Argentina. Il fuoco del capitalismo
di Carlos Aznarez
Mentre vaste aree della Patagonia continuano a bruciare, la risposta del governo argentino è quella di applicare la repressione proprio contro coloro che hanno volontariamente formato brigate per combattere l’incendio.
È noto da tempo che la serie di incendi boschivi che si verificano nei paesi del continente americano rispondono, quasi sempre, a manovre intenzionali che cercano di devastare vaste aree di foreste e campi, e trasformarle in deserti di cenere in modo da alimentare ulteriormente gli interessi milionari forniti dalla speculazione immobiliare.
Così hanno agito in Amazzonia ai tempi di Bolsonaro, o nella zona di Las Yungas nella Bolivia plurinazionale, nelle zone del Paraguay e dell’Uruguay, o in Cile, attraverso l’ingerenza quasi terroristica dell’industria forestale.
Tuttavia, ciò che sta accadendo negli ultimi mesi in Patagonia sul versante argentino, o meglio, nel territorio ancestrale dei Mapuche (prima dell’arrivo dei conquistadores di ieri e di oggi), supera tutto ciò che si può immaginare.
“Si tratta di affari, solo di affari”, direbbe Donald Trump. O delle “azioni degli infiltrati e dei Mapuche”, secondo le dichiarazioni impunite dello stesso presidente, dei governatori, dei deputati e di altri funzionari venali, che mentre la Patagonia (e altre parti del paese bruciano a intermittenza), non muovono un capello quando si tratta di prendere misure urgenti per risolvere la grave situazione. L’esempio di tanta sfrontatezza criminale è la foto del segretario all’Ambiente, Daniel Scioli, che gioca allegramente a una partita di paddle “per uccidere lo stress”.
“Abbiamo visto arrivare questo incendio, abbiamo avvertito le autorità e tutti si sono guardati di lato”, dice ora uno dei vicini che insieme alla sua famiglia sta dando la vita, giorno e notte combattendo le fiamme. Fatto sta che su entrambi i versanti della Cordigliera andina i metodi sono simili: no, non si tratta di turisti senza scrupoli che, in parte delle loro passeggiate tra le foreste o intorno ai laghi, vogliono fare “un po’ di fuoco” per scacciare il freddo, ma piuttosto non così anonimi “attaccanti” che generano incendi in luoghi certi e strategici.
Una volta che le prime erbacce hanno preso piede, i venti si occupano del resto, trasformando vaste aree in veri e propri inferni. Ma se questo non bastasse, approfittando del fatto che molti residenti devono abbandonare le loro case spinti dall’avanzata delle fiamme, altri soggetti che fisionomicamente non coincidono con quelli di nessun abitante del popolo indigeno, ma portatori di un candore totale, hanno violato le porte di capanne e capannoni, e con l’impunità di sapere di essere protetti, li hanno cosparsi di benzina per poi trasformarli in grandi falò.
Questo fa parte di ciò che di solito accade, ma nell’Argentina governata dall’estrema destra Javier Milei e nel Cile del falso progressista Gabriel Boric, la situazione aggiunge fattori aggravanti che mostrano fino a che punto le amministrazioni di entrambi i paesi abbiano molto a che fare con l’incubo che stanno vivendo i rispettivi abitanti. Da entrambe le parti, funzionari governativi di alto livello sono stati incaricati di alimentare teorie del complotto razziste, intimamente legate all’offensiva fascista che viene percepita nel mondo. Una volta installato questo scenario, si dedicano ad addossare le responsabilità dei fuochi proprio a chi difende e ama la terra, a quei popoli preesistenti che rivendicano valori ancestrali e divinizzano la Natura, perché sanno che significa vita.
Quando il ministro della Sicurezza argentino, Patricia Bullrich, e la sua collega cilena del ministero dell’Interno, Carolina Toha, dicono a squarciagola: “sono i Mapuche i piromani”, stanno cercando di avanzare in operazioni di sterminio etnico – nello stile di quella praticata da Trump e dal suo amico Netanyahu sul popolo palestinese – per favorire interessi economici che vogliono trasformare il territorio ora devastato dal fuoco. in megaprogetti immobiliari milionari. O continuare a “regalare” terreni a prezzi stracciati agli investitori europei e ultimamente ai futuri coloni israeliani, gli stessi che hanno collaborato strettamente con il genocidio di Gaza.
Non è un caso che non appena Javier Milei salirà al potere, si procederà a un trasferimento del Servizio Nazionale Antincendio, che era nell’orbita del Sottosegretario all’Ambiente, al Ministero della Sicurezza, dove vive l’ultrarepressivo Bullrich. Per coincidenza, c’è stata anche una riduzione quasi totale dei trasferimenti di fondi dal governo alle province dell’estremo sud con la scusa dell’aggiustamento della spesa pubblica. Del resto, fu lo stesso Milei ad abrogare la legge votata in Parlamento che impediva per un periodo di 60 anni modifiche all’uso di terreni e foreste che venivano incendiati.
Con questo insieme di misure, le città della Patagonia sono rimaste totalmente abbandonate di fronte alla minaccia di incendi che tutti sapevano si sarebbero ripetuti come in altre occasioni nella stagione estiva, ma non con la portata di quest’anno.
È evidente che, proprio come ha fatto Bolsonaro con l’Amazzonia brasiliana, l’ordine di “bruciare tutto” è venuto dalle viscere di coloro che alimentano un capitalismo sempre più vorace e distruttivo dell’ambiente e degli esseri che lo abitano.
Mentre vaste aree della Patagonia continuano a bruciare, la risposta del governo argentino è quella di applicare la repressione proprio contro coloro che hanno volontariamente formato brigate per combattere l’incendio.
Tale è l’intenzione di impedire che il fuoco si ritiri, che coloro che lo combattono vengono attaccati, il popolo Mapuche viene criminalizzato, facendo irruzione nelle loro case, nei centri di incontro, nelle stazioni radio comunitarie, e in tutto ciò che può servire a mettere a tacere le voci di denuncia contro coloro che sono veramente colpevoli di questo incubo. Il sistema sa benissimo come intimidire e disciplinare le ribellioni, ma come nel caso della Palestina, questi nuovi crociati del maccartismo, legati agli interessi degli investimenti stranieri, non saranno in grado di annientare un popolo che ha resistito ad attacchi simili per più di 500 anni.
Né Milei né Boric, e i loro rispettivi alleati locali ed esterni, potranno mai comprendere, nell’impudenza con cui sono soliti muoversi, che la discendenza di un popolo non si elimina per decreto. Che resistere per vivere in pace e armonia è una parte fondamentale della loro cosmogonia. Qualcosa che anche il resto della popolazione deve capire, in queste difficili circostanze che il territorio della Patagonia sta attraversando, per non cadere nel gioco dei nuovi conquistatori, e per accentuare la solidarietà tra le persone.
16/2/2025 https://www.telesurtv.net/blogs
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