Autonomia differenziata: cronaca dalle Regioni a Statuto Speciale

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Dal 2 febbraio 2023, in cui il Consiglio dei Ministri ha approvato il ddl Calderoli sull’Autonomia differenziata, anche la politica regionale di Sardegna, Sicilia, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Trento e Bolzano ha cominciato a interrogarsi in modo più esplicito su ciò che accadrà alle Regioni/Province autonome dotate di Statuto Speciale. E su ciò che accadrà al Paese intero.

Le Regioni a Statuto Speciale sono tutte periferiche e, pur con accenti molto diversi, le loro classi politiche, rivendicando la specialità, mostrano una certa insofferenza verso il loro essere ancora agganciate ad un centro, percepito come colonizzatore o padre padrone soprattutto da alcune forze autonomiste presenti in queste Regioni. E soprattutto distante e burocrate, quando non esplicitamente sottrattore di denari spettanti a quella specifica Regione. Sta nella loro storia: Trento e Bolzano sono state dichiarate costituzionalmente speciali per il loro legame con l’Austria, per ragioni linguistico-culturali e per il mai sopito senso di rivalsa verso l’italianizzazione operata dal fascismo; la Valle d’Aosta per il francese, il Friuli Venezia Giulia (Regione dove risiede chi scrive) per la questione del Confine orientale, le contese territoriali, il vicino “comunismo”, la necessità di sviluppo; la Sicilia per l’afflato indipendentista; la Sardegna per il sottosviluppo.

La Specialità consente loro di legiferare in proprio su una serie di materie e di ricavare le risorse necessarie trattenendo sul territorio una serie di tasse, altrove percepite dallo Stato, che poi ha il compito di redistribuirle nel Paese. Per esempio la Valle d’Aosta trattiene il 100% di IRPEF, IRES, IVA, Accise carburanti; le Province autonome di Trento e Bolzano il 90% di tutto (tranne IVA 80), le altre un po’ meno. Valle d’Aosta, Trento e Bolzano si pagano anche l’Istruzione, che è totalmente regionalizzata, e con stipendi del personale ben più alti rispetto alle altre Regioni. Tutte si pagano la Salute, come d’altronde le Regioni ordinarie, tuttavia non sono in genere un modello della sua buona gestione: su sei, quattro (Valle d’Aosta, Bolzano, Sicilia e Sardegna) non garantiscono livelli minimi nell’intera terna costituita da prevenzione, assistenza distrettuale, assistenza ospedaliera, e questo secondo la Griglia LEA, strumento ministeriale di monitoraggio (riportato nel rapporto 2010-2019 della Fondazione GIMBE); anche il Friuli Venezia Giulia, che sulla carta sembra garantirli, non vive una situazione sanitaria migliore, con pronto soccorso in difficoltà, liste d’attesa improponibili, Sindacati Medici che denunciano la situazione, Comitati di cittadine/i a difesa della Sanità Pubblica in continua agitazione. Le Regioni ad Autonomia differenziata le dovrebbero imitare e superare ampliandone i poteri. Ma con quali soldi? Detto in breve: lo Stato perderà i soldi che le Regioni ricche tratterranno sul proprio territorio e che distribuiranno secondo quanto le lobby politico-economiche decideranno di fare, elemosinando comunque allo Stato quanto non coperto (le privatizzazioni che ne conseguiranno si abbatteranno anche in queste regioni sui ceti meno abbienti), le Regioni con minor capienza fiscale precipiteranno perché lo Stato, richiedendo la spesa invariata per le proprie casse come da ddl Calderoli, non sarà in grado di gestire il tutto.

In Sicilia i partiti più rappresentati in Consiglio sono FdI, FI, PD e M5S, quindi partiti nazionali, contrariamente a quanto accade nelle altre speciali dove dominano liste civiche e/o autonomiste, tranne in Friuli Venezia Giulia. Il Presidente Schifani sostiene il ddl Calderoli: è un vantaggio quindi che ogni Regione si gestisca la propria scuola, la propria salute, le proprie tutele del lavoro, la propria energia, le proprie infrastrutture, insomma faccia Stato in sé. Ma come potrà farlo, visto che già ora non ci riesce?

