanto alle due maggiori città del Sud, il partito della Meloni quasi non c’è: a Napoli non va oltre il 13% contro il 26,7% del PD e il 26,6% dei 5Stelle e a Palermo è al quarto posto con il 16,4% dopo 5Stelle, Forza Italia e PD.

La situazione è meno netta nelle aree urbane di media grandezza, come i capoluoghi di provincia, ma comunque mediamente prevale la tendenza alla penalizzazione di FDI. Queste elezioni erano abbinate alla elezione dei sindaci: anche in questo caso i sindaci sia nei capoluoghi di provincia che negli atri comuni e città sono andati quasi tutti al centro-sinistra. Diversa la situazione invece nelle periferie e nelle aree non urbane e agricole dove le posizioni si rovesciano: la destra va sempre meglio ed in alcune realtà in modo molto marcato. Questo succede anche in luoghi con una tradizione di sinistra e, dove la lotta partigiana è stata intensa; addirittura la sinistra va male in Val di Susa e nei comuni che sostennero la resistenza alla TAV. E’ come se, lontano dalle città, si manifestasse uno spirito ostile, arido e individualistico, strettamente ancorato al proprio orticello, rivendicativo, che ricorda l’America profonda di Trump e non si alimenta di sociale e di cultura. Conta la vicinanza con il potere, anche se periferico, e a cui chiedere protezione, spesso con un atteggiamento vittimista e allo stesso tempo aggressive. Riferendosi a queste realtà gonfie di scontente e di rabbia, Marco Revelli dice su Volere la Luna di giugno: Con questo viluppo perverso di passioni tristi e di appetiti feroci dovremo vedercela ancora a lungo perché è il prodotto non di una sola linea di crisi ma di uno sciame sismico che sta trasformando nel profondo le basi materiali della nostra società con lo sfarinamento del suo tessuto e insieme il profilo delle nostre democrazie. In cui ci troviamo di fronte a uno stato liquido (………………….), in cui le configurazioni sono mutevoli e tendenzialmente effimere, gli scenari mutano prima ancora di essere stati non dico metabolizzati ma anche solo “visti”, e i pifferai magici che si tirano dietro torme di topini ciechi si succedono l’uno all’altro”.

Abbiamo visto che il non voto è stato il più consistente, con 7 punti percentuali in più rispetto al 2019 e si è manifestato trasversalmente in tutti partiti anche se ha drenato di più tra i 5Stelle e nella formazione di Calenda-Renzi.

L’astensionismo si è mosso diversamente nell’area della destra rispetto a quella del Centro-sinistra. Nel caso della destra si è verificato un forte movimento ma con uno scambio tra le sue tre componenti interne, con una forte migrazione dalla Lega a favore di FDI e un po’ meno a FI. Nel centro-sinistra, invece, il PD ha ceduto qualcosa a AVS ma ha preso soprattutto dai 5Stelle e in parte da renziani e calendiani. Questi ultimi a loro volta hanno ceduto quote consistenti alla

destra, soprattutto a FI e FDI, a conferma dell’ambiguità che caratterizza questi due piccoli partiti, che non hanno guadagnato nulla da nessuno.

Poteva andare peggio, ma la paura della guerra, dei migranti, della povertà hanno comunque agito sugli elettori e le elettrici, destabilizzando due paesi, La Germania e la Francia, che non sono due paesi qualsiasi ma il cuore dell’Europa e della sua economia. E proprio in questi due paesi, ma vale anche per noi, in assenza di una consapevolezza politica chiara nella società e nei partiti e in assenza di risposte credibili e concrete contro la guerra e per la pace le destre radicali hanno guadagnato spazio e terreno.

L’Europa si è spostata a destra nel voto, come lo era già nella realtà. Un’Europa di satrapi cedevoli agli Stati Uniti, dove contano solo la Commissione e il Consiglio d’Europa, perché̀, come vediamo platealmente in Italia, non gli importa del Parlamento e nemmeno del consenso, dato che le decisioni non passano più̀ negli organismi eletti, come i Parlamenti, ma sono diretta emanazione di multinazionali e di circuiti economico-finanziari e militari.

L’emblema di questa Europa è Ursula Von Der Leyen, presidente uscente della Commissione Europea e ricandidata dai Popolari Europei, che ha condotto una campagna tutta bellicista e con al centro il riarmo massiccio della UE per fronteggiare il nemico russo, ormai considerato e proposto come il nemico permanente.

Pr quanto riguarda la sinistra alternativa, quella comunista, ambientalista, pacifista e antifascista permane nel suo stato di sofferenza che dura ormai da anni, anche se ci sono dei segni di ripresa in Spagna e pure in Italia.

Più della metà degli elettori, se si considera una buona parte dell’astensionismo è contro l’odierna politica europea, che chiede sempre più armamenti, che viene meno alla sue stesse direttive sulla salute e sulla tutela dell’ambiente, che lascia morire ogni anno migliaia di uomini, donne e bambini in fondo al Mediterraneo e lungo la varie rotte terrestri, che viola e lascia violare sistematicamente i diritti fondamentali. Contro questo stato di cose è necessario ricostruire la partecipazione per respingere le politiche che si vanno affermando sotto la pressione degli apparati industriali/militari.

1- Istituto Cattaneo, 10 giugno 2024

Loretta Mussi

Collaboratrice dle mensile Lavoro e Salute

25/6/2024

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