Anziani. Perdersi in ospedale

L’isolamento ed il disorientamento rappresentano una delle sfide più difficili da affrontare per il paziente ospedalizzato, soprattutto anziano o con disturbi cognitivi. La separazione affettiva dai familiari può avere effetti profondi negativi sulla salute, influenzando il benessere psicologico e la salute fisica. La malnutrizione, l’immobilizzazione e le lesioni da decubito, le cadute. Il lato nascosto delle cure.

L’evento acuto in genere determina l’accesso del soggetto in ospedale: un ambiente sanitario protetto che permette un accesso diretto alle cure. Nell’ideologia comune, molti familiari credono che l’ospedale offra un livello di assistenza, competenza e professionalità superiore rispetto a quello che può essere erogato a domicilio e garantisca un ambiente più sicuro per il trattamento di malattie medio-gravi. Ci si aspetta che in ospedale siano disponibili tecnologie e trattamenti innovativi per migliorare le probabilità di recupero e che vengano offerte cure fisiche in associazione al supporto psicologico e emotivo, sia per il paziente che per la famiglia. Inoltre, si spera in risultati positivi e rapidi, influenzati dalla fiducia nel sistema sanitario. Tuttavia, l’ospedalizzazione, sia essa caratterizzata da osservazione breve (vedi l’accesso in pronto soccorso), sia essa un ricovero effettivo, è spesso caratterizzata da difficoltà che esulano dalla patologia acuta determinante l’accesso e che incidono fortemente sul benessere complessivo del paziente. Problemi legati all’alimentazione, alla mobilità e al rischio di cadute possono compromettere significativamente la qualità della vita e la capacità di recupero, accelerando il declino e contribuendo ad una morte che avviene in circostanze meno visibili e comprese.

Questo articolo si propone di esplorare i vari aspetti di questo fenomeno complesso, sottolineando la necessità di un’attenzione maggiore al benessere globale dei pazienti ospedalizzati.

È essenziale che le strutture sanitarie adottino un approccio olistico alla cura e che le famiglie percepiscano ciò che realmente comporta l’ospedalizzazione, negli aspetti positivi della cura, ma anche nelle possibili complicanze correlate. Solo attraverso una visione integrata della cura e del supporto è possibile migliorare significativamente la qualità della vita dei pazienti e ridurre l’incidenza di complicanze correlate all’accesso ospedaliero.

L’isolamento e del disorientamento

L’isolamento ed il disorientamento rappresentano una delle sfide più difficili da affrontare per il paziente ospedalizzato, soprattutto anziano o con disturbi cognitivi. La separazione affettiva dai famigliari può avere effetti profondi negativi sulla salute, influenzando il benessere psicologico e la salute fisica. Studi dimostrano che il supporto emotivo e la presenza di familiari giocano un ruolo cruciale nel recupero dei pazienti, migliorando significativamente la loro motivazione e partecipazione al processo di guarigione (Smith et al., 2021). I pazienti che ricevono visite regolari da parte dei propri cari tendono a essere più motivati e coinvolti nelle attività terapeutiche, favorendo un maggiore impegno nel percorso di cura e aumentando le possibilità di recupero e contribuendo a ridurre livelli di ansia e depressione, spesso aggravati dalla solitudine e dall’isolamento. La privazione dei punti di riferimento abituali e della struttura quotidiana, come gli orari regolari dei pasti o le attività personali, possono generare confusione, ansia e disorientamento, portando a un declino cognitivo. Inoltre, l’ambiente ospedaliero, caratterizzato da rumori, luci artificiali e mancanza di stimoli familiari, può aggravare questi sintomi, creando un ciclo negativo di deterioramento fisico e psicologico.

