“Armi e munizioni” dall’Italia a Israele nel 2024. Il caso delle spolette partite da Viterbo

Lo scorso anno il nostro Paese ha esportato “Armi e munizioni” verso Tel Aviv per 5,2 milioni di euro. I dati dell’Istat, da esaminare con cautela, evidenziano punti rilevanti, come l’export da Viterbo di parti di bombe destinate però alla distruzione. Lecco è la prima provincia per consegne mentre Parma è l’epicentro dell’import. Giorgio Beretta (Opal): “È inquietante che le nostre forze armate abbiano in dotazione bombe cosiddette ‘intelligenti’ di fabbricazione israeliana”

Nel 2024 l’Italia ha esportato “Armi e munizioni” verso Israele per un valore di 5,2 milioni di euro. Lo certificano le Statistiche del commercio estero dell’Istat che a marzo di quest’anno ha diffuso il dato consolidato relativo al 2024. Nel 2023 quel valore fu di 12,3 milioni di euro, nel 2022 di 16,8 milioni.

Sono numeri da prendere con le pinze. Primo perché la categoria merceologica “Armi e munizioni” monitorata dall’Agenzia delle dogane e dall’Istat include sottocategorie diversissime tra loro che vanno da “Armi da guerra” ad “Armi bianche”, da pistole “sfollagente” a “mitragliatrici da guerra”, fino a “sciabole, spade, baionette, lance ed altre armi bianche, loro parti e foderi”, per arrivare anche a “Bombe, granate, siluri, mine, missili, cartucce ed altre munizioni e proiettili, e loro parti, inclusi i pallettoni, i pallini da caccia e le borre per cartucce”. Inoltre in questa categoria già così lasca si confondono nei valori totali sia la componente militare e sia quella di armi comuni destinate anche ai civili, e non è sempre facile avere la certezza del distinguo, per via di un sistema che sembra studiato proprio per complicare l’incrocio piuttosto che agevolarlo.

Chiarito quanto sia difficoltosa l’analisi e poco funzionale il meccanismo di controllo, i dati diffusi dall’Istat evidenziano in ogni caso alcuni punti rilevanti.

Il primo: la provincia italiana dalla quale sarebbero partite più “Armi e munizioni” verso Israele nel 2024 è stata quella di Viterbo, per quasi tre milioni di euro (2.998.139 per la precisione). Grazie a informazioni ottenute da Altreconomia tramite un accesso civico generalizzato all’Agenzia delle dogane possiamo affermare che tutto ciò che è partito da Viterbo -in una sola volta e tutto nel mese di giugno del 2024- è materiale militare.

Un dato che non ha precedenti per quel territorio e del quale abbiamo chiesto conto ai ministeri degli Esteri e della Difesa.

Quello che è emerso dal ministero della Difesa è che il materiale esportato dall’Italia erano sì spolette elettriche serie ID260 e sensori di prossimità 980 Lapf (Low altitude proximity fuze) -cioè i congegni che servono ad attivare l’accensione della carica interna esplosiva di bombe, razzi o proiettili cavi- ma che quel carico è partito dal nostro Paese con destinazione Israele per essere distrutto dalla ditta che lo ha prodotto, ovvero la Orion Advanced Systems Ltd. Ed è di per sé una notizia che l’Italia acquisti spolette di bombe dal principale fornitore dell’aeronautica israeliana.

“Da quando l’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi si recò nel 2003 a Tel Aviv e poi firmò nel giugno di quell’anno il ‘Memorandum d’intesa con Israele in materia di cooperazione nel settore militare e della difesa’, gli scambi commerciali nel settore militare tra i due Paesi hanno visto un ‘salto di qualità’ non certo positivo alla luce delle numerose risoluzioni di condanna di Israele da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite -osserva Giorgio Beretta, analista esperto dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere (Opal)-. Scoprire, come rivela questa inchiesta, che le forze armate e l’Aeronautica militare del nostro Paese hanno in dotazione bombe cosiddette ‘intelligenti’ di fabbricazione israeliana, cioè quelle bombe che hanno fatto strage della popolazione civile palestinese nella striscia di Gaza, è inquietante. Non è più accettabile che le nostre rappresentanze politiche, e soprattutto i parlamentari delle commissioni Esteri e Difesa, considerino normali i rapporti militari e finanche l’interscambio di materiali militari con uno Stato belligerante come Israele”.

La determina dell’Aeronautica militare che ha incaricato la Orion della distruzione (disposal) è pubblica ed è datata fine maggio 2023. Il decollo del materiale è avvenuto poco più di un anno dopo e la distruzione risalirebbe al mese di settembre 2024.

Altreconomia ha potuto visionare il verbale del settembre 2024 a firma proprio della Orion di avvenuta “distruzione integrale” del materiale. L’interlocutore della società israeliana è il Comando logistico -seconda divisione- del ministero della Difesa. Lo pubblichiamo di seguito.

Questa informazione trasforma perciò la graduatoria delle principali province italiane esportatrici di “Armi e munizioni” verso Israele. Tolta Viterbo, dunque, la prima diventa quella di Lecco, con 1,4 milioni di euro di materiale consegnato a Tel Aviv, seguita a distanza da Brescia (609mila euro).

Come Elisa Brunelli ha già ben documentato su Altreconomia, una delle aziende lecchesi interessate dall’export verso Tel Aviv è certamente la Fiocchi munizioni. La società ci ha confermato di aver venduto munizioni “ad esclusivo uso civile al suo unico distributore storico in Israele con regolare licenza export rilasciata dal preposto ente ministeriale”, riconoscendo però di non disporre di strumenti per il controllo della distribuzione del mercato interno israeliano e non escludendo la possibilità che le proprie munizioni possano essere vendute all’interno delle colonie illegali.

L’ultimo spunto che offrono i dati dell’Istat non riguarda tanto l’export quanto l’import di “Armi e munizioni”. Quest’ultimo valore infatti è il triplo dell’esportato: 16,8 milioni contro i 5,2 milioni detti in apertura. C’è una sola provincia a guidare con quasi il 100% del valore la classifica dei territori che avrebbero ricevuto armi e munizioni da Israele. Ed è Parma, con 16,1 milioni di euro. Ma questa è un’altra storia.

Duccio facchini

13/3/2025 https://altreconomia.it/

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