Autocritica: questa sconosciuta

L’educazione che ho ricevuto in famiglia, e dai tanti compagni, mi ha insegnato in primis la sensibilità e l’amore per la cultura, e crescendo ho capito e condiviso i concetti di etica, uguaglianza, diritto, e di conseguenza il socialismo, il comunismo e l’anarchia. Ed anche il femminismo che è forse il tassello più importante e difficile.
É il femminismo che mi ha insegnato, come uomo, a mettermi in discussione e lavorare sul mio lato inconscio.
Non ancora in età adulta mi chiedevo come fosse possibile che così tanti esseri umani non capissero l’importanza dei diritti civili, della non-violenza, della sensibilità, e di conseguenza dell’ideologia. E cercavo risposte e soprattutto soluzioni. Cercavo nella storia, nel conflitto e nella tattica, nella psicologia, e persino in marketing e informatica.
Col passare degli anni l’incapacità di trovare risposte mi ha frustrato e non poco. Ero diventato senza accorgermene una persona stanca e nervosa, troppo presa dai suoi studi per accorgermi dei miei difetti, le incoerenze, le insensibilità verso gli altri.
Gli accadimenti della vita poi, angoscianti e dolorosi, ed i tanti ricoveri ospedalieri, mi avevano reso adulto annebbiando definitivamente la sensibilità infantile, quella empatica, retaggio del gene femminile che tutti noi portiamo dentro anche quando la atrofiziamo.
Il colpo di grazia mi fu dato da una sfortunata serie di errori gravi ed imperdonabili tanto da mettere in discussione la mia stessa etica. Non ero ciò che volevo essere, non ero stato in grado di diventare la persona etica che volevo.
Ma se lo volevo, perché non ci ero riuscito? Dopo tanto impegno com’era possibile che fossi diventato proprio una di quelle persone che criticavo? Questa fu la domanda scatenante. Una domanda che riuscì a farmi solo grazie agli insegnamenti femministi.
Per chiarire il concetto userò un esempio che non mi riguarda ma che rende più facilmente l’idea:
Quando si ha di fronte un uomo violento, è evidente che, tra le altre cose, si cerchi di fargli cambiare comportamento.
Ma un uomo violento, per cambiare deve essere in grado di mettere in discussione sė stesso nel profondo, lavorare sul proprio inconscio per cambiare il proprio istinto. È un lavoro enorme e difficile. Non è solo questione di ideali accademici, lavorare dentro di sé è massacrante.
E questo lavoro richiede come presupposto fondamentale la capacità non solo analitica ma empatica, ed il coraggio di osservarsi in terza persona, cioè in modo distaccato, ed avere il coraggio di criticarsi in modo severo. Persino insultarsi da soli, con coraggio. Talvolta farsi schifo. Con obiettività. Con serenità.
Non perché si faccia davvero cosí schifo dato che il solo porsi il problema ci scagiona in gran parte, ma per allenare la capacità di restare lucidi, obiettivi.
Serve a capire che il sentirsi offesi di qualcosa o da qualcuno, sentirsi offesi in senso lato, è un atteggiamento stupido che denota insicurezza interiore.
Se vi sembra un discorso banale provate a metterlo in pratica adesso, provate per un attimo a pensare a voi stessi nel modo peggiore possibile. Ogni difetto, ogni errore, vizio, abitudine. Criticate tutto con forza e cercate di correggere almeno i punti più gravi. Non è facile.
È un percorso infinito che comprende non solo la persona ma l’intera specie umana. La nostra futura evoluzione, se ci sarà, puó passare solo da qui.
Se vogliamo che una persona violenta sia in grado di mettersi in discussione, dobbiamo dare un esempio esplicito, scioccante, stupefacente.
E se vogliamo ritrovare certezza della nostra ideologia dopo più di un secolo di ruggine, dobbiamo cominciare prima da noi stessi. Solo criticandosi da soli, solo buttando a mare ogni certezza e ricostruendola da zero, potremmo capire quali siano le vere certezze, il giusto percorso in epoca contemporanea ed affermare le nostre idee.
Non che ritenga sbagliata l’ideologia comunista, anzi oggi piú di prima sono certo della sua giustezza. Il punto é che solo chi ha coltivato questa idea puó essere in grado di dare un esempio cosí forte.
Solo oggi, dopo aver rimesso in discussione tutto me stesso e ciò in cui credevo, riesco davvero ad essere certo delle miei idee, solo adesso sento davvero mia quell’ideologia di uguaglianza che ho appreso in tanti anni. Oggi più di prima la mia ideologia anarco-comunista, il mio ateismo, il mio pacifismo, sono davvero consapevoli. Ne sono usciti rafforzati.
E lo devo al femminismo. Alle donne che mi hanno dato un esempio di insicurezza, di emotività, che un tempo credevo fossero difetti.
Noi compagni che abbiamo abbracciato quella che, secondo me, è l’unica ideologia sensata di evoluzione della specie, per quanto certi delle nostre idee solo noi possiamo dare un esempio di autocritica e crescita alle nuove generazioni. Un esempio di quale sia il meccanismo mentale per mettersi in discussione accettando anche la più feroce delle critiche, ma di buon grado e con serenità (senza per questo distrarsi dagli obiettivi). É anche un metodo per resistere a quelle tecniche di propaganda confusionaria che oggi chiamano fake news.
Sono sempre più convinto che serva un’ora curricolare fin dalle scuole primarie, per insegnare come si possa lavorare dentro il proprio inconscio. Sarebbe istruttivo anche per gli insegnanti stessi ma ben sapendo che ci é impossibile intervenire sui meccanismi scolastici, penso che lo si debba fare cominciando dalla politica.
Solo noi possiamo dare una spinta evolutiva all’intelletto. E credo che sia l’unica strada percorribile per sfuggire all’imbarbarimento ciclico che ci affligge da millenni e che sta per prendere il sopravvento.

Delfo Burroni

Tortona 25/7/2020

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