La risposta è standard, da copione diffuso in tutte le Regioni speciali: la colpa è, sempre, dello Stato che non ha mai concesso la piena attuazione della specialità: tradotto significa chiedere con l’occasione ulteriori competenze, per non essere da meno delle future Regioni differenziate. Significa soprattutto attribuire la mancata realizzazione di buone politiche per il territorio al non avere le mani libere, al non avere abbastanza competenze per potersi chiamare specialità. Insomma uno scaricabarile che glissa sia sull’incapacità della classe politica espressa dalla Regione sia sul fatto, dimostrato dalle Regioni stesse, che avere più potere, e senza contrappesi, alimenti soltanto, indipendentemente da chi ha le redini in mano, una rete di rapporti lobbistici di mescolanza pubblico privato che mira alle privatizzazioni dei servizi, al consenso elettorale, al controllo del territorio. Significa infilarsi in quel meccanismo competitivo tra Regioni aperto dal vaso di Pandora dell’autonomia differenziata, che porterà a diritti al ribasso, a privilegi in aumento, a Regioni che scaveranno abissi tra di loro, a nuove povertà. Insistono infatti proprio su questi pericoli le forze sindacali, politiche, associative che in Regione si oppongono con forza al progetto Calderoli. Si sono tenute in questi mesi decine di manifestazioni.

A Palermo a giugno davanti all’Ospedale Civico CGIL, UIL e altre forze hanno organizzato una raccolta firme perché Schifani ritiri l’appoggio al ddl Calderoli. I Comitati per il ritiro di ogni Autonomia differenziata sono vivi e attivi nell’isola: Catania, Messina, Caltanissetta sono esempi di luoghi dove è stata espressa, assieme a forze come ANPI, PRC, USB, PMLI, realtà e movimenti sociali del territorio, una contrarietà assoluta ad ogni declinazione dell’autonomia differenziata, anche quella soft promossa dalla LIP di Villone, come riferisce Mimmo Cosentino, Segretario regionale di PRC. Si sono svolte sul tema iniziative nelle scuole, nelle piazze. Sono intervenute voci che il tema lo studiano da anni, come Marina Boscaino, portavoce nazionale dei comitati contro ogni AD, o Simona Suriano, ex Parlamentare di Manifesta, che concorda sulla linea oppositiva detta.

Con infrastrutture cronicamente inadeguate, con una viabilità lenta e compromessa, con una scuola a una forte dispersione, sempre carente di organico, e dalle strutture inidonee per la sicurezza e per il tempo scuola, l’Autonomia differenziata peggiorerà una situazione già compromessa. La popolazione siciliana lo sa, chi non lo sa (o forse lo sa troppo bene) è chi ne tiene le redini. Schifani attende, così ha dichiarato, anche se aderisce. L’autonomia differenziata però, partita non potrà tornare indietro.

Anche la Regione Sardegna, a guida il Presidente Christian Solinas (Segretario Regionale del Partito

Sardo d’Azione), ha dato il suo assenso al ddl Calderoli tramite l’Assessore Carlo Doria in Conferenza delle Regioni. Si attribuisce a Calderoli il pregio di essere stato capace di “riaccendere l’attenzione sul tema”, di aver risvegliato la politica sarda (quindi dormiva?), che finalmente si farà avanti a chiedere ciò che le spetta vista la specialità: stesso format di cui sopra (tutti rivendicano per sè), sostenuto dallo stesso Calderoli durante il suo recente passaggio in Sardegna.

Alla Sardegna, garantisce, “non sarà portato via neanche un euro di contributo statale”, è lì per “rassicurare e spronare a chiedere” (La nuova Sardegna maggio 2023). Sa bene Calderoli di giocare in casa da quando la Regione è diventata un feudo leghista (Lega Salvini Sardegna, Partito Sardo d’Azione, PD e M5S hanno circa lo stesso numero di seggi nel Consiglio, presieduto dal leghista Michele Pais). Vedremo: l’opposizione non ci sta, cittadini e cittadine nemmeno, gli “appetiti secessionisti della Lega” portati in Sardegna non piacciono.