La malnutrizione

La perdita nutrizionale è un fattore spesso sottovalutato che contribuisce significativamente ai decessi in ospedale. Molti pazienti, a causa di malattie gravi, trattamenti invasivi o semplicemente per la mancanza di appetito e supporto durante i pasti, non ricevono l’apporto nutrizionale necessario per il loro recupero, con conseguenze gravi per la loro salute. La carenza di nutrienti essenziali, come proteine, vitamine e minerali, può portare a un indebolimento del sistema immunitario, che rende il corpo meno capace di combattere infezioni e di rispondere adeguatamente alle terapie mediche. Questo deficit nutrizionale può anche rallentare la guarigione delle ferite, ridurre la massa muscolare e diminuire la resistenza fisica, creando un circolo vizioso che peggiora ulteriormente le condizioni del paziente. Tale stato di vulnerabilità aumenta notevolmente il rischio di infezioni nosocomiali, complicando ulteriormente il quadro clinico e prolungando la degenza ospedaliera (White et al., 2017). Le infezioni nosocomiali possono ritardare la guarigione e aumentare la gravità della malattia, contribuendo a una spirale negativa di deterioramento.

L’immobilizzazione e le lesioni da decubito

L’ospedale, ed in particolare il reparto di degenza, rappresenta un ambiente chiuso tra delle mura. L’immobilizzazione prolungata, spesso inevitabile, rappresenta un ulteriore rischio significativo. L’immobilità può portare alla formazione di piaghe da decubito, una condizione dolorosa e debilitante che può essere difficile da trattare e che aumenta il rischio di infezioni e complicazioni sistemiche (Jackson et al., 2019). Il personale sanitario, pur impegnandosi a garantire un’assistenza completa e personalizzata, deve occuparsi simultaneamente di numerosi altri pazienti; esigenza che rende impossibile una presenza continua accanto a ciascuno di essi, con il conseguente rischio di sviluppo di lesioni da decubito. Le piaghe da decubito possono svilupparsi in presenza di presidi di prevenzione e non solo, provocano disagio, dolore, possono ridurre significativamente la partecipazione alle terapie riabilitative. Le lesioni da decubito che si sviluppano a causa della pressione prolungata su determinate aree del corpo, spesso evolvono in ulcere profonde che richiedono un trattamento intensivo e prolungato e se non gestite correttamente, possono portare a infezioni gravi, compromettere ulteriormente il sistema immunitario del paziente, prolungando il ricovero ospedaliero, riducendo le possibilità di un recupero efficace ed aumentando la mortalità.

Le cadute

Un altro pericolo meno discusso ma di estrema rilevanza sono le cadute: esse rappresentano una delle cause principali di lesioni e mortalità tra i pazienti ospedalizzati, in particolare tra gli anziani, particolarmente vulnerabili. Le conseguenze di una caduta in ospedale aumentano i rischi immediati per la salute, compromettono la qualità della vita e possono accelerare il declino fisico e cognitivo dei pazienti, influenzando negativamente il recupero e aumentando i tassi di mortalità ospedaliera. Uno studio condotto da Morris e Webster (2016) evidenzia che le cadute ospedaliere sono spesso il risultato di una combinazione di fattori interrelati. Tra questi, la debolezza fisica è un contributo fondamentale. I pazienti anziani, spesso già debilitati da condizioni croniche o da recenti interventi chirurgici, possono avere una mobilità ridotta e una maggiore difficoltà a mantenere l’equilibrio. L’uso di farmaci sedativi e analgesici, comuni nei contesti ospedalieri, può ulteriormente compromettere la coordinazione e il senso di equilibrio, aumentando il rischio di cadute.  Anche la disidratazione può portare a debolezza muscolare, vertigini e confusione aumentando la probabilità di incidenti. Inoltre, il disorientamento causato dalla permanenza in un ambiente estraneo come quello ospedaliero, la rottura delle routine quotidiane e l’assenza di segnali visivi familiari possono confondere i pazienti e rendere più difficile per loro orientarsi e muoversi in sicurezza.

La morte

Le morti in ospedale spesso avvengono in un contesto di silenzio e invisibilità, un fenomeno che può essere descritto come una forma di “morte silenziosa”. Questo concetto non si riferisce solo alla scomparsa di pazienti a causa di malattie terminali o complicanze cliniche, ma abbraccia un’ampia gamma di fattori indiretti che influenzano profondamente il decorso e l’esito della vita dei pazienti, specialmente degli anziani.

