Argentina/Milei: 15mila licenziamenti, inflazione al 250%. E l’Fmi lo applaude
Il Presidente argentino e la sua linea di lacrime e sangue incassano il placet del Fondo Monetario Internazionale
In Argentina ci sono attualmente 19 milioni di poveri su una popolazione di 46 milioni: il 41 per cento. Un dato drammatico, che non pare destinato a migliorare, visto che il Presidente Milei ha detto chiaramente che prevede un ampio piano di tagli alla spesa pubblica “a colpi di motosega”. Ha già provveduto al licenziamento di quasi 15.000 lavoratori statali, e ha ribadito ciò che ha sempre detto anche prima di venire eletto a larga maggioranza alla Casa Rosada: recuperare l’enorme debito accumulato da decenni dal Paese sudamericano significherà lacrime e sangue e richiederà tempo prima di vedere i risultati.
Ma per il Fondo monetario internazionale i progressi compiuti finora sono “impressionanti”, anche se “la strada verso la stabilizzazione non è mai facile“, come ha dichiarato la direttrice delle comunicazioni del Fmi, Julie Kozack, sottolineando il forte sostegno del Fondo all’amministrazione Milei. Il leader di La Libertad Avanza ha promesso di raggiungere l’azzeramento del deficit quest’anno: “Sia a gennaio che a febbraio è stato registrato un avanzo fiscale per la prima volta in oltre un decennio, le riserve internazionali sono state ricostruite, l’inflazione sta scendendo più velocemente del previsto – dice il Fmi – e gli indicatori di mercato come il divario del tasso di cambio e lo spread sovrano continuano a migliorare” (lo spread sovrano è il costo del debito estero di un Paese).
Le autorità argentine stanno attuando “un ambizioso piano di stabilizzazione [macroeconomica]” incentrato su “un forte ancoraggio fiscale” che elimina qualsiasi finanziamento pubblico da parte della Banca Centralee su politiche volte a ridurre l’inflazione e a ricostruire le riserve, ma “la strada verso la stabilizzazione economica non è mai facile e richiede una ferma attuazione delle politiche“, ha dichiarato la portavoce da Washington.
Ma il rapporto del Fmi non nasconde che l’inflazione dell’Argentina supera il 250% annuo e che più del 41% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. Su questo fronte ha però lodato “i recenti sforzi delle autorità per ampliare l’assistenza sociale attraverso l’emblematico programma di assegni familiari con un’attenzione corretta e per proteggere il valore reale delle pensioni”, evidentemente cosciente che le riforme necessitano di “sostegno sociale e politico per garantirne la durata e l’efficienza“, secondo le parole della Kozack, .
Ma anche fra Milei e l’Fmi non sono solo rose fiori. Milei ha rilanciato la richiesta di un credito di 44 miliardi di dollari con l’ Fmi, a cui il Fondo ha risposto che “In questo momento sarebbe prematuro discutere le modalità di un eventuale programma futuro” (…) “Continuiamo a sostenere la creazione delle basi per la crescita, ma è prematuro discutere le modalità di un potenziale programma futuro”. Come leggere allora gli elogi del Fondo con sede a Washington? Servono a giustificare davanti al Mondo della finanza la proroga concessa il primo febbraio scorso del programma di prestiti da 44 miliardi di dollari fino al 31 dicembre di quest’anno; e per rassicurare gli investitori esteri sul fatto che il loro credito sarà restituito nei tempi e le modalità stabilite.
Rodrigo Valdés, direttore del Dipartimento dell’emisfero occidentale del Fmi, ha dovuto riconoscere che il metodo Milei “è pesante e il percorso verso la stabilizzazione non è mai facile, richiede una forte attuazione delle politiche in generale(…) Dobbiamo continuare ad adattarci durante tutta la transizione e i controlli sui cambi devono essere calibrati con molta attenzione. Inoltre, riteniamo che sia molto importante mantenere gli sforzi per sostenere i settori più vulnerabili della popolazione e garantire così che il peso più pesante dell’aggiustamento non ricada in modo sproporzionato sulle famiglie della classe operaia”.
Milei per ora non pare preoccuparsi troppo dei costi sociali e conta sul disincanto nei confronti del peronismo, che gli é valso l’elezione alle presidenziali. Ma, se l’inflazione é addirittura peggiorata, e per ora si sono persi più posti di lavoro di quanti ne siano stati creati e la povertà non si attenua, il disincanto potrebbe riversarsi su dl lui, anche ben prima della fine del suo mandato. Nelle piazze prima ancora che nelle urne.
Maurizio Sacchi
8/4/2024 https://www.atlanteguerre.it/
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