Antonio Sebastiano Francesco Gramsci (Ales, 22 gennaio 1891 – Roma, 27 aprile 1937)
“Anche quando tutto è o pare perduto, bisogna rimettersi tranquillamente all’opera, ricominciando dall’inizio.”
Oggi #27aprile ricorre l’anniversario della morte di Antonio Gramsci, il più celebre tra i martiri dell’antifascismo essendo l’intellettuale italiano del Novecento più studiato nel mondo. La vita e l’opera del comunista Antonio Gramsci dimostrano quanto sia caricaturale il tentativo, proprio anche di tanti liberaliberisti e dello stesso parlamento europeo, di equiparare il comunismo al nazismo. Mussolini e Hitler hanno commesso crimini in coerenza con la loro ideologia, i regimi che hanno commesso crimini in nome del comunismo lo hanno fatto tradendo i principi e gli ideali del comunismo.
Dal 1991 un nuovo anticomunismo ha caratterizzato l’egemonia del neoliberismo e ha contribuito con un dilagante revisionismo storico alla rilegittimazione dei fascismi. Ricordiamo ai tanti liberaliberisti anticomunisti che mentre Gramsci e i suoi compagni affollavano le galere, gli industriali e gli agrari sostenevano entusiasticamente il regime di Mussolini che avevano sponsorizzato fin dall’inizio.
“Odio gli indifferenti”
Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. E’ la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto ad ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta già costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’é in essa nessuno che stia dalla alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Peciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.
Antonio Gramsci
Redazione di Lavoro e Salute www.lavoroesalute.org
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