“Il lato nascosto delle cure” è un chiaro campanello di allarme per la famiglia ed il sistema sanitario nel complesso, in quanto elementi come l’isolamento, il disorientamento, la malnutrizione, la ridotta mobilità o l’immobilizzazione e la quasi assenza di socialità peggiorano la prognosi ed accelerano un declino che, a volte, ha conseguenze fatali. In ambiente ospedaliero, si muore da soli, in un ambiente asettico, privo di contatto umano relazionale ed emotivo.

Conclusione

L’ospedalizzazione rappresenta un fenomeno complesso e multifattoriale che richiede una maggiore attenzione da parte di medici, infermieri e familiari.  Le cure presentano un lato nascosto, spesso non considerato e sottomesso alla gestione di ciò che viene ritenuto “prioritario”, cioè la patologia acuta.  L’inosservanza di alcune caratteristiche intrinseche del soggetto determina una serie di condizioni evitabili che emergono a causa di un’assistenza inadeguata o incompleta, nonché da una mancanza di interventi mirati per prevenire il deterioramento del paziente. Le condizioni evitabili possono includere fattori come l’isolamento sociale, la malnutrizione, l’immobilizzazione prolungata e le cadute, elementi che non solo compromettono la qualità della vita dei pazienti, ma possono accelerare il loro declino fisico e psicologico, contribuendo così a un aumento della mortalità. Non è sufficiente concentrarsi esclusivamente sul trattamento dell’acuzie: è cruciale sviluppare e adottare pratiche ospedaliere che considerino un approccio integrato alla cura del paziente.

È imperativo che le strutture sanitarie basino il processo di cura su un approccio olistico che contempli il benessere psicologico, nutrizionale e fisico del paziente, oltre che gestire il problema acuto.  Implementare programmi di prevenzione delle cadute, garantire un adeguato supporto nutrizionale, una vigilanza attenta e un supporto emotivo, dunque la gestione delle complicanze “nascoste” dell’assistenza rappresentano il cardine di una assistenza globale incentrata sul paziente e rappresentano un elemento significativo nel miglioramento della qualità delle cure e del benessere del paziente. Inoltre, è essenziale migliorare la comunicazione tra il personale sanitario e i familiari, assicurandosi che quest’ultimi siano coinvolti attivamente nel piano di cura e informati sulle condizioni e le esigenze del paziente.

Focalizzare gli elementi spesso sottointesi o considerati banali rappresenta una misura fondamentale per prevenire le complicanze nascoste delle cure.  Prima di ospedalizzare la persona, bisogna quindi riflettere sulla reale necessità e su tutte le caratteristiche correlate alle cure. Solo attraverso un intervento coordinato e una visione globale della cura della persona è possibile migliorare significativamente la qualità della vita e delle cure per i pazienti ospedalizzati.

Betty Perticarini: Infermiere, Medicina e Chirurgia d’Accettazione e d’Urgenza – Azienda Sanitaria Territoriale di Fermo

Federico Lattanzi: Infermiere, Postazioni Territoriali Emergenza Sanitaria 118 – Azienda Sanitaria Territoriale di Ancona

BIBLIOGRAFIA

Jackson, P., et al. (2019). “The effects of prolonged immobilization on muscle atrophy and pressure ulcers in critical care settings.” Journal of Clinical Medicine, 8(4), 678-689.

Morris, V., & Webster, J. (2016). “Preventing falls in hospitals: A multifactorial approach.” Journal of Patient Safety, 12(3), 159-164.

Smith, R., et al. (2021). Impact of social isolation on elderly hospital patients: A review of psychological and physiological effects. Geriatric Health Journal, 8(1), 45-58.

White, J. V., et al. (2017). “Nutritional interventions in elderly hospitalized patients: Reducing complications and mortality.” Journal of Nutrition in Clinical Practice, 32(6), 745-752.

Betty Perticarini, Federico Lattanzi

7/1/2024 https://www.saluteinternazionale.info

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