Assalto a San Lorenzo. Una storia dimenticata

Giovedì 9 maggio alle ore 18, presso il centro Giorgio Costa di Bologna (Via Azzo Gardino 48), Il manifesto in rete presenta “L’assalto a San Lorenzo. La prima strage del fascismo al potere” di Gabriele Polo (Donzelli, 2024). Ne discutono assieme all’autore Mauria Bergonzoni (ANPI Bologna), Valerio Monteventi e Sergio Caserta (Il manifesto in rete). Al termine una cena per sostenere l’associazione; ci si può prenotare via mail ilmanifestoinrete@gmail.com o telefonicamente, Sergio 3490886312. Vi proponiamo qui di seguito un’introduzione al libro, firmata da Silvia R. Lolli.

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“Che siano sette, otto, nove tredici, i morti di San Lorenzo rimangono comunque dei semplici ‘numeri’, senza storia e senza possibilità di memoria. Senza riconoscimento pubblico, verità o ricordo: non meritano nemmeno una piccola targa, nel paese che con le lapidi assolve le responsabilità e anestetizza il dolore. Vittime minori e innominate, ‘figli di nessuno’. Ma proprio per questo esemplari-con la loro vicenda e al pari dei loro carnefici-di una storia con cui non si è voluto mai davvero fare i conti. Una ‘strage’ nella strage, quella della memoria, a lungo andare forse persino più grave.” 

È una delle riflessioni di Gabriele Polo nell’avvincente e tragico racconto Assalto a San Lorenzo. La prima strage del fascismo al potere (Donzelli). Un libro ben scritto, nel quale la narrazione dell’evento intreccia la storia di una comunità che ancora resiste all’avanzata del fascismo, alla stessa marcia su Roma avvenuta due giorni prima di questo crimine che rimarrà impunito, come molti altri già accaduti nel Nord Italia. Le falangi armate dei fasci di combattimento hanno permesso con facilità l’avvicinamento al potere reale e parlamentare di un Mussolini che così il 30 ottobre 1922 può entrare indisturbato a Roma e farsi nominare dal re capo del Governo; è lo stesso giorno dell’assalto al quartiere San Lorenzo. 

Si narra una storia che è la Storia di questi anni turbolenti causati da un dopo guerra difficile in cui il fragilissimo potere parlamentare liberale, con l’insufficiente tutela democratica della corona, lascia mano libera agli scontri armati: anche qui l’esercito interviene, sempre dopo i fatti criminali. Pochi però conoscono l’assalto a S. Lorenzo; il ministero dell’interno e l’esercito lasciano attaccare cittadini che hanno solo la colpa di vivere in una comunità emarginata dai borghesi romani, territorialmente chiusa verso il centro città, ma che resiste al “nuovo” che si è manifestato a Roma con la marcia del 28 ottobre.  

Solo dopo gli scontri fra opposte fazioni, l’esercito interviene, non per fermare la falange di Gino Calza Bini che interrompe senza motivo il passaggio delle camicie nere di Bottai, ma per rastrellare i cittadini che si erano difesi da più attacchi nella giornata e in modo impari, perché con armi meno distruttive o senza armi: morti o feriti solo perché affacciati alle finestre o sulle porte di casa. Polo ricerca e scrive la storia e dà un nome a cittadini auspicanti un mondo diverso da quello che stava arrivando: sono residenti nella zona attigua alla stazione centrale e la loro lotta solitaria viene interrotta. Continuano a rimanere ai margini; riprenderanno un po’ la forza per r-esistere per esempio quando durante la Resistenza il quartiere diventa base logistica ai gruppi gap. Il 30 ottobre 1922 però i suoi abitanti vengono silenziati: molti sono imprigionati e portati al confino, altri rimangono silenti, ma forse non sono del tutto calpestati: una minoranza silenziata nel ventennio? Polo fa memoria, ridà identità a morti dimenticati, quasi senza nome. Come ci ricorda nel libro sono stati dimenticati, se non da Elsa Morante e da alcuni storici: Giorgio Amendola, Paolo Spriano e Gianpasquale Santomassimo; quest’ultimo racconta il fatto perché rilegge il rapporto del generale dell’esercito regio Pugliese scritto nel 1946 con le sue memorie, forse per discolparsi? 

C’è qui “Il dovere della memoria”, così Edith Bruck titola la postfazione: grazie a Polo ricorda l’esperienza condivisa con la sorella al campo di concentramento di Dachau e ripensa a tutti coloro che in campo di concentramento non sono mai stati identificati: sono morti senza memoria, senza storia, dimenticati come persone, come identità. Al Verano i morti di S. Lorenzo anche oggi non hanno nessuna targa che li ricorda. I titoli dei capitoli VI e VII sono eloquenti: “Una pietra sopra”, “Senza memoria”. Il libro è dunque una riflessione sempre attuale, anche oggi, per il domani. Allora la funzione dell’esercito, cioè dello Stato liberale, fu quella di mettere subito una pietra sopra ai cadaveri, l’ordine: evitare assembramenti, quindi i funerali. C’era la paura che si potesse continuare o estendere la battaglia urbana e per la “marcia trionfale” delle camicie nere alla presenza di un sopraggiunto Mussolini non era auspicabile! Si cominciò da lì a vietare la libertà, di parola, di pensiero, di riunione… 

Vietare i funerali, accelerare le sepolture, così è più facile cancellare, far perdere la memoria. Storicamente poi arriva l’aiuto dell’amnistia per tutti i criminali fascisti stabilita non solo con le sentenze dei tribunali per insufficienza di prove (per questo assalto è avvenuta a luglio del 1923), ma con l’amnistia decisa dallo stesso Mussolini (il re gli dà l’incarico per formare un nuovo Governo il 30 ottobre) e firmato dal guardasigilli Oviglio il 23 dicembre 1922: vera “pietra tombale” per i crimini commessi fra il 1920 e il 1922. La giustizia per le vittime resta impunita: “La cancellazione giuridica sigilla quella politica…” scrive Gabriele Polo. 

Oggi è bene continuare ad ampliare le ricerche storiche, per non accettare passivamente revisionismi o riletture errate della Storia, ma proprio per riconoscere il valore civile e politico di chi è morto per mano criminale di facinorosi di chi chiedeva di vivere democraticamente e si è posto fin da subito contro il fascismo prima e il nazifascismo poi in Italia e nel mondo. 

Ridare valore alla nostra memoria, gli alti i valori della Costituzione Italiana che assegnano per esempio alla scuola statale la fondamentale funzione di essere la sede prioritaria del principio universalistico dell’istruzione per tutti. Solo così si può elevare la qualità di ogni persona, di ogni lavoratore e lavoratrice e può farsi “vigile nella possibile notte”, affinché le libertà (artt. 13-21 Cost. e soprattutto 48) siano fatte rispettare sempre da qualsiasi parlamento, che dovrebbe rimanere il solo organo istituzionale a dare voce alla sovranità popolare (art. 1 Cost.). Certamente il 9 maggio si dialogherà della memoria nei suoi tanti significati. 

Silvia R. Lolli

2/5/2024 https://www.ilmanifestoinrete.it/

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