Ad attendere Calderoli c’è un sit-in promosso dal Comitato contro l’autonomia differenziata nato due mesi prima a Terralba (Oristano) dalle relazioni di Mario Arca (Demos), Carla Cossu (ANPI Oristano) e Andrea Pubusa, già docente di Diritto amministativo. È quest’ultimo a sintetizzare le ragioni del comitato, cui si sono uniti diversi rappresentanti degli Enti locali: “Se le tre regioni del nord che lo hanno richiesto avranno le 23 competenze in ballo, avranno anche le risorse relative, che anziché confluire allo Stato ed essere redistribuite, resteranno in capo a quelle regioni. È ovvio che ci sarà un calo delle risorse per i servizi sociali e per l’occupazione” (ANSA). La stessa democrazia è in pericolo: non vi è stato alcun passaggio in Consiglio regionale su questa decisione, il Parlamento è imbavagliato e si vogliono “imporre decisioni locali” con ricaduta su tutto il Paese (infatti la realizzazione del piano avverrà per accordi bilaterali Stato/Regione che però avranno conseguenze su tutti i territori). In Consiglio regionale una serie di Partiti (PD, M5S, Progressisti, AVS) ha chiesto per queste ragioni le dimissioni del Presidente perché la partita è cruciale, il danno gravissimo per la Sardegna e per l’Italia. Questo in sintesi il dibattito sardo. L’insularità in Costituzione (Legge costituzionale 7 novembre 2022 n.2) in questo momento appare una beffa, una promessa che appare uno specchietto per le allodole, approvata proprio per mettere a tacere le opposizioni al progetto di Regionalismo che puntualmente sono arrivate da Sicilia e Sardegna.

A Nord Ovest: la Valle d’Aosta è l’unica Regione a guida “centro-sinistra” che dà il proprio placet all’Autonomia differenziata. Sotto il grande ombrello dell’autonomia si è fatto il bello e il cattivo tempo: tra Uffici pubblici della Regione e dello Stato, i dipendenti regionali sono più numerosi del Piemonte che ha un numero di abitanti 50 volte superiore. Stiamo parlando di una Regione non semplice, con un potere politico ramificato nel territorio e una forte connessione pubblico-privato con denaro pubblico, in cui i soldi delle tasse ricadono in misura quasi totale nella Regione.

Da vari punti di vista si può assumere a simbolo di che cosa un regionalismo differenziato possa essere. Infatti il dossier giornalistico di Repubblica (ottobre 2017) intitolato “Sprechi, scandali, privilegi l’autonomia senza limiti che regna in Valle d’Aosta” tratteggia un’immagine non lusinghiera di come possano essere utilizzati i soldi pubblici quando gestiti in modo esclusivo nelle Regioni, in assenza di contrappesi: vari esempi di “malagestione al riparo della specialità”, spesa pro-capite per il personale amministrativo seconda solo a Trento e Bolzano. Tuttavia il quadro così sintetizzato non riassume affatto la vitalità politica dell’universo valdostano e la sua attenzione ai diritti per tutte e tutti.

La denuncia di Daria Pulz, Consigliera regionale in pieno Covid nel luglio 2020, riguardo alla pericolosa arbitrarietà dei rapporti Regione/Comuni, è un esempio particolare ma chiarissimo della condotta possibile di una Regione: “Una maggioranza arrogante, malgrado non abbia più i numeri per sostenere le sue ambigue posizioni, decide di assegnare 300.000 euro a ogni Comune valdostano senza distinzioni. Ma i giochi vengono sparigliati da Lega e satelliti che propongono di dare i soldi solo ai Comuni bravi”. È sempre il movimento ADU VDA (Ambiente Diritti Uguaglianza Val d’Aosta), da lei co-fondato nel 2019, a criticare l’appiattimento sulla linea di Bolzano della Regione Val d’Aosta dopo che essa ha espresso parere favorevole al ddl Calderoli: “L’egoismo e l’indifferenza sono diventati il carattere fondante dell’autonomismo. Senza una Repubblica giusta, nemmeno la Vallée può prosperare. Più autonomia rischia di trasformare le comunità in feudi di piccoli boss. In una Repubblica già divisa da disuguaglianze profondissime la priorità non è acuire le differenze ma impegnarsi a ricostruire un po’ di uguaglianza”. Un limpidissimo manifesto che chiama ad opporsi al ddl Calderoli.

È proprio l’appena citata Bolzano, assieme alla Provincia autonoma di Trento, ad essere dei privilegi regionali la prima detentrice e la musa ispiratrice. 35 consiglieri ciascuna (come in Valle d’Aosta), a formare i 70 che decidono le sorti delle due Province costituzionalmente autonome. L’elenco delle formazioni politiche è lungo e variegato (democrazia o difesa dei propri feudi?): a dominare a Bolzano il Partito SVP, storica formazione di origine antifascista e antinazista, a lungo alleata con il PD ma in questi anni transitata al centro-destra attraverso la vicinanza alla Lega. Esprime sia la maggioranza dei sindaci della Provincia di Bolzano sia il suo Presidente Arno Kompatscher, sostenitore dell’Autonomia differenziata.

