AUTONOMIA DIFFERENZIATA DELLE REGIONI E DEBITO PUBBLICO

L’Autonomia Differenziata delle Regioni sembra aver ricevuto con il Decreto Calderoli un’accelerazione enorme, che in base al patto di Governo dovrebbe rappresentare la contropartita offerta da Fratelli d’Italia alla Lega Nord, in cambio di un sostegno di quest’ultima formazione politica al progetto del Premierato, tanto caro alla Meloni.

Un’accelerazione che, complice il Presidente La Russa, in barba al Regolamento del Senato ha finito per relegare in secondo piano una Legge costituzionale ad Iniziativa Popolare, che, sostenuta dai Sindacati della scuola e da migliaia di cittadini, aveva catalizzato 106mila firme per modificare gli artt.106 e 107 della Costituzione e rendere così meno devastante l’autonomia differenziata delle Regioni.

Pur essendo la discussione della L.I.P. logicamente prioritaria rispetto alla discussione del Decreto Calderoli, si sta assistendo ad un’inversione di priorità e di discussione che avremo modo di verificare a breve, quando i due provvedimenti saranno portati alla discussione collegiale nell’aula del Senato, dove potrà e dovrà essere pubblicamente controllato il comportamento di ogni Senatore ed in special modo di quelli eletti nel Meridione, a qualsiasi schieramento appartengano.

Infatti, la questione dell’Autonomia Differenziata non si è conformata finora alla tifoseria “destra/sinistra” oppure “maggioranza/opposizione”, ma si è uniformata alla logica liberista, ormai dominante, che “chi più ha, più deve avere”, cambiando ruoli a seconda dei Governi che si sono succeduti, ma sempre negando i principi di uguaglianza, solidarietà sociale ed indivisibilità nazionale contenuti nella Carta Costituzionale.

Allo stato attuale tre Regioni, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, hanno già stipulato dal 2018 con il Governo Gentiloni, all’epoca già dimissionato, accordi per ottenere potestà legislativa su quasi tutte le materie previste in Costituzione e di conseguenza le risorse finanziarie ad esse materie connesse. 

Non è affatto improbabile, anzi è quasi sicuro, che dopo l’approvazione del Decreto Calderoli si avvii la corsa alla richiesta dell’autonomia differenziata anche da parte di molte altre Regioni, segnatamente quelle del Nord in gran parte governate dal centro-destra, ma lo ha preannunciato anche la Toscana, attualmente governata dal centro-sinistra.

Se tanti saranno gli effetti nefasti dell’Autonomia Differenziata delle Regioni, una conseguenza certa sarà la perdita progressiva di importanza del nostro Parlamento Nazionale, deprivato progressivamente di materie su cui legiferare, unitamente ad una progressiva disgregazione del nostro Paese ed una sua regressione a condizioni simili a quelle preesistenti al processo unitario realizzatosi nel XIX secolo. 

Ma una questione a me sembra essere poco considerata, nonostante la potenzialità disgregatrice che potrebbe mettere in campo nei confronti di ciò che resterebbe dello Stano Nazionale, una volta che fosse portato alle estreme conseguenze il processo dell’Autonomia regionale.

Mi riferisco al Debito Pubblico .

A Dicembre 2022 l’Italia aveva un debito pubblico cumulato di circa 2.762 miliardi di euro, pari a circa il 145% del PIL italiano, che nel 2022 è stato di poco più di 1.909 miliardi di euro correnti. I parametri fissati in Europa prevedono un rapporto Debito/PIL del 60% ed ora si stanno discutendo i nuovi parametri a cui dovrà uniformarsi il nuovo Patto di Stabilità. 

Il 2022 ha segnato un aumento del PIL del 6,8% rispetto all’anno precedente, che aveva subito ancora gli effetti del COVID, ma per quest’anno la crescita europea e dell’Italia si prevede di molto inferiore. Di conseguenza si prospetta un aumento del deficit che molti sperano possa essere attenuato dalla crescita indotta dai fondi del PNRR, i quali, però, parzialmente contribuiscono anche all’aumento del debito.

In questo contesto, se poi ci soffermiamo sulla ripartizione del PIL per Regione e pro-capite si evidenzia quanto è già noto a tutti e cioè che esiste da sempre un divario enorme fra le regioni del Nord, maggiori produttrici del PIL, e quelle del Sud, produttivamente penalizzate sin dall’Unificazione del Paese nel XIX secolo.

Per cui se le Regioni del Nord del Paese, che oggi contribuiscono più delle altre alla produzione del PIL, decidono di imboccare la strada dell’Autonomia Differenziata, trattenendo sul proprio territorio la gran parte del gettito fiscale, in omaggio alla famigerata teoria del “residuo fiscale”, che fine farà il Debito Pubblico dello Stato Italiano ? 

Con quali fondi potranno essere garantiti i servizi che resterebbero in capo allo Stato ?

 Quale credibilità di solvibilità avrebbe sul mercato finanziario internazionale uno Stato così depotenziato ? 

Infine, un Premier, che secondo gli accordi della maggioranza dovrebbe in futuro avere maggiori poteri, essendo eletto dal popolo e potendo contare su di una maggioranza di Parlamentari del 55%, che Stato così depotenziato si troverebbe a gestire ?

NumeroRegionePIL Pro CapiteAbitantiPIL Totale Regionale
1Trentino Alto Adige42.3001.075.000          45.472.500.000
2Lombardia38.2009.950.742        380.118.344.400 
3Emilia Romagna35.3004.426.929        156.270.593.700 
4Valle d’Aosta35.200122.955            4.328.016.000 
5Veneto33.1004.838.253        160.146.174.300 
6Lazio32.9005.707.112        187.763.984.800 
7Friuli Venezia giulia31.0001.192.191          36.957.921.000 
8Toscana30.5003.651.152        111.360.136.000 
9Piemonte30.3004.240.736        128.494.300.800 
10Liguria29.6781.502.624          44.594.875.072 
11Marche26.6001.480.839          39.390.317.400 
12Abruzzo24.4001.269.860          30.984.584.000 
13Umbria24.300854.137          20.755.529.100 
14Sardegna21.3001.575.028          33.548.096.400
15Basilicata20.800536.659          11.162.507.200 
16Molise19.500289.840            5.651.880.000 
17Puglia19.0003.900.852          74.116.188.000 
18Campania18.2005.592.175        101.777.585.000 
19Sicilia17.4004.838.253          84.185.602.200 
20Calabria17.1001.841.300          31.486.230.000 

Andrea Catone

18/11/2023 https://www.marx21.it/

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