Asfalto, diossina e lacrimogeni
La sera di lunedì 12 aprile, in pieno coprifuoco, oltre 1000 agenti antisommossa con idranti e lacrimogeni hanno scortato le ruspe fino ai terreni dell’ex autoporto di San Didero, caricando il presidio No TAV che da mesi occupa quest’area boschiva per impedire la costruzione di un ulteriore ecomostro.
Da allora in questa parte della Valsusa vige un sostanziale stato d’assedio, con una massiccia presenza poliziesca che in questi giorni si è distinta per le cariche sui manifestanti, l’uso dei gas fin dentro il paese di San Didero, l’incendio di una macchina di una attivista No TAV, lo spargimento nei campi di cartucce di lacrimogeni inesplose, lo schieramento di truppe per impedire l’apertura del mercato cittadino.
Fino ad oggi, quando un lacrimogeno sparato ad altezza d’uomo ha colpito in faccia Giovanna, militante No TAV, ferendola gravemente.
A cosa è dovuta tanta violenza?
Quale progettualità, quale visione di “progresso” e di futuro devono difendere contro gli abitanti della Valsusa ?
Il progetto di Sitaf1 e Telt2 prevede la costruzione in quell’area di un nuovo autoporto, cioè un parcheggio per autoveicoli ed autotreni la cui funzione dovrebbe essere quella di agevolare le operazioni di controllo della dogana alla frontiera senza intralciare il traffico stradale.
Nuovo autoporto che è parte di un sistema integrato di devastazioni ambientali, speculazioni e sperpero di denaro pubblico, articolato come segue:
1) smantellamento dell’attuale, e
funzionante, autoporto di Susa, da sostituire con quello di San Didero,
con relativo spostamento della struttura a servizio del posto di
frontiera a circa 56 km dalla frontiera stessa.
2) avviamento, nell’area dell’attuale autoporto di Susa, del progetto
megalitico di costruzione della stazione internazionale dell’Alta
Velocità e, pare, di un deposito dello smarino, cioè dei materiali di
risulta derivati dagli scavi del tunnel di base del TAV, non
propriamente salubri.
3) asfaltatura e cementificazione di 68.000 mq di prati, nel contesto di
un’area boschiva al confine tra i territori di San Didero, Bruzzolo e
Borgone, dove è previsto il nuovo autoporto. L’area è limitrofa alla
zona industriale dove ha operato per decenni l’ex fonderia Beltrame,
contaminando i suoli della zona con diossina e PCB. Inquinamento ben
noto3 e rilevato dall’ARPA Piemonte, che verrà riportato in superficie dal movimento terra del nuovo cantiere.
L’area prescelta è già stata oggetto negli anni ’70 di un progetto
speculativo per la costruzione di un autoporto, quasi completato e poi
abbandonato, di cui rimangono le strutture, saccheggiate e nude, che
verranno demolite per far posto a un maxi parcheggio per i tir,
distributori di benzina, un’area commerciale/ristorazione, cabine
elettriche, uno svincolo autostradale sopraelevato, e in mezzo a tutto
questo, dulcis in fundo … un’area bimbi (!!!)
Il costo previsto per l’opera (per ora) è di 55 milioni di € di cui 5 per la “security”.
Il tutto per conseguire, come risultato finale, l’impatto di un continuo
traffico di camion su un’area abitata, già colpita dagli effetti
dell’inquinamento dell’acciaieria Beltrame (chiusa nel 2014) e dalle
discariche abusive di rifiuti tossici, come sintetizzato in questa breve
cronologia:
Nel 2003, dopo decenni di denunce sull’inquinamento della Beltrame da parte della popolazione, i campionamenti dell’ARPA
sui suoli di vari paesi della Valle riscontrarono 43 casi (su 45
campioni) di superamento dei limiti dei policlorobifenili (PCB) e due
per la diossina (PCDDF).
Nel 2004 a San Didero venne scoperta, nell’area dell’ex autoporto, una discarica abusiva di fusti di olii esausti, sepolti sotto terra e massi. Vennero identificati i responsabili ma il processo finì in prescrizione.
Nel 2005 vennero pubblicati su La Stampa i dati sulla mortalità a San
Didero, superiore alla media nazionale per tumori allo stomaco e alla
laringe.
Lo stesso anno, la fusione accidentale
di una sorgente di Cesio-137 nella Beltrame, portò alla contaminazione
del sito produttivo, poi bonificato con l’asportazione di 400 fusti di
polveri radioattive.
Sempre nel 2005, la scoperta di livelli oltre il limite di diossina e policlorobifenili nei campioni di latte e carne
provenienti da allevatori della zona, portò al blocco delle attività di
sei allevamenti. Ne seguirono indagini sull’inquinamento dei foraggi
utilizzati e sui terreni di provenienza.
Una ricerca del 2007 definì come segue le mappe della contaminazione,
concentrata particolarmente nell’area della Beltrame e limitrofe.
Vale a dire la zona dove è previsto il nuovo autoporto.
Ora la prospettiva è quella di seppellire tutto sotto 68.000 mq di
asfalto, conformemente ad una lunga tradizione di “bonifiche” tombali
all’italiana.
Non male come esordio dell’era della “transizione ecologica” !
Per approfondire si rimanda alla lettura del dossier:
San Didero: La minaccia del nuovo autoporto
Movimento No TAV
2021 pp.12
NOTE:
1 Società Italiana per il Traforo Autostradale del Frejus.
2 Tunnel Euralpin Lyon Turin.
3 Massimiliano Borgia, Quanti veleni nei terreni della Valsusa, in “Luna Nuova”, n. 68, 24 settembre 2004. Giuseppe Ru, Elisa Baioni, Rosanna Desiato, La contaminazione della catena alimentare nei siti contaminati piemontesi, in “Sorveglianza e monitoraggio delle popolazioni residenti in siti contaminati”, Torino, 10 novembre 2011.
18/4/2021 https://ecor.network
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!