La breve scelta dei dati che seguono viene assunta dal Dossier (DATAROOM del Corriere marzo 2023) di Milena Gabanelli e Simona Ravizza “Regioni a Statuto speciale, ecco i privilegi: perché sono a spese di tutti noi”, in cui si conclude che, riguardo alle Regioni speciali (e nel futuro quelle differenziate), lo Stato non ha spese minori e le Regioni speciali hanno il doppio delle risorse. I Dirigenti scolastici hanno uno stipendio lordo a Trento di 99.656, contro i 63.000 di Vicenza con stessa anzianità di servizio, i Consiglieri regionali in Trentino Alto Adige hanno indennità mensile e rimborso forfettario pari a 10.500 euro più indennità di funzione 3.255 euro, vicina a Sicilia e Sardegna ma lontanissima dalle altre Regioni d’Italia. Replica al Dossier Ugo Rossi, ex Presidente della Provincia di Trento: “La nostra autonomia viene usata per demolire l’autonomia differenziata, serve una strategia di difesa”. La linea è questa: l’autonomia differenziata è un progetto positivo, tuttavia sono molti i rischi che le regioni speciali corrono, di venire intaccate perdendo le risorse di cui hanno goduto finora, di essere superate dalle regioni differenziate diventandone poi satelliti (una delle paure del Friuli Venezia Giulia riguardo al Veneto), di essere prese di mira come cattivi modelli. Rincara Arno Kompatscher come nelle altre Regioni speciali: “Con l’autonomia differenziata potremmo chiedere nuove competenze”. Non si hanno notizie di comitati che si oppongano, tuttavia la sinistra-sinistra presente nelle Province sostiene con pragmatismo di voler “utilizzare le prerogative dell’autonomia per il bene comune e non più per gli interessi di pochi” (Il Dolomiti aprile 2023).

Spiace citare Giancarlo Galan, viste le vicende giudiziarie legate alla sua non specchiata vita politica, tuttavia è significativa, circa il meccanismo competitivo promosso dall’Autonomia differenziata, una sua nota sul Giornale del lontano 2005, in cui promette di denunciare il Governo italiano alla UE circa i privilegi di Trento e Bolzano. “Voglio sapere se i privilegi di Trento e Bolzano sono legittimi. Se sì, li voglio anch’io con la fusione delle due Regioni Veneto e TAA. Con le stesse regole tributarie, il Veneto avrebbe un bilancio di 26 miliardi di euro, anziché 7”. Galan non ce l’ha con tutti, riconosce l’insularità di Sicilia e Sardegna, la particolarità della Val d’Aosta ed i pregi della Regione Friuli Venezia Giulia: il suo intervento non è qualunquista né una sparata che segue gli umori della strada. Letto oggi, esprime l’anima rivendicativa su cui l’autonomia differenziata soffia.

Friuli Venezia Giulia in breve. Il leghista Massimiliano Fedriga è Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia. È al secondo mandato, sfidato quest’anno da una coalizione di centrosinistra con Candidato Presidente Massimo Moretuzzo, Patto per l’autonomia, coalizione che ha perso alla grande. Entrambi gli autonomismi, quello del Patto e quello leghista, si nutrono nelle acque di un pericoloso identitarismo, quando non dell’egoismo regionale, più o meno mascherato. Entrambi vorrebbero partecipare al mercato delle competenze aperto dall’autonomia differenziata. Dice Moretuzzo (7 luglio 2023 FriuliSera): “Guardiamo con favore a una riforma delle autonomie locali in senso regionalista, ma siamo consapevoli del fatto che da questa riforma il FVG potrebbe non uscirne bene. La nostra Regione sarà “superata” da quelle ordinarie se non saprà approfittare di tutti gli spazi di manovra che lo statuto ci concede […] La specialità è lo strumento per fare prima e meglio dello Stato”.

Manifesto chiarissimo. A entrambi interessa inoltre la Scuola, come d’altronde a una larghissima fetta del Consiglio Regionale: è pronto da anni un progetto. Obiettivo, staccarsi da Roma, affidando la scuola in esclusiva al potere politico di turno, che regionalizzerà insegnanti, programmi, indirizzi. Da parte destro- leghista si potrà smantellare definitivamente la storia della forte Resistenza regionale, assieme ai valori costituzionali che hanno finora tenuto unite le persone che in FVG risiedono, quelli della pace e dell’accoglienza in particolare. In Regione lavorano però movimenti, forze sociali, Partiti politici e forze sindacali, ANPI, il Comitato FVG per il ritiro di ogni autonomia differenziata, Reti di Donne, che si oppongono all’Autonomia differenziata e allo snaturamento dei Princìpi costituzionali e della Scuola della Repubblica.

Dianella Pez

Comitato NO AD Udine

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